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martedì 29 ottobre 2013

LETTERATURA MODERNA








La mia vita è letteratura. 
Ossia la scrivo incessantemente.
Il cervello elabora romanzi pronti per essere consumati da un corpo che non si supera quasi mai ma obbedisce alla passione raccontata.
Preparo la scena accuratamente:  il desiderio  si muove, ma  non trascende da me, spinto e guidato dalle righe di un romanzo già elaborato.
Galimberti nel suo libro " le cose dell'amore " dice che " il sesso non è qualcosa che l'IO  dispone, ma se mai, è qualcosa che dispone dell'io che lo toglie dal centro della sua egoità " 
 Ma Galimberti si riferisce ad una passione genuina mentre io vivo principalmente la creatività della ragione. 
Io produco passione nello stesso modo  del  luppolo che  nel suo recipiente  si trasforma in birra. Fermento una idea di desiderio. 
Elaboro intellettualmente  pulsioni.
 Già la storia deve essere predisposta. E' fuori di me e alimenta l' istinto come una strada asfaltata conduce alla  meta. 

Qualche tempo fa stavo lavorando ad un bel racconto. 
 Nella tessitura della trama Lui aveva assunto il ruolo di quello che confortava, coordinava, indicava il comportamento, ma soprattutto ricopriva un ruolo necessario di intermediario con un mondo che , in quel momento , mi era ostile.
Anche io avevo la mia bella immagine di donna inquieta , insicura sul da farsi , ma determinata e punto arrendevole.  Naturalmente fascinosa. 
La  vicende reali sono  lo sfondo più adatto per  il mio immaginario che riesce in questo modo a realizzare   la trama più adatta  per un racconto avvincente. 
Lui .. lui .. lei .. lei .. e la storia  procedeva spedita  senza alcuna interruzione o ripensamento o deviazione dall'esito finale:  lui... lui e lei lei .. 
Ma quando lui avvolse tra le braccia il corpo di lei,  stringendolo tra le mani e le labbra , il demone, che sempre partecipava consenziente a questo genere di storie quando anche assonnato e distante , in quel caso non ne volle sapere. 
Il demone non ci volle stare.  
Voleva altro che l'assenza di un senso che non si rivelava in quella concessione limitata alla carne e che non si svelava davvero come altro da se' e quindi non c'era.  Era  inesistente. 
Forse era altrove. E per il demone non ne  valeva la pena . 
Il gioco era  troppo semplice. troppo epidermico  e lui voleva volare. Andare oltre e fondersi e confondersi.  Per nulla di meno si sarebbe dato. 
Eppure il cervello aveva lavorato,  aveva tessuto diligentemente un romanzo  decente di passione e desiderio.
Ma non aveva realizzato che il demone viaggia fuori di me per farsi altro dal corpo ed  anche quando ne è complice e lo muove, ne è pur sempre  trasceso per mutarlo in altro non più me ma qualcosa  di complementare e migliore.
  Il demone, dunque,  mi strattonò furibondo. 
Ma intanto  il racconto procedeva: 
Lui disse: " Non sei convinta" e lei scuotendo la testa,  mentendo  disse: " Massì, massì, sono convinta. " 
Ma il demone s'era raggelato , aveva  stracciato  la storia . Distrutto il romanzo.  
Le parole belle, se pur ancora vibranti  avevano assunto  ormai  il valore di  un  trafiletto di cronaca rosa.
Tutto si fermò e  scivolò a terra. Non rimase che il corpo arreso alla insensatezza della simulazione di una passione da  letteratura di terz'ordine.
  L'abbraccio si sciolse ed il corpo divenne  ubbidiente  al richiamo del mio ostinatissimo demone. 
Ora so perchè  ho obbedito. 

