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venerdì 24 agosto 2012

QUESTO MONDO NON BASTA



Non riesco ad illudermi più. Questa barriera di vetro finissima e trasparente non si lascia oltrepassare.
A volte cerco di ingannarla. 
Conosco i modi e i linguaggi del mondo e mi adatto a questi come una scolaretta scrupolosa. 
Ho educato i miei figli oltre il muro trasparente ma questo  non mi permette una reale contaminazione.  
Mi sento circondata da  persone che sapete,  inadempienti, ignoranti, ignari della propria volgarità che proliferano spudoratamente senza avvedersi della  miseria che trasmettono attraverso le loro parole ed i loro gesti che avverto come  insopportabilmente osceni.   
Questa separatezza , malgrado sia sofferta e sgradita,  non può che essere inevitabile. Ora che riesco a definire  lucidamente  la mia diversità  quasi  fossi un algido ragioniere di condominio, ho perso finalmente la dimensione del mio corpo all'interno di questo ingranaggio estraneo ed ostile. Non ci sono più dentro e non ci provo nemmeno. 
Quella che poteva sembrare una simulazione, quando invece era solo disponibilità, non ha più ragione di esistere  rivelando alla fine  questo divario che pare  irrimediabile.
Incredibilmente questa presa d'atto non mi addolora. Sono rassegnata a non forzare il blocco ed a non farmi  vincolare dal sogno di una fusione impossibile. 
Caso mai venite voi da questa parte. 

mercoledì 15 agosto 2012

DIVERSAMENTE VIVA




E' questo.
 Un giorno, avevo otto anni,  ho cominciato a prendere coscienza della presenza costante di  una irrimediabile  assimetria  tra ogni mia percezione e quella  raccontata in modo disinvolto da tutti gli altri. Ma,  ancora meglio,  sembrava  quasi io fossi l'interprete bizzarra di un linguaggio di cui avevo imparato perfettamente  la sintassi senza apprenderne  il senso reale.
 Ero io in terra straniera? 
Da bimba ero convinta di avere sbagliato strada, d'avere perso l'indicazione , d'essermi distratta, attardata tra i cespugli e le rose dimenticando le indicazioni per giungere alla meta.
Ora no. 
La terra rimane straniera, ma non me ne faccio un cruccio. Non dipende da me  ma dalla natura atipica  del pensiero che mi costruisce e mi rinnova.
Non mi chiedo più   quale sia la vera identità del mondo. 
Spesso dimentico questo dislivello ed allora  soffro nel vedere tutto piccolo, distante inafferabile, inadeguato all'occasione , indegno del mio palpito , della mia emozione.
 Tutto mi  appare discordante  e lo sguardo non lo percepisce affatto.  Lo rifugge , lo dimentica , non lo riconosce. Per questo lo odia, lo minaccia, lo tradisce. Lo abbandona. Lo  crede colpevole.  Ma non è il mondo colpevole. 
Non  è colpa neppure  del  luogo, Non è colpa del tempo. Non è colpa della cosa piccola e sventurata nè del mio strano temperamento.
 Quando sono nei miei momenti migliori non faccio altro che prendere consapevolezza di  questa differenza dolorosa e, come vi fosse davanti a me  un cristallo trasparente ma infrangibile,  rimango ad osservare il mondo lontano e straniero con una specie di indulgente malinconia che alla fine mi permette se non di comprenderlo, almeno di  amarlo. 
E Stasera è uno di quei momenti fantastici

martedì 7 agosto 2012

IO ME NE ANDRO' IN JAMAICA L'OTTO DI AGOSTO


Non tutti amano viaggiare. Molti stanno fermi convinti di rappresentare un qualcosa in un luogo specifico.  Non tutti amano lasciare la casa familiare, la via  del proprio paese.
Perchè il viaggio è una rivoluzione. 
Ti sposti e la tua identità si rinnova. Tu non sei la moglie di Mario Rossi. Tu non sei più l'avvocato Bianchi . Tu sei un uomo sradicato. Perchè il proprio ruolo si costruisce nell'incontro con l'altro, nella consuetudine dello spazio che dividi con l'alterità e si compone ogni volta che l'altro è altro. 
 Io già mi immagino cosa sarebbero certe madame senza l'appoggio del luogo e del ruolo che le identifica . Perchè solo attraverso il viaggio noi sfidiamo la nostra capacità di perderci e riconquistarci ogni giorno. 
Ogni luogo mi appartiene . Ogni uomo mi appartiene.
In questo consiste il viaggio: in un movimento eroico attraverso il mistero che è il mondo fuori e dentro di me. Solo chi compie questo viaggio allora realizza il suo disegno. 


Io me ne andro' in giamaica l'otto di agosto e vado con un volo charter perche' in nave non c'era piu' posto tanto che fa se arrivo a kingston un po' piu' presto cosa faro' oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh io non lo so oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh oh so solo che l'importante per ora e' scappare via via il piu' lontano possibile.......






domenica 5 agosto 2012

LA VITA E' UNA DOCCIA A GETTONI


Le ferie sono, per me, il periodo di massimo fervore cerebrale. 
Ossia il  mio cervello opera  a pieno regime in modo autonomo ed affatto ozioso. Questo lavorio sottile ma inarrestabile e, devo dire, intenso mi sta liberando a poco a poco di una serie di pensieri/ spazzatura che si aggiravano a mulinello sulla mia testa.              
Il demone ha ripreso l'effettivo controllo del mio corpo e lo asseconda nei suoi vizi più infantili e primari. 
Niente di ciò che state ipotizzando voi, miei porcellosi lettori:  si tratta invece di vizi culinari del genere cioccolatoso e cremoso od ancora di genere ittico come per esempio : spaghetti alle vongole e frutti di mare, bagnetto di sgombri e tonnetti al sugo piccante ed ancora calamari  affogati nel loro intingolo succulento.  
Nel campeggio, dove abbiamo fatto sosta ultimamente,  la quantità d'acqua a disposizione del cliente è regolata da dei chips  che si ritirano al momento dell'arrivo  e si usano durante tutto il soggiorno nel campeggio medesimo. Ora , questa cosa dei chips, che potrebbe essere una cosa carina, alla fine risulta avere i suoi inconvenienti. Innanzitutto i chips  si possono perdere facilmente, essendo piccoli e leggerissimi e poi hanno una cauzione abbastanza elevata che ti costringe a pensare a loro più del dovuto. ma la cosa più illuminate è stata questa che andrò qui di seguito a narrarvi. 
Al tramonto di questa giornata,  mi sono recata al reparto docce  col mio bell'accappatoio ed il mio inseparabile chip. Ho inserito il chip nell'apposito fessura  che avrebbe caricato la giusta quantità di acqua ed eccomi pronta a prendere la mia doccia purificatrice. 
Mi insapono velocissima perchè ho sempre paura di finire l'acqua prima  di potermi liberare del sapone , poi mi sciacquo perfettamente ed infine sto lì  beata in piedi a prendermi  sul corpo e sul viso la refrigerante acqua che scorreva dolce e leggera nella pelle infuocata dal sole.  
Mentre sono lì convinta d'aver compiuto perfettamente il mio compito di pulizia ecco che guardando in basso  mi accorgo di aver dimenticato di togliere la sabbia dai piedi.                
 In fretta cerco di insaponarmi  le estremità quando ecco che  all'improvviso l'acqua si interrompe in modo secco e inequivocabile.
 Rimango inerte e mortificata ad osservarmi i piedi insaponati e insabbiati dopo che avevo  oziato per tanto  tempo dentro la cabina della doccia. E questo, che lo crediate o no, mi ha dato da pensare.
 Che la vita è proprio come una doccia a gettoni : in certi momenti ti pare d'averne talmente  a sufficienza tanto da farti  rimanere sfaccendato a guardarti intorno  fino a che all'improvviso ti devi mettere a correre per rimediare con  il tempo che ti rimane.
Tempo decisamente insufficiente.

