domenica 29 marzo 2009

ALLORA MI ADDORMENTAI

Era sera inoltrata. Avevo parlato moltissimo. Sapevo cosa dire. L'ho anche raccontato di come gli argomenti quasi zampillino dal mio ventre commosso. Ma per quante parole sgorgassero dalle mia bocca, per quanti contenuti riuscissi a dispiegare come ali di gabbiano candide e leggere sull'immensa distesa azzurra marina, sentivo che non era stato sufficiente a smuovere acque profonde e sconosciute le cui correnti m'allontanavano di più ed ancora di più come fossi goccia straniera e diversa. Sentivo che ciò che emergeva dai miei sensi ideali non potesse essere compreso dalla parola e dal gesto, ma che vi si potesse giungere attraverso altri pertugi inaccessibili al gergo ed allo sguardo.
Ma ero lì e ti guardavo senza speranza. Quello stare lì con il tuo corpo tra le mie braccia aveva già in se' l'espressione della perdita di te e del tempo che ci era destinato.
Allora compresi di come sarebbe stato inutile parlare ancora, che ogni parola sarebbe naufragata nel tempo trascorso e finito, che ogni palpito sarebbe stato un ricordo trascorso mentre invece il presente premeva nel silenzio e nel sentimento. E per questo mi addormentai al tuo fianco senza aggiungere altro.

sabato 28 marzo 2009

IL CIELO STELLATO SOPRA DI ME

I miei progetti non sono stati costruiti leggermente. Avevano il profumo lieve delle cose temporanee, ma non per questo non avevano la vitalità della partecipazione. Ciò che facciamo deve suscitare in noi una forza divina, un richiamo irresistibile. Per niente di meno intraprenderei un viaggio. Non avevo una meta precisa se non la realizzazione dell'accadimento che andavo a svolgere. La meta cancella l'andare e io avevo bisogno di essere nel movimento.
Adesso sono qui in un silenzio che pare inoperoso e immobile. Ma non è così. Non voglio pormi nell'attesa perchè aspettare rende infruttuoso l'esserci ora dove mi trovo e per scelta. L'attesa non permette che di visitare distrattamente il presente con l'ansia di non raggiungere il proprio progetto.
Non sarà così per me . Voglio invece pormi nella speranza che va verso il tempo abitata da una emozione che conosco e vivo. La speranza si pone come movimento inarrestabile e fluttuante. Non mi racconterò alcuna favola bella. Non mi annoierò con illusioni omologate. Non mi interessano. Sono volta ai tuoi segnali di adesso. Ora. All'amore che sento , ora. Non altro. Il cielo stellato sopra di me.

venerdì 27 marzo 2009

NON CI RESTA CHE RIDERNE



Alcuni miei lettori mi hanno invitato a scrivere un post divertente. ( non è facile. non riesco a trovare niente di divertente in giro) Ma alla fine l'ho trovato. Sapevo anche dove andare a cercare. In un blog di un uomo di mezza età perennemente single, che crede la donna una vipera salvo poi barricarsi dietro quelle tre ragazzine adolescenti più una pensionata che ogni tanto lo commentano. Allora ho preso uno dei suoi post ( che sono tutti della stessa risma) e .. voilà... lo commento: ( è uno scherzetto, volevo ridere un po')