lunedì 17 agosto 2009

STORIA DELL'AMORE CHE NON E' MAI UGUALE - ULTIMA PARTE

Diceva Bernhard( 1931 - 1989) " Tanto più una persona è grande ed emotivamente profonda tanto più possiede un fondo diabolico". Per questo l'odio non è opposto all'amore ma ne è un suo aspetto fondante. L'amore è un impulso che da se' rivoluziona la nostra essenza interiore e la proietta in una dimensione inedita. e mentre da una parte questa spinta ci prende e ci incoraggia, dall'altra parte sentiamo di essere trascinati in un abisso senza possibilità di ritorno ed esprimiamo la nostra paura d'essere persi nell'amore sprigionando una ostilità Straziante per chi ci ha catturato irrimediabilmente. Tutto questo prende il sopravvento quando ancora di più non c'è riscontro al proprio totale abbandono. Allora non c'è ragione di trattenere il livore maligno e lo si lascia padrone e signore della propria anima.

Dunque lei non pensava, ma viveva come eterno il senso di animosità velenosa che le dilaniava la coscienza. Avrebbe potuto rassegnarsi a subire l'onda della sofferenza, lasciarla posare sul suo corpo come marea inevitabile ma passeggera, invece, decise di assecondarla, incoraggiarla e viverla perdutamente. SUONO', DUNQUE.

Gabriele, ignaro, la fece salire.

Lei aveva occultato la sua perfida urgenza sotto un sorriso amabile e mondano.

Ricorda, lei, che Gabriele aveva cominciato a farle qualche scatto a caso mentre lei conversava casualmente o sorseggiava il the che le aveva offerto. Poi l'aveva fotografata mano a mano che si liberava dei suoi indumenti a guisa di un gioco per - verso ma virtuoso e infine l'aveva presa più e più volte nella sua camera da letto di cui lei ricorda solo l'oscurità malevola ed il disordine acre e putrido.

Non ricorda altro che il pensiero incessante della ferita inferta a se stessa ed a lei quale risarcimento fittizio e superfluo di una manchevolezza inevitabile.




Pensava sempre: " E' solo un uomo" con il senso di disprezzo ed autodistruzione che premeva nelle viscere e che annebbiava la sua identità lacerata.

Tutto finì quel giorno. Lei non la vide più.

Seppe, in seguito, che lei si era trasferita in una nuova città con un nuovo amore e da lì a poco anche lei si trasferì in provincia. Non tornò mai più in quei luoghi ed in quel tempo e non vide neppure mai più Gabriele . Sino a qualche giorno fa.

Lei era nel negozio di una sua amica di città quando si accorse che l'avventore appena entrato era quel Gabriele CHE AVEVA CONOSCIUTO. Appena lo vide INSORSE inaspettato un rigurgito d'odio e di acredine creduto esaurito negli anni. Invece no. Era intatto se non raffinato dal tempo e dalla maturità imparata. Lo guardò intensamente : aveva persino lo stesso giaccone di pelle ora sbiadito e macchiato dall'uso . Il suo zoppicare non era più gradevole alla vista, ma , anzi, accentuava la sua vulnerabilità e la sua debolezza. I capelli erano grigi e spenti. Il viso ERA non sbarbato e segnato da rughe profonde. I gesti dimessi e il capo chino lasciavano intuire esperienze tristi e sconfitte cocenti. Lei invece, appoggiata allo stipite della porta oltre il bancone, aveva i modi ed il tono brillante di chi determinava il proprio passo.

Lei cercò di richiamare alla mente il giorno vissuto in quel tempo: le sue carezze esperte, la sua condotta fiera di uomo vincente. I movimenti risoluti e prepotenti nell'atto sessuale.

E d'istinto sorrise,perciò, del riso sottile e maligno di bimba cattiva.

STORIA DELL'AMORE CHE NON E' MAI UGUALE - TERZA PARTE

Era una nuova sorgente che produceva una forza rigogliosa, era un nuovo nutrimento che soddisfava il senso della loro unicità con l'incontro delle loro affinità profonde ed imprescindibili da loro stesse.
Lei passava ore ed ore a lisciarle i lunghi capelli e tra le mani riconosceva il calore della propria pelle ed i movimenti familiari dei suoi fianchi. Le sue dita leggere attraversavano sentieri conosciuti e amati da sempre come se quel luogo e quel tempo non potessero che essere l'unico luogo e l'unico tempo da vivere e di cui dissetarsi. Era nel suo corpo eppure era un' altra da lei, poteva quasi respirare all'unisono tanto rispondeva il suo palpito a quello di lei, tanto le era noto il fremito.