giovedì 19 luglio 2012

TI IMMAGINI L'EPILOGO?

Questi decenni saranno ricordati per  l'abuso di svariate parole.
 Per esempio  una parola che ci ricorderà questo oscuro  periodo sarà la  parola " Immagine". 
L'immagine  viene  per forza associata all'esibizione del corpo che sia il proprio o la materia fatta di  oggetto inanimato. Ma attraverso l'immagine noi costruiamo consensi e cerchiamo di  sedurre il mondo. 
Questa politica  dell'immagine, tanto cara a chi governa ,  alla lunga risulta perdente. 
Infatti  continuando ad  es - porci, cioè a porci all'esterno con tutti noi stessi alla fine questo " se' stesso"    verrà fuori e ve lo voglio dure sinceramente : ci sono dei  " me stesso" che non sono affatto piacevoli.   Ci sono dei " me stesso"  talmente  privi di autorevolezza, di profondità intellettuale e morale  che si sfaldano irrimediabilmente  con l'aria leggera della sera.  
 Il gioco d'essere carini, eleganti, profumati ed anche sorridenti lo abbiamo imparato tutti. 
Passando i giorni quel  sorriso conciliante  non ci può più rappresentare, l'espressione del volto viene interpretato, stracciato, ricostruito, trasceso dal corpo e ciò che si vuole mostrare  diventa perciò la condanna di mostrare davvero  ciò che siamo .
 E se ,  alla fine non siamo riusciti a lavorare oltre il proprio corpo , oltre gli ammiccamenti  dei gesti , oltre la retorica  delle strette di mano e delle pacche sulle spalle , del linguaggio seduttivo che racconta di soluzioni miracolistiche ,  e se alla fine non abbiamo imparato a lavorare, a conoscere ed a misurarci con gli altri ,  allora sarà la stessa nostra immagine che rivelerà l'inganno, che mostrerà il danno e la bugia   imperdonabile. Sarà ancora peggiore  l'epilogo. 
Occhio. 

mercoledì 27 giugno 2012

VALENZA , CHE STRAZIO !






Uno Strazio  questa città  di Valenza.  Sono lontano ora ma non crediate, la mia città mi sta a cuore e le telefono sempre come fosse la mia bambina riottosa. Leggo i giornali che parlano di lei. Devo confessare che per due giorni non l'ho seguita. Distratta dal mare, dal mio nuovo soggetto da fotografare, una nipote bellissima, non mi sono preoccupata più di lei. Ma ieri ho acceso internet ed ho cercato di lei. Sembrava di leggere un bollettino di guerra: i lavoratori  della cooperativa di pulizie della Casa di Riposo di Via Circonvallazione Ovest scioperano perché chi gestisce il servizio, la Fondazione Valenza Anziani, oltre a non rispettare il rapporto ospiti/assistenti, come confermato anche dall’ASL, ha violato le normative previste in materia di sciopero non comunicando i servizi minimi essenziali e comandando tutto il personale in servizio, impedendo di fatto il diritto di sciopero ai dipendenti. I Sindacati lamentano anche la mancanza di disponibilità alla concertazione .





I lavoratori dell'Azienda Municipalizzata hanno interrotto la raccolta della spazzatura nella città trasformando le sue vie in poco tempo  alla stregua della città di Napoli e dintorni.
I lavoratori della società partecipata al 100% dal Comune di Valenza,  appunto l'A.M.V,   lamentano di non aver ricevuto lo stipendio. E pure loro fanno rilevare la mancanza di dialogo  e di concertazione con la controparte.
I sindacati provinciali hanno anche lamentato che alcune amministrazioni comunali della zona (e Valenza è tra questi) non hanno ritenuto di incontrarli per discutere il continuo aumento della pressione fiscale che va a gravare sempre più sui cittadini (Tortona e Valenza sono infatti i Comuni dove il carico fiscale è maggiormente aumentato). 
Infine l'asilo nido Rota è stato posto in condizioni di chiudere a causa di una mancata politica  sui servizi educativi ed i servizi per l'infanzia. 

Vedere questa città così ferita ed avvilita mi stringe il cuore. Insomma, sono lontana, ma Valenza, vederti così, che strazio!

sabato 3 marzo 2012

GENOVA PER NOI

Genova per noi

che stiamo in fondo alla campagna

e abbiamo il sole in piazza rare volte

e il resto è pioggia che ci bagna.

Genova, dicevo, è un’idea come un’altra

domenica 12 febbraio 2012

VABBUO'


 IL MOBBING E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Fenomeni di mobbing si verificano anche nell’ambito del lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni. Infatti, anche il datore di lavoro pubblico è tenuto ad adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale del prestatore di lavoro (ex art. 2087 cod. civ.) ed è responsabile anche per il fatto illecito dei propri dipendenti.
In particolare, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs 165/2001, testo unico in materia di pubblico impiego, “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale di procedure concorsuali o selettive”
Peraltro, è noto che, in seguito all’intervenuta privatizzazione del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il lavoratore pubblico gode delle medesime prerogative ed ha le medesime tutele del lavoratore privato.
Così, ove vengano violate le disposizioni del testo unico in materia di pubblico impiego e/o del codice civile, lo Stato o l’ente pubblico datore di lavoro è responsabile dei danni causati al lavoratore al pari del datore di lavoro privato.
In questi casi, la responsabilità dello Stato e/o dell’ente pubblico concorre con quella personale e diretta del dipendente autore del comportamento illecito, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 28 Cost., secondo il quale “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità si estende allo Stato e agli enti pubblici”.

domenica 11 dicembre 2011

SE NON ORA QUANDO?SE NON LE DONNE CHI?