Inizio del suo post

Ho sempre pensato che l'intelligenza vada di pari passo con la semplicità ( hai pensato male. Leopardi e Dante potrebbero rivoltarsi nella tomba ad una simile affermazione ma dai .. andiamo avanti) e di conseguenza con il desiderio di farsi comprendere da tutti ( questo è essenzialmente lo scopo dei servizi pubblici; è un fatto che per comprendere alcune poesie o certi testi letterari bisogna anche avere un certo grado di cultura ed intelligenza) .Al contrario utilizzare un post di mille parole per esprimere un concetto che ne richiede non più di cinquanta nasconde il tentativo di contrabbandare come cultura il poco o il niente,di sdoganarsi come intellettuale riciclando pochi concetti triti e ritriti. ( ehi allora stai parlando di te, bello, sono una ventina di righe ed ancora non abbiamo capito dove cazzo stai andando a parare) Classico esempio di ciò è innalzare a livello di poesia i fatti della vita di tutti i giorni:parlare di una banale scopata,magari consumata in una squallida stanza di motel in termini di "e poi lasciammo che la nostra linfa vitale ci percorresse l'anima sino ad insinuarsi nelle feritoie più recondite del nostro illusorio sogno"significa un concetto di sè molto alto,un pusher sbagliato oppure il desiderio di rendere unico ed irripetibile qualcosa che tutti fanno senza stare poi a costruirci castelli ( UDITE UDITE..un uomo che alla sua età definisce un rapporto d'amore una banale scopata cosa vi fa pensare? ad un uomo che ha amato mai una donna? che ha mai fatto l'amore appassionatamente, con trasporto, con tenerezza, con struggimento? ma noooo, magari ve lo vedete in una strada di periferia a contrattare una mezz'ora di ciupa danz) .
Mi immagino queste persone dal salumiere:probabilmente anche qui,mentre noi compriamo due etti di bresaola,loro "sono tutt'uno con quel braccio virile che lentamente si accanisce contro l'impotente oggetto del desiderio ormai orbato della linfa vitale,ma ancora capace di disegnare nell'aria improbabili arabeschi ad ogni fetta che cade sotto i colpi di una gelida lama". ( dipende che valore si da alle cose che si fa. Un tuo scritto potrebbe sicuramente servire per avvolgere le patate... ma faresti altrettanto con un testo del Manzoni? ) Neruda è riuscito a compiere un 'opera letteraria descrivendo una cipolla
Fino a qui nulla di male,ciascuno scrive quello che gli pare ed io non mi sono mai spinto a commentare scritti del genere(principalmente per evitare una risposta del medesimo tenore).Quello che trovo più spassoso è la lettura dei commenti degli incauti seguaci di questo Nuovo Rinascimento Letterario:si dividono grossomodo in due categorie: altri brillanti de-scrittori del nulla che incensano per essere incensati alimentando così una nefasta spirale di autoreferenzialità e persone semplici che restano affascinate dalle parole che non comprendono,specialmente se nell'insieme suonano bene,e commentano in modo surreale ma entusiastico, ( a questo punto vorrei visitare la tua cantina.. l'hai resa insonorizzata, immagino ) terrorizzati dal fatto che qualcuno possa sospettare che non ci hanno capito una mazza. ( immaginate un uomo che non sa nulla nè d'amore nè di politica. Cosa potrebbe mai capire, se non la frase: "€ 25,00 in auto - € 50 a casa " ? Impresa ardua. Capisco il suo risentimento di vivere in questo mondo di alieni in cui la gente si ama e si coccola) Potremmo chiamarla la "sindrome della corazzata Potiomkin" di fantozziana memoria.Mi raccomando,non andate mai in giro senza una scorta di "improbabili probabilità" o almeno di "una vita mai scritta, ( oddio : tra la tua vita mai vissuta , preferisco una vita mai scritta) ma che si adagia mollemente sulla propria ombra fugace". ( allora... cari lettori ed adorabili lettrici.. vi ho fatto un po' sorridere? o forse siete rimasti u po' di sasso? Forse non credete che un uomo di più di 50 anni possa pensare e scrivere e vivere una vita così? invece sì, cari lettori. Ma quel che è peggio, cari amati lettori è che l'azione di rendere on line tutto ciò ( che lascio a voi commentare in cuor vostro e nel silenzio delle vostre coscienze..) dicevo .. che quel che è più grave è il fatto che ponendolo on line, personaggi di tal fatta pensano di attribuirgli, infine, una funzione legittima. un valore catartico. Pensano in questo modo che solamente perchè pubblico ciò renda automaticamente il testo quasi ragionevole. Non vi sembra questa convinzione un po' pericolosa? Se non credete che qualche essere umano possa avere scritto questo vi posso dare privatamente il suo link. Non lo faccio pubblicamente perchè , in fondo, ho pietà di lui.
Dunque , Vi ho fatto ridere sufficientemente?
Massì.....