Ma un pomeriggio lei non venne all'appuntamento. E neppure il giorno dopo ed il giorno ancora successivo.
Lei non voleva pensare. Ma già la sintonia fraterna era compromessa , ma già il silenzio aveva il suono di una verità discordante dai suoi bisogni. Era divenuto altro e lontano.
Andò a casa di lei che l'accolse, ricorda ancora, in accappatoio serena e sorridente. Lei, quindi, Disse: " Ma, cara Ceci, Devo stare con il mio uomo"
Lei ascoltò dapprima senza parlare, ma anche in seguito, mentre parlava di fiducia, di legame, di incontro, di comunione, nello stesso tempo sentiva che ciò che era successo era grondante di autenticità e di logica, quella logica che prevale nei ruoli stabiliti, nei comportamenti acquisiti.In quel vivere sociale che non riconosceva dedizioni diverse e che sentiva ostile ciò che non comprendeva. Era la voce di un accordo indiscutibile.
Le sue parole quindi sarebbero state inutili.

Lei ripeteva tra se' : " Il suo uomo" e le pareva il suono come scandaloso. e le pareva l'epiteto come un ingiuria infamante e distruttiva.
Si sentì soffocare dall'odio. L'incanto oramai era svanito. Era stata ricondotta ad un ruolo che non aveva chiamato, era stata costretta ad indossare un abito ripudiato.
Ella stessa era stata respinta ed annullata. Non era nulla. Non era un uomo, sicuramente.

Uscì dalla casa correndo sulla strada. Era l'ombra dell'amore che la indirizzava: ossia un odio lacerante e doloroso.
Le parole riecheggiavano nella sua mente in modo ossessivo e mistificante. Pensava: " E' il mio uomo" pensava ancora " E' il mio uomo" e mentre ripeteva come cantilena infantile la frase odiosa che l'aveva ferita, si accorgeva che andava trasformandosi in altro. Era diventata infatti una frase del tipo: " Lui è solo un uomo" e ripeteva: " Lui è solo un uomo" rivestendo le sillabe di significati puerili e inoffensivi.
Ancora pensava: " ma lui è solo un uomo" ma nient'altro che un senso di odio e di vendetta maligna le occupavano la mente,Ripeteva ossessivamente: " Ma lui è solo un uomo" e null'altro se non un senso di disfatta incolmabile riempiva il suo cuore. Con queste premesse criminali lei suonò il citofono di Gabriele......proprio lui, proprio di quell'uomo per cui era stata così profondamente ferita.

domenica 16 agosto 2009

STORIA DELL'AMORE CHE NON E' MAI UGUALE - SECONDA PARTE


Per pochi momenti, ma solo per pochi istanti incantati, l'essere umano si ritrova al centro della sua coscienza lacerata, avvinta, straziata, lontana da ciò che si chiama stabilità, lontana da ciò che si chiama protezione. In quei minuti l'essere umano è essenziale, senza identità e senza ruolo: è l'essere primordiale, puro e confuso tra le forze delle sue emozioni e dei suoi sentimenti. Il resto diventa " relazione" e tutto si trasforma in rapporti sociali e comportamenti acquisiti.
Lei ricorda ancora quel viaggio a Firenze insieme. Ricorda i pellegrinaggi tra le piazze e le vie splendide di quella città. Ricorda ancora le notti insonni fatte di racconti di illusioni e di desideri.
Al ritorno lei l'aveva accompagnata a casa con la sua auto. Erano state così bene insieme che s'era fatta cupa e scontenta davanti al suo portone.
Lei, allegramente aveva appoggiato i lunghi capelli biondi sulla sua spalla e l'aveva esortata:
"Dai salutami, cara"
Lei l'aveva baciata sulla guancia per il consueto commiato diventato il rito della loro separazione, ma quella volta lei non s'era allontanata e non era scesa dalla sua auto. Invece, aveva detto seriamente: " ma solo così mi saluti?"
Fu in quell'istante, dunque, che riconobbe come per una folgorazione tempestiva ma in qualche senso tardiva ,infine ,quel che era lei e quel che significava l'ardore del loro gioco e di quell'emozione.
Fu in quel momento prezioso che lei seppe d'essere esattamente ciò che lei si aspettava e voleva e c'era e dunque sentiva profondamente nell'eternità del sentimento fattosi gesto , fattosi carezza.
Non poteva e non voleva negare il richiamo ed il sogno anche se l'avrebbe condotta in luoghi di inquietudine ed incertezza: s'avvicinò alle sue labbra per il loro primo bacio di passione e d'amore.....