SE NON ORA QUANDO? SE NON LE DONNE CHI?
SE NON LE DONNE CHI? Con questo slogan si è aperta oggi la manifestazione di SE NON ORA QUANDO? Cosa chiediamo? Quello che si è sempre chiesto sin dalla metà del 1800, quando sono iniziate le prime dimostrazioni femministe, quello che si è continuato negli anni successivi e negli '60-70: che la donna sia riconosciuta in quanto essere umano, in quanto persona fisica, in quanto donna. Chiediamo che sia capovolto il modo di vivere e vedere la donna.
Sembra una stronzata, invece non lo è: affrontiamo questo problema ogni giorno. Basta accendere la televisione, guardare una fiction, un film , una pubblicità, un cartone. Guardate...che vedete? Vedete per caso donne non troppo alte con i capelli arrufati, il trucco sfatto, in tuta o in pigiama con un neonato in braccio, un bambino per mano e la borsa del computer carica di fogli e fotocopie da studiare? Vedete la casalinga cicciotta con i bigodini che lotta con il marito e il figlio x avere una mano ad apparecchiare la tavola? Vedete un'operaa? Una segretaria? Una studentessa o che altro? Oppure vedete bellissime ragazze con trucco sempre perfetto anche dopo aver affrontato un travaglio di 4 ore, altissime magrissime, bellissime, di una bellezza e magrezza innaturale? Appunto, vedete quest'ultimo esempio: non è solo una trovata pubblicitaria. La donna non viene immaginata se non in rari e lungimiranti casi nella sua essenza di madre, di donna in carriera, di studentessa: la donna è solo e semplicemente CORPO e quale corpo? Un corpo libero, libero di mangiare, coprirsi e ornarsi come vuole, libero di darsi a chi vuole e come vuole e quando vuole?
Da molto tempo frequento un centro anti-violenza gestito da un'associazione che fa di nome DIFFERENZA DONNA (donne che lavorano per le donne) nata alla fine degli anni 80 sulla scia dei movimenti femministi che diedero luce all'aborto e al divorzio, tra qualche mese diventerò operatrice anche io. Per fare ciò sto studiando molto, moltissimo, nei libri che leggo ci sono testimonianze di tantissime donne, di tutte le tipologie, parlano di prostituzione, di violenza, di botte, di stupri, parlano di storie terribili, di sofferenza. Nella loro diversità tutte hanno qualcosa in comune: L'ESSERE STATA OGGETTO, ogni donna, e sottolineo tutte le donne. Nessuna era libera di dire, di esprimere, di piangere, ridere, nessuna era libera di volere. Nessuna di noi in realtà lo è. Dalle storie che ho letto è uscita questa grande e terribile verità: ogni donna può essere a rischio di QUALSIASI tipo di violenza da parte dell'uomo, per il solo fatto di essere una donna. La donna non viene considerata pari all'uomo, non vene considerata soggetto, la donna NON è una persona. Esistono regole, schemi, taciti, impliciti a cui noi dobbiamo sottometterci: il classico binario o moglie o puttana. La donna non è se non nel suo "habitat naturale", cioè, la casa la famiglia; non appena una donna esce da questo schema diventa o puttana o lesbica; nel caso in cui davvero sia omosessuale è costretta a patire le peggiori sofferenze: la donna lesbica è perversa per antonomasia, è un'erbaccia da estirpare, ma solo una volta che ha agito la sua omosessualità per dare piacere all'uomo che si bea e si eccita a vederla fare l'amore con un'altra donna, dopo di chè...BASTA! Torna ad essere una donna "normale"...lo sapevate che in Sud Africa esste una pratica che si chiama CORREPTIVE RAPE (stupro correttivo), è molto semplice, l'uomo, il maschio virile e forte violenta ripetutamente la donna che si dichiara omosessuale e al termine dell'atto la porta a casa sua x donarle degli "abiti più consoni alla tua nuova condizione", in gergo si chiama violenza buona: la donna deve subire violenza per il solo fatto di essere lesbica, durante lo stupro assaporerà le gioie dell'eterosessualità rientrerà nel binario della donna normale: moglie madre, appunto. Le donne sono così costrette ad appellarsi alle leggi dei bianche che hanno oppresso il loro popolo, per essere tutelate ed ottenere giustizia. Questo non avviene solo nell'incivilissima Africa.
Nel civilissimo occidente siamo costretti a subire immagini di donnine rappresentate sotto un certo stereotipo: la figa stravolgente, in genere una nulla facente che sopravvive unicamente grazie alla sua bellezza (guai a pensare che fosse anche intelligente), la mamma e la moglie di età circa 20 anni (sempre!!!!), bellissima, simpaticissima, bionda e perfetta, rilegata in casa a fare il bucato al marito che il gira il mondo sulla jeep.
Con questo non voglio dire assolutamente DONNE ATTENTE GLI UOMINI TUTTI VOGLIONO ANNIENTARCI, assolutamente, ci sono uomini intelligenti che comprendono l'importanza di una vera parità dei sessi: alla manifestazione oggi c'erano un sacco di uomini.
Cosa chiediamo quindi? Che questo strazio finisca, che finalmente la donna "normale" sia la donna vera, quella che vedete allo specchio quando vi truccate, quella che fa la mamma, ha cresciuto due figli lavorando e tutt'ora lavora, la nonna che l'ha aiutata a crescerli. Vogliamo essere uguali agli uomini, non diventando maschiacci, ma restando donne, in rispetto alla NOSTRA FEMMINILITà. Vogliamo che nel nuovo governo il 50% sia composto da donne. Vogliamo che gli uomini vadano in congedo di patenità per aiutare la mamma con il bambino. Vogliamo che la donna debba più scegliere tra "sposa o troia". Voglia che sia rispettata la parità di sessi!