giovedì 26 marzo 2009

L'IDEA CHE HO DI TE

Si sbaglia, ma è necessario tornare indietro.
Non per chiedere scusa ma per comprendere se stessi e l’altro che si è ingannato.
La scrittura della propria vita porta – ineluttabilmente – a leggere una pagina che non avrebbe dovuto esserci, ma è lì, dietro ogni apparenza, a mostrare la sua inappagabile sete di verità.
Le persone hanno un intelletto, ma il cuore supera ogni torpore o arroganza della ragione.
Ci si appella alle motivazioni, ma si deve salvaguardare il proprio sentire.
E, anche quando l’errore è stato palese e insormontabile, bisogna aprire la porta di quell’unico senso che è amare incondizionatamente.
E quando incontri una persona che ti ascolta e ti rende partecipe del tuo stare lì a prendere forza dalle tue stesse azioni devi solo ringraziare il cielo che t’ha reso così fortunato.
L’amore supera il dolore, ma il dolore ha la forza del coraggio, del senso della continuità, del superare e del delimitare.
Tu, ci sei.
E questo, per me, è come ritornare all’esistenza.

martedì 24 marzo 2009

IL LINGUAGGIO

Martin Buber nel libro" i dieci Gradini della saggezza " ci insegna: " Devi pronunciare le parole come se al loro interno si spalancassero i cieli , non come se le ponessi in bocca ma come se penetrassi in esse."
La parola feconda il cervello: rigenera o distrugge . Non voglio sottovalutare ciò che dico. Per me è preziosissimo. Il linguaggio va inteso come un prolungamento della nostra anima dove essa si svela a noi ed a chi è sensibile ed attento e cosciente del valore della parola. Per questo ho avuto una reazione di disperazione e di rabbia e di rigetto quando t'ho visto scrivere parole con una valenza profonda ed intima dove la circostanza non le riconosceva. Il linguaggio titilla i nostri sensi li fa crescere e li trasforma. In ogni istante la parola è un sipario che si spalanca ai nostri occhi e ci accende una luce misteriosa . Le tue parole sono state per me linfa vivificante con una funzione motrice di energie sotteranee e potenti tali che non potevo immaginare imposte a ruolo puerile di lusingatrici insidiose e meretrici.
La parola uccide e ci fa nascere ogni giorno. La parola è incontro e separazione. Non voglio consumare se non con ardore e impegno il suono ed il significato della mia anima che si muove.
Io non posso che essere " nel" mio linguaggio fatto di gesti, di occhi , di bocca che emette un suono che ci trasforma e ci plasma e ci rinnova e ci possiede come in un lungo amplesso di amore e di morte. Per questo dunque il silenzio diviene nobile e ascoltato: poichè è l'attesa di un attimo intriso di labbra e anima che trova nel linguaggio l' espressione più profonda e più pura che il tuo cuore può creare.

mercoledì 18 marzo 2009

STORIA DI DESIDERIO


Foto realizzata e gentilmente concessa da Cinzia Garbi - Valenza
(immagine soggetta a copyright )

Lei l’aveva trovato diverso dagli altri perché non si offriva e non chiedeva. Dapprima non l’aveva guardato se non con un’occhiata distratta.

Cosa era successo poi di particolare che aveva fatto in modo di distinguerlo da tutti gli altri e di riconoscerlo come una parte di se’ come carne e sangue da prendere e di cui nutrirsi avidamente con voglia e desiderio fremente? Lei non avrebbe saputo rispondere.

Perché non sai mai cosa accende i tuoi sensi; quale richiamo, quale parola, quale modo d’essere quale odore, quale movimento. Ma lui era diventato l’unico che poteva ridestava la voglia profonda e carnale.

Era diventato un bisogno necessario quello di afferrarlo con tutte e due le mani e sentirselo addosso. Lei l’aveva incontrato in presenza di tante persone.

Erano poi rimasti soli. .

Quando le sue labbra si insinuarono tra le labbra di lui sentì subito una voglia indomabile di trattenerlo contro di se'e di averlo.
Non pensò , quando lo baciò, di avere già baciato poiché la sua bocca divenne nuova al contatto con la sua lingua molle ed ardente.

Lei lo guardò con gioia mentre lui si spogliava e offriva il suo sesso nudo e potente alla sua vista.

Allora si inondò del desiderio di avere tutto di lui e di nutrirsi di ogni più segreta parte del suo corpo esposto ed innocente. Lo avviluppò con tutta se' stessa senza lasciare una sola parte della pelle all’aria della notte . Le mani ed il sesso di lui si intinsero del suo desiderio e infine sprofondò nella sua carne impaziente.

martedì 17 marzo 2009

L'EBBREZZA

Era così : gli spazi troppo stretti, il tempo troppo poco. Troppa la propria volubilità.