sabato 15 agosto 2009

STORIA DELL'AMORE CHE NON E' MAI UGUALE- parte prima

Cosa era MAI quel che lei andava cercando? Da sempre a lei pareva d'essere abitata da un vuoto incolmabile, come fosse stata l'ombra di un'idea da realizzare che si poteva realizzare, che avrebbe potuto che anzi voleva, ma a quel punto i suoi ricordi si disperdevano.


Lei, invece, era dolcissima.
Aveva i capelli biondi, sottilissimi e gli occhi celesti. A quel tempo lei soffriva di bulimia: si gonfiava in poche settimane per sgonfiarsi nel medesimo tempo e diventare molto magra.
Erano giorni miracolosi per la loro amicizia. Poichè si sapevano diverse una dall'altra, potevano palesare la loro individualità senza timore di doversi immedesimare con le urgenze di una delle due.
Quanto lei era dolcissima tanto l'altra era ruvida e sobria, ma nello sguardo e nell'attenzione che prestava alla loro amicizia lei dimostrava una vulnerabilità disarmante.
Il tempo era anche quello del dubbio, dell'inquietudine. Era il tempo della delusione.
A lei, che ora ricorda, pare che quel tempo non sia ancora finito. Perchè non bisogna smettere di idealizzare la propria realtà per poterla costruire conforme alle nostre aspirazioni.Perchè la stabilità non paga la perdita della speranza. Lei raccontava appassionatamente le sue speranze e lei , che era più rassegnata, scuoteva la testa e spesso sorrideva malinconicamente.
A quel tempo avevano entrambe un boy friend. Una aveva una relazione tranquilla, stabile con un ex compagno di scuola. L'altra aveva appena conosciuto Gabriele, un fotografo freelance con l'aspetto del bel tenebroso. Questi aveva il passo claudicante , il risultato dei postumi lasciati da un incidente di moto, che invece di conferirgli un aspetto sgraziato, lo rendeva, se mai fosse stato possibile, più fascinoso e inquietante.

Lei non dava troppa importanza a quelle relazioni. Erano, per lei, come una cornice di sfondo alle emozioni che sgorgavano inarrestabili dalla sua anima. Erano, per lei, un movente per le loro conversazioni intime ed appassionate durante tutti quei lunghi pomeriggi estivi......

lunedì 20 luglio 2009

LA DIFFICILE SEDUZIONE - ULTIMA PARTE

Lei ormai se ne era fatta una ragione: nella vita quotidiana non c'era spazio per intensi spasmi, fremiti dolorosi e dubbi dell'anima.
Persino nell'illusione della scelta del partner non c'era vera scelta bensì " una pausa " dalla scelta : nel momento in cui tutti noi possiamo modificare i nostri progetti, i nostri palpiti appena si presenta un' occasione che pare migliore, la scelta perde della sua virulenza.
Una scelta che non è caratterizzata da un impegno e da conseguenze ineludibili e che può essere ritrattata non si può definire scelta.
Lei, nella vita di tutti i giorni , dava l'idea d'essere una donna sicura. E infatti lo era. Sapeva per certo come era meglio agire nel lavoro. Sembrava un algido ragioniere. Ma il suo spirito aspirava a pienezze irraggiungibili.
Un giorno, un tipo con cui era uscita le aveva detto: " Tu potresti destabilizzare un uomo " ma lei in quella frase ci vedeva solo la paura del confronto e della condivisione. Non era tanto vero che poteva destabilizzare un uomo quanto che lei stessa poteva farsi trascinare dalla relazione ed esserne destabilizzata.
Forse la nuova etica sociale dovrebbe risiedere nella convinzione che non si può e non si deve cercare di dare regole a tutto ciò che si origina dai desideri i quali sono per natura effimeri e mutevoli. L'errore stava nel dargli per forza dei connotati sociali a cui non si può dare seguito eternamente.
" Ti amerò finchè durerà" questo dovrebbero dirsi gli innamorati.