giovedì 8 dicembre 2011

LO SPOT DEL MAGGIOLINO




Di  persone che si attribuiscono la qualifica di "creativi " ce ne sono in abbondanza, ma coloro che lo sono davvero si contano sulle dita di una mano. 
Bene, nel caso di questo spot non mi resta che chinare il capo davanti a tanta creatività e fantasia.   Non sta a me descrivervi lo spot.  E' geniale. Ancora prima che si intuisca dove voglia andare a parare si è affascinati dall'energia e la vitalità animale che sprigiona l'ambiente selvaggio e incontaminato. Certamente, direte voi, mal si associa ai fumi nocivi che lo scarico di un'automobile sprigiona. Ma questo è un altro discorso: qui parliamo di  inventiva, di fantasia e capacità descrittiva, insomma parliamo di attirare l'attenzione del pubblico in modo elegante e poetico e su questo l'ideatore ci azzecca in pieno .
E poi, personalmente , ho con l'auto un rapporto  quasi freudiano.  Appena mi introduco all'interno dell'abitacolo divento tutt'uno con il mezzo di locomozione. Sono io quella che scivola nell'asfalto aderendo alla strada con la forza delle mie gambe pneumatiche. 
Sono io che piego il corpo nella curva a gomito e mi dilato nel rettilineo lungo e veloce. 
Chi sale nella mia auto non può che essere una persona che mi piace. Non offro passaggi a chi non sento attraente : la perfetta sincronia che ho con i miei sedili e la carrozzeria non mi potrebbe permettere scelte diverse. E lo stesso vale per coloro dai quali accetto passaggi. Salgo solo su auto di persone a me  piacevoli. Sì, lo so, lo so,  certe volte mi avete visto in auto  che non aderivano in tutto a questa categoria, ma erano diciamo, incontri di lavoro. Per il resto, no, non divido i miei sedili se non con persone che potrei  portarmi a letto. Al volante della mia auto sono un animale potente e sensuale, insieme. 
L'attenzione è regolata istintivamente al massimo: non sono mai così concentrata come quando sono al volante. E tutti gli strumenti che mi permettono di navigare  sull'asfalto, diventano prolungamenti  viscerali del mio corpo, della mia energia vitale, del mio appetito profondo e  confuso. 
Dite che è un po' troppo per un semplice ingranaggio di metallo?  Eppure sopra la mia auto divento una predatrice. E' nell'uomo insita l'aspirazione a superarsi  nelle proprie capacità di deambulazione e di potenza: questo è il modo più semplice per farlo. 
Quando lavoro e parlo il mio cervello fa da padrone: riesco ad analizzare con grande minuzia ogni elemento al mio cospetto, sono una calcolatrice superba,  ma quando guido, allora  il volante è nelle mani del mio demone.
Sentite un po': qualche tempo fa vedo camminare rasente il marciapiede una persona che mi piace molto. 
Io ,  giaguaro meccanico, lo punto col mio motore silenzioso e prestante : i miei pneumatici sibilano agili . abbasso i miei finestrini elettrici: " Vuole salire?"   A questa persona  mi rivolgo con il " lei" : questo rende la cosa  ancora più intrigante per la mia anima rombante. Se lui ha avuto qualche esitazione non l'ha dato a vedere.  Sale nell'auto ed io ho finalmente  la mia preda  nella ragnatela. Posso andare dove voglio con il mio bottino e , mentre, svolto velocemente nella strada, il mio demone  si sollazza nelle fantasie più acerrime. La mia preda parla appena: lo trovo adorabile solo perchè indifeso e prigioniero tra le mie spire d'acciaio. Ma la mia esaltazione ha solo lo scopo di sprigionarsi non di nutrirsi realmente. 
Lo accompagno a casa. ma chissà , la prossima volta,  lI mio demone  cosa deciderà.

martedì 6 dicembre 2011

COSA FAI DI ALTRO?


 Lo incontra nella Piazza principale del paese. Lo riconosce subito: il passo dinoccolato, l'espressione docile ed il sorriso vago. Qualche tempo fa era stato il suo uomo. Quando lui le va incontro, lei si prepara ad una conversazione di circostanza. Ma guardandolo attentamente, tutto le torna alla mente in modo distinto e minuzioso.
Lui  Si avvicina : è in abito scuro, camicia bianca e sciarpa in tinta.  Dai bottoni slacciati  della camicia riconosce il torace liscio ed abbronzato. Il suo corpo le è familiare.  Ha già in bocca l'odore della sua pelle. Per mesi, ricorda, d'avere attraversato ogni suo  più piccolo muscolo con le labbra e la lingua:  conosce ogni angolo del suo corpo che, come lumaca innamorata, aveva  visitato lasciando  la sua scia  umida ed ardente. Lui , mentre chiacchiera, gesticola  casualmente. Lei segue con lo sguardo  le sue mani piccole e sottili . Le sue mani morbide, leggere. Rosate.  Le rivede, invece, impetuose,  scivolare sui suoi  fianchi , affondare le dita nella carne accesa, nel silenzio buio di un'auto posteggiata. 
Ascolta i ricordi come unico suono della piazza.
Erano nella campagna deserta di un'estate lussureggiante. Nell'oscurità confusa dei corpi lui l'aveva ribaltata come  piccolo insetto costretto con le zampe all'aria. 
Sprofondando sopra di lei,  l'aveva guardata a lungo mentre all'improvviso miriadi di rivoli sembravano  congiungersi su di lei  come una cascata impetuosa e travolgente.
Lei chiude gli occhi rapita dall'immagine e dal sogno. ma spegne l'incanto, subito,   pensando: " Una delle più belle scopate della mia vita"
Riporta l'attenzione verso di lui che, intanto,  fruga nel suo portabagagli e gli consegna un depliant del suo nuovo lavoro. Lei dice: " Ok, interessante" Lui scrive su un biglietto il suo cellulare . Lei legge gli ultimi numeri: " 73" piega il foglietto " OK" dice  nuovamente.
Dov'è finito quell'uomo di quel tempo?
Chiede allora: " Cosa fai ora?
" Quello che ti ho detto , il rappresentante di...( omissis ) ..." 
"Ma no, intendo di altro
Dice " le solite cose, sai,  fidanzate,amanti
Lei ride.
 Perchè non è più la stessa donna? Perchè  lui non è più lo stesso uomo? 
Di ciò che sono stati  rimane solo  un segno IMMARGINABILE nella pelle violata dalla potenza di una passione ormai inopportuna.

lunedì 31 ottobre 2011

LA FOLLIA DEL CORPO




Parli di corpo. Ma quale corpo?  Tanto tempo fa non avevi questo corpo, tu,  ma quello candido, rannicchiato,  quello caldo e disarmato. Non lo ricordi? Quel corpo racchiuso in un vagito di forza e vita?   Quel corpo  non c'è più ora. E quello di ieri?  Il corpo di ieri era altro ancora . Ma non il tuo. 
Perchè tu non hai corpo.
L'ho sempre saputo. Ora ci stai. Nel corpo, intendo.  Quieto. Confuso. Assonnato. Ascolti il freddo e ci cammini dentro stringendoti al giubbotto. 
Senza alcuna mia responsabilità hai attraversato percorsi che mi hanno condotto  in  vicoli ciechi . Pieni di ostacoli.. Seguivi il desiderio ben sapendo che  per poterlo raggiungere  era necessario che ti sfuggisse ad ogni passo , ma tu no, tu no, sempre dietro. Volevi indovinare l'arcano.  Volevi scovare il segreto della follia del corpo. Della voglia che prende e ti lascia  senza seguire ragione, no, non la ragione comune, non la ragione comprensibile alla mente, Oh mio demone,  ti trascinava un' altra ragione di cui non  conosco  nè l'origine  nè il movente!
L'altra sera me ne stavo nella sala d'attesa del mio dentista. Sapevo che  eri con me  dal battito inquieto del cuore, dal  mio  sguardo trasognato che  viaggiava nella stanza. C'eri. Ma eri assorto e distratto.
Perchè, poi,  ti sei interessato a quell'uomo entrato quasi inavvertitamente nella stanza e senza far alcun rumore? 
Tu l'hai visto. Hai  diretto lo sguardo, l'hai indirizzato senza incertezza. Hai preso il suo di sguardo.  L'hai intercettato con determinazione  guerriera. Era bello.  Per quanto tempo l'hai trattenuto?  M'è sembrata un' eternità. Hai guardato intensamente, intento ad intercettare il minimo respiro, il più piccolo gesto. Alla fine  hai risposto, non so  a quale domanda e la  voce  suonava  armoniosa  come non l'avevo mai sentita. Era la mia voce , ma eri tu che la  generavi.  
 Cosa hai trovato negli occhi e nel corpo od ancora meglio nel demone  dell'altro? 
Non lo voglio sapere. T'ho lasciato fare, ma poco. Quando pensavi d'avere, come al solito, vinto la tua battaglia allora ho tirato le redini con tutta la forza  della mia volontà stremata  ma decisa a non  farsi  prevalere e t'ho fermato..
 Ho preso il mio corpo e sono uscita. E tu con me, hai abbandonato , senza poterne nulla, l'oscura ed enigmatica ispirazione  che m'aveva rapito. 



venerdì 14 ottobre 2011

COME BERE UN BICCHIERE D'ACQUA.


Anche se il demone non ha corpo, esprime lo stesso un eroticità tangibile che si muove attraverso la sostanza   che lo  ospita come inquietante  pellegrino. 
O meglio ancora: non è  tanto la forza profonda che  si accuccia nel corpo quanto il corpo che si impianta  in questo cosmo di piccole luci pulsanti   e lo  trattiene dentro un involucro conformandolo  come fa il biccchiere con l'acqua  contenuta  nel vetro.
Il demone è così forte che  riesce a rappresentarsi  nel mondo e a farsi vedere ,  malgrado sia invisibile. 
Si fa vedere attraverso la potenza della sua passione, del suo struggimento, della sua inquietudine, ma soprattutto della sua immaginazione. 
Ecco.  In questo senso il desiderio  passionale prima e carnale poi , ha bisogno di una coreografia , ha bisogno di una storia  immaginata, di un miraggio fantastico per venire alla luce.
Infatti  non mi capita mai di provare il desiderio al di là di un contesto culturale. E per culturale intendo ciò che lega l'individuo al tessuto sociale. datemi un  tema, quindi. una trama.
Quale  soggetto affetto dalla sindrome di cenerentola la mia sceneggiatura  ha dei ruoli attinenti  all'argomento.  
Un maschio di potere ha per il mio demone un incanto incontrastabile.
Oh, non  si tratta di soldi o di forza, ma invece di   ruolo  e di collocazione.  Sembra una cosa deplorevole,  sembra una cosa  turpe. Ma non facciamoci ingannare dalle apparenze . il mio demone non si fa corrompere : agisce d'istinto e vive di intuizioni. 
Il mio demone  si ciba dell'istante attraverso il suo impeto viscerale. Lo afferra con i denti aguzzi di lupo selvaggio. Qual è stato il richiamo primordiale? Quale la spinta? S'avventa diabolico sullo spazio che l'ha determinato, sul bicchiere che lo ha composto. Si scioglie , si smembra , si confonde con la terra , nella città e nelle strade. Non è più me , ma nel paesaggio intorno,  e' fuori di me , ma ancora dentro. l'ho perso di vista. 
Non crediate che ciò che nasce in un contesto sociale si sviluppi come elemento imprescindibile dal sistema.
Il demone non si vende, ma si consuma.  Dilapida la sua energia nell'ossessione ma  al termine del pasto s'allontana . E' dentro e fuori. E scompare  senza avvertire.



mercoledì 12 ottobre 2011

IN FONDO SEMPRE PIU' SU SEMPRE PIU' SU



E'  ormai pacifico per me. Ho una forza interiore che è  paradigma dell'essere  visibile che sono. Potrebbe essere definita "guida", ma sarebbe un termine fuorviante. Perchè non mi da indicazioni chiare su come procedere, invece è una spinta che diventa energia che muove la mia immagine nel mondo.

In questi giorni ho avuto delle rappresaglie da parte di chi, non sapendo raccapezzarsi  sul lavoro che dovrebbe svolgere,  ha   intrapreso una serie di operazioni sterili ma determinate contro la mia persona. Devo dire che questa cosa mi ha fatto perdere le staffe. Ecco. Il termine che sembra retorico ha invece un contenuto profondo ed inquietante. 
Come ho scritto, ho ormai realizzato d'avere una energia misteriosa ma vitale  dentro di me che governa la mia coscienza  diventando  ciò che mi significa nel mondo e che mi rappresenta nei gesti e nell'indole. Ho creato, alla fine, una relazione di rispetto e  di pacifica convivenza tra la forza che mi macina dentro e la mente superba e funzionale che sono. Ma  quel giorno in cui, come ho voluto sottolineare , " ho perso le staffe" ,il  contatto s'è improvvisamente interrotto e mi sono sfilacciata, dispersa come acqua di sorgente in mille rivoli, frantumata in pezzettini finissimi tanto da divenire sabbia  inerte e muta. Muta di fatto non lo sono stata troppo  perchè parlavo vivacemente , ma non ascoltavo il profondo me strappato alla contemplazione della mia anima immacolata. 
Sono stata staccata, divisa , frammentata ed allontanata da me ,  quindi per questo  incontrollabile e perduta .  Vedendomi così mi sono allarmata. Mi sono fermata. Ho cercato la voce smarrita. Non la sentivo , schiacciata com'era  da azioni che non mi appartenevano ma che facevano da padroni nel mio presente .
Non trovavo la forza occulta  che era l'etica della mia vita e che mi aveva permesso di progredire. 
Per tutto il giorno  di ieri è stato così.  Ma oggi pomeriggio camminando in silenzio col mio caro amico, mentre lui chiacchierava della mostra del fumetto che a breve avrebbe visitato, allora il suono delle sue parole divenne all'improvviso  l'eco della mia voce interiore che sorgeva gorgogliando dal fondo  per salire su sempre più su fino a deflagrare nel mio petto per ricongiungersi alla fine con l'altra parte di se' e  permettermi , così, di ritornare in vita  tutta intera.

venerdì 7 ottobre 2011

LA DOLCE VITA DEI RESPONSABILI





Immaginate un po'. So che lo potete fare , che siete fantasiosi, voi, miei adorabili lettori!  E poi non è difficile: la situazione per noi italiani è molto critica non sarà poi così complicato   pensarci  presenti al dì del grande attacco di Pearl Harbour. 