Lei lo vide giungere con la sua auto e quasi non lo riconobbe. Lo aveva conosciuto mentre lavorava e quindi coi capelli spettinati ed i vestiti consueti del giorno. Invece era molto elegante e pulito. Quando lei salì in macchina provò un senso di inquietudine indecifrabile. Le pareva di stare con un estraneo.
Le ore successive non servirono a placare il senso di smarrimento che la assillava.
Lui era bellissimo: i suo capelli scuri e ricci gli scendevano fluenti lungo le spalle e la sua carnagione olivastra brillava tra i fasci del sole e nel vento estivo. Ma quando si avvicinò con le sue labbra alle labbra di lei, ma quando la strinse in un abbraccio cieco lei capì cosa era questa sua inquietudine.
Tra le mani di lui si sentì sottratta alla sua specificità. Lei non si riconosceva più.
Dunque lei non era lei con la sua individualità bensì era un genere femminile con un seno, un sedere e le labbra morbide e gonfie. Perchè lei sentiva il desiderio di lui voluto per se' stesso sciogliendone il corpo in carne divenuta ora avulsa ed inerte. Non era lei, non si vedeva. Perchè il piacere era in - diviso e non con - diviso perchè non era una ricerca dell'altro, ma era la ricerca di una conclusione, di una solitudine. Di una rinuncia. la rinuncia alla comunicazione.
Non volle pensare ancora. Non ne aveva il tempo. Lei si slegò dall'abbraccio e scese dalla macchina velocemente. Percorrendo a piedi la strada del ritorno, mentre il sole scaldava gioiosamente il suo corpo, lei sorrise pensando a quanto fosse difficile la seduzione.