Cominciamo a individuare le condizioni storiche.

Il soldato semplice  Zaccaria è di stanza alla base navale statunitense. Ecco che  riesce a scorgere  in lontananza un'aereo e poi  di lì a poco  spunta dal cielo  minacciosa la divisone aerea giapponese.  Non crede ai suoi occhi. Guarda ancora. Capisce cosa sta per succedere. E' un attacco. 
Allora invia un dispaccio urgente al suo generale che si trova  a diverse miglia dalla base. Vuole indicazioni, direttive, esortazioni. Scrive velocemente.Il testo è asciutto, veemente, ma chiaro e crudo. dettagliato.  Parla di un probabile attacco delle forze giapponesi: un attacco a sorpresa, repentino,  probabilmente catastrofico. descrive la presenza di corazzate potenti, di incrociatori pesanti che stanno sopraggiungendo a grande velocità. Alla fine invia il comunicato ed attende ordini.
La scena cambia .  Ora immaginate tutto un altro clima.
Siamo nella tranquilla residenza del Generale. Zaibrisk . La villetta è circondata da un parco lussureggiante. gli uccellini cinquettano soavemente. La stanza arredata in ciliegio lucido è adornata di dipinti e tappeti pregiati. Dov'è il Generale?
Eccolo qui. Seduto alla grande scrivania sgombra da  quelle inutili scartoffie che troviamo  sempre nelle scrivanie dei sottoposti. E' tanto pulita  da scorgere le lieve venature del legno con il suo colore marrone  chiaro e scuro di  tronco millenario . Il generale legge. E inaspettatamente sorride a denti stretti. Con una calma placida e indolente prende penna e calamaio e scrive:
" Caro Soldato semplice Zaccaria non riconosco lo stile della tua scrittura. Eh Eh .. non è il tuo solito cordiale e gioviale tono . Da chi ti fai scrivere le lettere? Chi le ha pensate? Non ti sei mai rivolto a me, che sono l'illustrissimo e eccellente Generale con un tono che , mi consenti, esprime una vivacità che non ti riconosco e con questo ho TERMINATO. NON AMO PERDERMI IN CIANCE. "
Come è andata a finire LA QUESTIONE  lo sapete già.

sabato 24 settembre 2011

E' QUI LA FESTA?




Insomma, C'è STATA  un'altra serata andata deserta  fatta eccezione per gli amici e parenti della protagonista, che aveva , per l'occasione, imbandito la tavola di dolcetti e vino, così, alla buona,  per un rinfresco tra amici.
Erano presenti , dunque, una decina di persone più quelli stipendiati che bene o male ci dovevano stare  e le luci,  i microfoni , l'impianto,  la stampa dei manifesti, la pulizia finale e quant'altro per allietare una festa che aveva tutta l'aria di essere privata con  la  presenza della madre, la sorella il marito della sorella , il cugino primo e consorte,l 'amico  della zia della cognata.
Tanto per la cronaca , ad una festa di compleanno, a casa mia, c'era venuta più gente ma tant'è...non c'è nulla da dire....  lui si ostina a farle lì le sue  festicciole, lì proprio nel loco che considera casa sua ed invece non lo è affatto casa sua . E' altro  : è invece casa  di  quel che si  definisce sovrano: il cittadino.
Sento che qualcuno prima o poi sarà costretto a dirglielo, o cominceremo davvero  a realizzare  tutte  le nostre liason in questo luogo:
Quando, finalmente  giungerà quel giorno tanto atteso,   spero che lui dismetterà i panni del signorotto di campagna, quello  che riceve gli ospiti  nel Palazzo storico della città e fa il padrone di casa anche inadeguato, anche disorientato anche arrogante e misogino, insomma quel che è sempre stato ; però ora con la crisi  tutto pesa molto di più.
Quando ,dunque, cercherai di pensarla in maniera meno personalistica per quanto riguarda gli interessi della comunità, bella stella d'oro? O meglio ancora: quando comincerai a pensare?
Non è più la stagione di riservare il salottino per pochi intimi,  come t'avevano abituato  i tuoi protettori, dove tu puoi sciorinare la paginetta di scolaro mediocre alle sedie vuote davanti a te,   ma invece è urgente  ragionare in termini di interesse della collettività,  e coinvolgere tutte le forze sociali e culturali presenti nel paese  e cominciare a porsi il problema   di cosa la comunità chiede, cosa vuole sapere , cosa più le preme in questo momento storico   ed  è un'altra cosa da quella che presenti n modo così estemporaneo  tenendo fuori tutti e tutto dal tuo orticello senza  insalata da raccogliere nè semi da innaffiare.
Dov'erano le associazioni culturali e sociali coinvolte? Dov'erano i rappresentanti cittadini ? In altro luogo dove la cosa pubblica si respira e si  gestisce.Non da te dove ancora  marchi a fuoco i cavalli con la falce ed il martello tanto per stabilirne la proprietà privatissima.

( Sì, LO SO, I MIEI POST  STANNO DIVENTANDO SEMPRE PIU' SCADENTI, MA COME SI FA? A  METTER LE MANI NEL FANGO CI SI SPORCA PER FORZA LE MANI) 

venerdì 23 settembre 2011

IL DI - RETTO - RE ( AL DIRETUR )





COL GIACCONE LARGO E STINTO / FA L’INTELLETTUALE FINTO /  

 PERCHE’ NOI CHE LO SAPPIAMO /     GIA’ DA UN PO’ NON CI ILLUDIAMO /

QUACHEDUNO ANCOR CI CREDE / E’ IL MISTERO DELLA FEDE   /

CERTO  LUI  DI QUALITA’ /A CERCARLE,  NON NE HA

SI DECLAMA DIRETTORE /  E'   UNA LAUREA AD HONOREM? /

 PIEGA IL CAPO COI POTENTI / GIRA  DOVE VANNO I VENTI /  

  PERCHE’ ALTRO NON SA FARE / NON SA SCRIVERE O STUDIARE /   

DI PROGETTI NON NE FA /    DI LAMENTI IN QUANTITA’ /

SCRIVE LETTERE INQUIETANTI /   PARLA MALE DEGLI ASTANTI /  

SOFFRE DI INFERIORITA’ /      DI ARROGANZA MORIRA’ /  

ORGANIZZA POCHE COSE / E SON TUTTE ASSAI NOIOSE

CHIUSO DENTRO LA SUA  TANA / PASSA   LI'  LA  SETTIMANA

ESCE POI DALLO STANZONE/ SOL PER CHIUDERE IL PORTONE

DA UN PO' NOIA IL SUO AMBULARE /  E SOVENTE IL SUO BELARE

 MA FINCHE’ SI TROVA QUA / ALTRA SCELTA NON CI DA/

CANZONARLO A TUTTE L’ORE   /   VIVA VIVA IL DIRETTORE!!!