domenica 19 luglio 2009

LA DIFFICILE SEDUZIONE - PARTE TERZA


....Il giorno dell'appuntamento lei aveva lavorato SENZA MAI FERMARSI. Non aveva voluto pensare a lui neppure per un secondo.
Giunta a casa , aveva cominciato a prepararsi per uscire. Subito aveva fatto la doccia, lavandosi accuratamente i capelli. Li aveva spazzolati in modo che potessero essere molto vaporosi e morbidi. Quindi aveva selezionato i vestiti provandone qualche capo. Aveva infine scelto una gonna nera a tubo aderente e la maglia che più le piaceva: era molto scollata ed aveva un piccolo drago argentato sul seno. Avvicinò il viso allo specchio e con attenzione pedante segnò il contorno delle labbra con la matita rossa. Quindi rovistò nella busta e selezionò il rossetto adatto al colore appena disegnato. Si allontanò un poco per specchiarsi interamente e fu contenta del risultato. Spruzzò leggermente il suo profumo gentile dietro le orecchie. A quel punto guardò l'orologio. Mancava ancora una mezz'ora ed il luogo dell'appuntamento non distava molto da casa sua. Si arrestò d'improvviso. Non aveva pensato a nulla per tutto il tempo, ma adesso era arrivato il momento, anzi, non fu il momento ad arrivare , fu il suo pensiero che la prese per i polsi e la strattonò energicamente.
Lei cosa sapeva di lui? Nulla, se non che sorrideva in un modo particolare, se non che il suo sguardo si abbassava scuro e confuso negli attimi del suo guardare. Sapeva che il suo corpo era forte e sodo e che le sue gambe erano grosse e muscolose.
Avrebbe mai potuto essere convertita nella nuova dimensione dell'incontro ? essere un corpo con l'altro, essere non solo dunque carne essenziale e inerte che sii appropria di altra carne e sentirsi solo ciò che chiede l'altro ossia un atto senza contenuto, senza scena ossia un atto o - sceno?
Era già successo non tanto tempo fa . Lei aveva desiderato uomo. Cosa era stato? Ripensandoci non poteva definirlo amore perchè l'amore vuole stabilità. Vuole continuità. Vuole intimità profonda. Il desiderio invece si muove senza tempo e non si da obiettivi. Il desiderio vuole allontanare la quotidianità che pure continua a far parte della propria vita perchè non si sopravvive ad un senso dell'ignoto per sempre . Infatti lei, pur avendolo desiderato, aveva avuto una vita di abitudini perfette dove lui, per poter essere ciò che era , non poteva entrare.
Lei andava a far la spesa e continuava a lavorare mentre il suo desiderio seguiva un percorso contrario, o meglio penetrava come lama sottile all'interno di quella realtà stabile originando una sottile feritoia per l'espressione di se' stesso e per il suo fremito senza nome. Ma era staccato da se' come errante senza meta e senza risposta. Il suo movimento era il gioco che permetteva la sua esistenza. Dove l'insolito era il suo tempo. e dove il tempo era l'eccezionalità dell'istante.
Il desiderio è scorretto perchè vuole prendere e si offre solo in cambio di sottrarre con avidità ciò che più gli preme. Era stato esaltante. Era quello che lei voleva. Perchè la sua vita tranquilla, il suo uomo, i suoi amici, le davano tutto il resto. La quotidianità era l'accessibilità alle cose invece il desiderio, l'erotismo era nutrito dall' aspettativa dell'avventura, del viaggio. Della fantasia di ciò che poteva essere. E dunque quale sarebbe stata la sua vita ? un oscillare tra un gioco di solitudine dove lo spazio per la con - versione con l'altro avrebbe lasciato solo lo spazio per la propria per - versione ?
E, in tutto questo, i muri alti edificati nel tempo dall'uomo desiderato e da lei stessa non avrebbero subito lo stesso una demolizione inopportuna? Non avrebbero subito una disgregazione inevitabile?
Forse, pensò, l'essere umano non può che rassegnarsi a tollerare queste sue necessità e permettere al proprio spirito di librarsi in ogni caso ed in ogni sua espressione. Perchè non esiste una sola vita e le abitudini sono come fragili e sottili vetrate e possono essere infrante.
Lei stette immobile per un po' , ma non si fece ingannare dalla propria esitazione. Perchè alla fine prese il suo zaino, le chiavi della macchina , gli occhiali da sole e chiuse la porta frettolosamente: non voleva assolutamente arrivare in ritardo.....

sabato 18 luglio 2009

LA DIFFICILE SEDUZIONE - PARTE SECONDA


.....I suoi desideri, o meglio , i suoi capricci irriducibili e spudorati , la allontanavano dalle irrequietezze dell'anima che non riusciva a parlare se non il linguaggio incomprensibile della SUA specificità .
Questa , infatti, la faceva stare come sospesa in un tempo senza tempo, in un luogo senza ragioni se non quelle dettate dal suo demone malvagio, là dove la malvagità era voce inedita e sconosciuta al mondo.
Ma questo calarsi nell'interesse per qualcuno , questo crepitare di umori sanguigni e carnali riusciva a farla stare al mondo senza l'inquietudine ed il senso di spaesamento dello straniero quale ella si sentiva di essere .
Lei, per quella occasione, cedeva la sua parte velenosa e sofferente per accudire alla sua nuova propensione e dimorare interamente tra le sue voglie personalissime e indiscutibili.
In questi momenti lei sentiva il suo corpo governare il passo ed il respiro. Lei sentiva il suo sesso profumare di nuova energia vitale, lei obbediva mansuetamente alla corrente delle sue riflessioni involontarie e potenti.
Non riusciva che a vedere il volto di lui in mezzo alle macchine , ai tavoli dei bar, ai suoni bisbigliati della città confusa . Non vedeva che il colore scuro degli suoi splendidi occhi lucidi, non vedeva che le espressioni accennate del corpo e dei movimenti del suo viso, delle sue mani, delle sue cosce.
Non ascoltava che il suo essere tra la gente con la voce gentile ed il sorriso, non attendeva che il cenno di sguardi ardenti e corrisposti.

L'avrebbe visto il giorno dopo, ma intanto doveva passare da lui , al mattino, per altre faccende.
Aveva indossato un abito stranissimo con una gonna a palloncino di colore beige in completo con una piccola canotta dello stesso colore che scendeva morbidamente sui fianchi e che si sollevava leggermente al primo accenno dei gesti del corpo. Aveva delle piccole scarpe con un vertiginoso tacco a spillo.
Lei era elegantissima. Lei era bellissima.

Entrata nel suo ufficio , vide lui in compagnia di una donna piccola e magra. Quando si avvicinò alla coppia , dal disagio di lui , capì immediatamente il genere di relazione che la legava a quella persona.
Lei sorrise ad entrambi, ma sentì il bisogno di sorridere ancora più intensamente in direzione della donna che le parve come disarmata.

Sorrise sempre e rise ancora e parlò dolcemente cercando di coinvolgere la donna con frasi dedicate solo a lei , con parole spese solo per lei sino a che non salutò entrambi ed andò via.
Per la strada camminava pensosa e colpevole. Le pareva d'essere lei quella donna e nello stesso tempo la sua aguzzina impietosa.
Per la strada camminava con lo sguardo torvo e assassino.
Si sentiva vittima e carnefice.
In fondo era proprio così.
Perchè non era una giovinetta senza alcun vissuto precedente ? Perchè non era come un tempo quando chi incontrava aveva tutto da costruire e tutto realizzabile? Dovunque volgesse lo sguardo i vincoli di ciò che era si alzavano come muri di cemento invalicabili.

Per la strada lei camminava con tutti questi pensieri ridicoli. Avvertiva vagamente il peso insostenibile di un senso misterioso di pudore e vergogna che non sapeva decifrare. .....

venerdì 17 luglio 2009

LA DIFFICILE SEDUZIONE. PARTE PRIMA

Lei aveva fatto di tutto: doveva ammetterlo: la voce morbida, lo sguardo profondo rivolto solo a lui, soltanto a lui , mentre si svolgeva la conversazione con tutti gli altri. Era stata brillante, suadente, convincente. Era intervenuta nella realizzazione di quelle puerili aspirazioni di cui l'essere umano si addentra un po' per sfida.

L'egemonia del proprio io aveva lavorato con impegno ad un'impresa più volte giocata: quella della ostentazione di se' per attrarre ed ottenere consensi. Il gioco della seduzione per accontentare le proprie voglie.

Se inizialmente quel gioco era stata la sua principale ed unica spinta ad agire, a poco a poco che la storia si districava quale matassa morbida e docile tra le sue mani, aveva dimenticato il motivo principale del gioco , aveva confuso le ragioni della passione.

La prima volta che l'aveva visto per lei non vi era alcun dubbio: in lui si identificava tutto ciò che le piaceva in un uomo: perchè era un uomo quieto, silenzioso. Era un uomo schivo. Perchè la sua carnagione era scura e torbida. Perchè nei tratti del viso si delineavano la ruvidezza della sua terra d'origine e la frugalità delle sue giornate assolate . La ritrosia che manifestava nel parlare e nel mostrarsi l'aveva tratta in inganno sulle possibili difficoltà dell'impresa. Invece tutto era stato semplice. Lui non s'era sottratto al richiamo ed allo sguardo. Lui aveva risposto agli inviti muti ancor prima di attendere un riscontro.

Qualche giorno dopo lui le aveva chiesto in tono casuale: " Potremo incontrarci nel pomeriggio per discuterne? " ma i muscoli serrati della mascella, ma le braccia rilasciate pesantemente lungo il fianco tradivano l'inquietudine del dire. Lei aveva risposto subito: " Sì" perchè era suo il gioco giocato, era la corrente invisibile del fiume scuro e profondo che scorreva oramai autonomamente ......