lunedì 5 settembre 2011

MANOVRA FINANZIARIA 2011 E SINDACATI A SEGUITO



La commissione bilancio del Senato, che ieri ha approvato la legge di bilancio, sposta il tiro sul diritto del lavoro e vota a maggioranza un comma che, se approvato, semplificherebbe il ricorso ai licenziamenti anche nelle aziende con più di quindici dipendenti.
Si tratta di una modifica sostanziale all’articolo 8 della finanziaria. In sostanza, si prevede che la contrattazione aziendale possa derogare agli accordi e a leggi dello Stato (come lo statuto dei lavoratori). I contratti sottoscritti a livello aziendale o territoriali potranno «operare anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano» il lavoro. La novità non si applica ad alcune categorie, come le donne incinte, in procinto di sposarsi o in congedo per la malattia di un figlio.
Il sindacato si appresta allo sciopero martedì 6 settembre.
Ma lo smantellamento dei diritti dei lavoratori e persino della pubblica amministrazione è iniziato già da un ventennio.
Ho ritirato la mia tessera sindacale un bel po' di anni fa, quando i sindacati hanno cominciato ad accettare qualsiasi condizione e firmavano qualsiasi contratto, dalla nascita di  figure strapagate  all'interno della pubblica amministrazione  alle  piccole mancanze di tutela per una minoranza di lavoratori che non prevedevano il coinvolgimento della massa.
Da allora molti dei  rappresentanti sindacali si sono dati alla politica  presentandosi candidati alle Regioni , ai Comuni alla Provincia. E questo è emblematico per un ruolo che dovrebbe essere in qualche modo di controllo e di vigilanza  degli amministratori e quindi di netta contrapposizione culturale.  Sembrerebbe, dato l'enorme emigrazione dagli scranni dei rappresentanti sindacali a quello degli amministratori pubblici , che ci sia invece una segreta e inquietante  commistione.
Ma, direte, questo può sembrare il solito lamento populista che non porta a nulla.
Non lo vuole essere. Non serve al lavoratore assentarsi dal lavoro quelle otto ore per rintanarsi il restante del tempo in una rassegnazione muta e accondiscendente .  Un'opera di tutela e di confronto non può avere  delle assenze e addirittura delle complicità così equivoche come quelle  che il  sindacato ci ha abituato a vedere  in tutti questi anni.
Quindi non sciopero. Non sciopero perchè non posso privare i miei figli di una somma di denaro  indispensabile , ora.  Non sciopero perchè si devono trovare altre forme di confronto, di protesta, di coinvolgimento.  Di partecipazione. Non sciopero perchè i sindacati non mi hanno convinto in questi anni. Che i loro rappresentanti  diano prova di autenticità, di sincerità , di convinzione non traslocando sempre  dopo qualche anno di militanza ( direi  morbida e lasciva)  dalla parte  a cui si  contrappone.
Mi sento usata, trascinata, messa da parte ma cotta  a puntino. Non mi piace questa manovra , ma anche meno l'attività maldestre e equivoca dei sindacati , che lasciano correre che si distraggono, che approvano e nascondono la mano. Si fanno i fatti loro per tanti mesi all'anno  e ritirano due volte l'importo nel mese di dicembre.
Ed anche se tutto questo è avvilente, degradante  non posso associarmi a questa protesta tardiva, confusa e indetta da chi, facendo troppi errori , ha contribuito  al verificarsi di questa condizione.





giovedì 1 settembre 2011

DA LEGGERE

Piero Bevilacqua


«Ma la sinistra non c'è» titolava mestamente un suo editoriale Valentino Parlato, a proposito della risposta del Pd alla prima manovra del governo. E' inevitabile, tutte le proposte moderate mostrano la corda, quando
le contraddizioni della realtà si fanno estreme.  l'espressione di Parlato oggi dovrebbe assumere un significato più largo e in parte diverso. Ci sono altre assenze non volute e non meno importanti. Non c'è la sinistra cosiddetta radicale in Parlamento, che pure esiste nel Paese e nelle   amministrazioni locali, e tuttavia non può fare sentire la sua voce in sedelegislativa.
Ma soprattutto non è rappresentata e non ha voce unitaria la sinistra dei movimenti, dei comitati per i referendum, delle migliaia di organizzazioni territoriali, dei blog, dei comitati studenteschi, delle donne, e insomma di tutto quel vasto arcipelago che non solo è stato protagonista delle lotte negli ultimi anni, ma è emerso come volontà politica unitaria alle recenti elezioni amministrative e ai referendum.

La contraddizione qui è ancora più marcata, perché questo soggetto plurimo e frammentato ha immesso nello stanco dibattito pubblico i temi di una nuova cultura politica, coinvolgendo in una critica radicale non solo il berlusconismo, ma la strategia trentennale del capitalismo mondiale che va sotto il nome di neoliberismo.

Ora il problema è quale risposta organizzare di fronte a quella vera e propria "vendetta di classe" come è la manovra governativa nella sua pur non definitiva architettura. Come rendere di nuovo protagonisti le donne e gli uomini che hanno mostrato una capacità di far politica anche fuori dei partiti e che oggi non sono

nei luoghi in cui si prendono decisioni rilevanti. E non c'è dubbio che una prima trincea su cui mobilitarsi riguarda la difesa dei risultati referendari, su cui più volte ha richiamato l'attenzione Ugo Mattei. Ma proprio tale urgenza mi spinge a riflettere su almeno due rischi che incombono sui nostri tentativi.

Il primo di questi è senza dubbio di farsi logorare in una lotta di semplice difesa dei risultativi legislativi raggiunti. Il secondo è il pericolo di disperdersi in una infinità di rivendicazioni diverse, non unificate da un
obiettivo di ampia portata e mobilitante. La politica dei movimenti si fa sempre con l'energia di un qualche potente motore autonomo.
Ora a me pare evidente che oggi il problema dei problemi, in Italia come in gran parte del mondo, sia il lavoro: la sua mancanza, la sua precarietà, i sui diritti  violati. Nel 2010 nel nostro Paese si contavano 2,2 milioni di disoccupati e almeno 7-8 milioni di precari. Non c'è, si può dire, famiglia con prole adulta, di qualunque ceto, dalle Alpi alla Sicilia, in cui non si ponga il problema lavoro,soprattutto per i giovani. Su tale terreno la sinistra tradizionale e la Cgil si mobiliteranno.

Ci sarà probabilmente uno sciopero generale, si svolgeranno grandi manifestazioni negli spazi simbolici consueti. Sforzi organizzativi e politici importanti, certamente. Io credo, tuttavia, che oggi occorra inoltrarsi in una nuova frontiera di mobilitazione, capace di trascinare i cittadini più durevolmente nell'agorà della discussione partecipata. Non possiamo riempire per un giorno le piazze d'Italia e poi tutti a casa. Non basta più, sia come forma di lotta, che come modalità di elaborazione dei contenuti. Né è più sufficiente limitarsi a denunciare la precarietà di vita che angoscia i nostri ragazzi. Benché tale denuncia acquisti oggi, dopo i fallimenti che « il lavoro flessibile» in Italia ha dovuto registrare anche in termini di sviluppo, una forza dirompente.

Essa mostra senza più schermi la vergogna di una classe dirigente che ha puntato sull'immiserimento della nostra gioventù per tenere in moto il processo di accumulazione capitalistica. Il profitto di oggi a tutti i costi, anche a costo di compromettere il futuro dei propri figli. E tuttavia è necessario mostrare idee alternative. Occorre dunque fare tesoro della esperienza stessa dei tanti comitati  di lotta, che discutono e si mobilitano periodicamente sul territorio - un modello di partecipazione che ha trovato un'estensione e un'applicazione simbolicamente efficace nel movimento M-15 in Spagna - ma che ora progettino nuove possibilità di lavoro.

Io credo infatti che sia possibile offrire occupazione a centinaia di migliaia di ragazzi valorizzando le aree interne della Penisola, sviluppando l'agricoltura biologica di piccola scala, sfruttando produttivamente la
forestazione, tramite i lavori di manutenzione urbana, curando i beni culturali e il paesaggio, ecc. La finalità di simili iniziative non è solo creare occupazione promuovendo economie e servizi di elevata qualità sociale, ma fare emergere nuovi gruppi dirigenti, specie fra i giovani, che debbono al più presto sostituire una generazione di politici palesemente inadeguata.

Ebbene, sono convinto che simili iniziative conseguirebbero più vantaggi. Innanzi tutto, possono raccordare una varietà ampia di tematiche (dalle energie pulite all'Università) e di rivendicazioni attorno al tema centrale del lavoro. Possono inoltre mettere insieme, nel territorio, forze importanti e spesso inerti per assenza di progetto: sindacati, associazioni, amministratori locali, ricercatori, presidenti di parchi, le forze politiche interessate e sopratutto i giovani. Il loro protagonismo è essenziale e la rete, com'è noto, offre uno strumento attivo di partecipazione. Per i giovani coinvolti la riflessione sulla disoccupazione deve trasformarsi in occasione di creatività sociale, una opportunità di formazione civile e politica. Io penso che tale sforzo di concertazione su obiettivi mirati debba metter capo a quelle che chiamerei - con una vecchia espressione del movimento contadino - le Assisi del lavoro. Assemblee in cui si delineano alcune linee generali di azione. Iniziative a scala regionale, che possono magari unificarsi in seguito, ma che devono muoversi entro spazi
territoriali definiti. In Calabria, in autunno, alcuni gruppi politici,sindacalisti, intellettuali proveranno a progettare qualcosa del genere. In questa regione, la sinistra a cui allude Parlato, si è disintegrata. E i problemi sociali sono enormi.

Ora, è evidente che non tutti gli obiettivi occupazionali individuabili nelle Assisi sono a portata di mano. Alcune attività sono produttive e si autofinanziano, altre necessitano di un minimo sostegno pubblico. Inoltre
richiedono tempo e le condizioni in cui si verranno a trovare milioni di persone nei prossimi mesi saranno, com'è prevedibile, drammatiche. Ebbene, io credo che le Assisi, perché abbiano anche un forza politica immediata, debbano porre al centro delle loro rivendicazioni un obiettivo unico ben definito. Un obiettivo semplice, comprensibile a tutti, in grado di caricare l'intera gioventù italiana di una forza politica dirompente. Questo obiettivo è il reddito universale di cittadinanza. Tema, com'è noto, assai dibattuto e controverso. A mio avviso si tratta di una rivendicazione storicamente ormai necessaria. La nostra società ha sempre meno bisogno di lavoro per produrre merci e servizi, e tuttavia, mentre pone nel reddito la base della cittadinanza e della stessa vita delle persone, condanna chi ne è privo all'angoscia quotidiana. E questi condannati sono ormai tanti, crescono di giorno in giorno.
Occorre cominciare a separare la percezione del reddito dalle attività produttive. Non possiamo più attendere lo sviluppo che creerà finalmente la piena occupazione.
Questa è una nostalgia utopica dei vecchi sviluppisti. Oggi saremmo in una diversa condizione se l'opposizione organizzata del movimento operaio avesse potuto utilizzare l'enorme incremento della produttività del lavoro dell'ultimo mezzo secolo per un dimezzamento della giornata lavorativa. Meno lavoro per ognuno, più occupazione per tutti. Ma così non è stato e i rapporti di forza attuali, la cultura dominante, non rendono praticabile il progetto. Ma il reddito di cittadinanza sì, è un obiettivo alla portata, un grimaldello potente in grado di sollevare una forza d'urto formidabile contro le attuali classi dirigenti. Non solo perché in alcuni Paesi d'Europa è attivo da tempo. È probabile che diventi una condizione di sopravvivenza dello
stesso sistema, che ne cambi strutturalmente la natura. Il capitale è un mostro dalle mille vite. Ma ha un punto di fragilità insormontabile: per realizzare profitti, le merci sempre più abbondanti che produce in ogni angolo del mondo, deve venderle. Altrimenti anche il rutilante sopramondo finanziario che lo sovrasta si sgonfia. Come una bolla, per l'appunto.

Nel suo Finanzcapitalismo, Luciano Gallino ha ricordato che nel 2009, in piena crisi, sono stati spesi in pubblicità, nel mondo, poco meno di 550 miliardi di dollari. Consigliamo sommessamente di passare il danaro direttamente ai consumatori. 

D'altra parte, restando all'Italia, il gruppo di Sbilanciamoci.info ha mostrato, con la sua contromanovra quante risorse si possono ricavare, in una società opulenta, qual è l'Italia, nonostante tutto. La ricchezza trabocca, ma dalle mani di pochi. E tuttavia sarà sempre più difficile per chiunque, se si abbraccia un tale obiettivo, replicare che «non ci sono i soldi», mentre lo Stato centrale, tanto per fare un esempio, sperpera ingenti risorse per una guerra lontana e da gran tempo perduta.