Lei tutte le volte si meravigliava della sua frivolezza. E spesso rimproverava agli altri le proprie debolezze.
Lei, infatti, diceva: " dammi una risposta : non ho indirizzi."
Ma era lei che cambiava spesso la strada. Era lei che non si ritrovava nelle cose sentite.
Un volta a chi le aveva chiesto: “ perché?”
Lei, che sempre voleva trovare una risposta, che non si sarebbe azzardata a dire” non lo so perché. Solo perché lo volevo, perché mi faccio guidare dalle voglie e le mie voglie non si raccontano, ma agiscono autonomamente senza risposte. "aveva invece detto:
perché quello che ho fatto mi allontanava dalla morte”Ma non sapeva bene cosa aveva voluto intendere.


Come avrebbe potuto spiegare che non esisteva un' etica in quello che faceva se non quella che permette l’appagamento arbitrario dei propri struggimenti?

Ma forse che la morte significava "non essere nelle cose che si fanno, non desiderarle e non immergersi con la pelle e l’anima profondamente senza attendere null’altro che essere in quel luogo e in quel tempo ?"La morte era imporsi la direzione scelta e non sterzare e non frenare e non deviare all’improvviso se non per un masso inconsueto della strada , se non per una tempesta di sassi e sabbia? Se non per un motivo.. anche uno qualsiasi ?
Lei pensava questo. O meglio: lei sentiva il proprio corpo e non respingeva il languore inspiegabile e non metteva a tacere il calore del ventre e dell’anima. Ascoltava attentamente la sua pelle e si lasciava afferrare dall’eccitazione inaspettata. Si lasciava scaldare e stringere nell’ abbraccio silenzioso degli umori. Ma non altro. Non un gesto . Non una parola. Non un fremito.
Camminava senza fretta portando lievemente dentro se' la sua ebbrezza.

lunedì 16 marzo 2009

TI AVEVO RAGGIUNTO


Mentre mi avviavo lungo la via ero cosciente che stessi abbandonando la strada maestra per aprirmi un nuovo sentiero. Un sentiero che non era stato ancora tracciato. Malgrado avessi un tono ed un vestito consueto mi sembrava d'essere come rivestita di pelli d'animale selvatico. Mi sembrava d'avere un machete in mano e graffi sulle braccia. T'avevo raggiunto. E guardando tutto il tuo corpo fatto di braccia , cosce, mani grandi e sguardo limpido io già immaginavo di forgiarlo. Ne stavo distante per sentirlo nudo ancor prima che lo fosse, ancor prima che si rivelasse, ancor prima che potesse appartenermi . Già sapevo che con il tocco delle mie dita avrei attraversato la tua pelle segreta ed esclusiva, già mi appropriavo delle tue labbra bagnate . Già il mio corpo sapeva del tuo odore prezioso. Già sentivo la tua essenzialità invadere i miei sensi. Già la profondità fluida della mia carne rispondeva al richiamo.

domenica 15 marzo 2009

LA DOMANDA

Così lei aveva rivelato la sua debolezza .
Aveva mostrato lo spazio più vergognoso e segreto del suo sentire. Lei aveva svelato il suo immaginario profondo che non poteva esprimersi se non con l'accettazione ed il riconoscimento da chi poteva negarle il senso. Ed il senso doveva essere nel corpo di lui che avrebbe incarnato la sua interiorità ed il suo desiderio.
Lei stava lì : pensosa ed inquieta. Lei stava lì: lontana e confusa. Inizialmente sembrava fosse reale la possibilità di un vissuto senza tempo ossia eterno. Invece presto s'era svegliata e tutto aveva avuto un altro aspetto. c'era stato un altro confronto. Era arrivato il ritmo del giorno e il susseguirsi delle incombenze e delle domande. Avrebbe voluto tornare all'illusione del sogno.
Avrebbe voluto non chiedere nulla. eppure il suo desiderio era nella scelta. era nell'attesa . Era nella domanda e non avrebbe potuto vivere in altro modo quell'amore miracoloso.

sabato 14 marzo 2009

IL CORPO ED IL CUORE

Sono molto tollerante con i miei desideri, anzi sono compiacente. Questi sono circospetti e famelici come iene su una preda agonizzante ed io lascio loro fare senza mai intervenire. Voglio individuare mille pretesti per i miei gesti disordinati e riesco a trovarne più di qualunque altra persona. Ho mille attenzioni per il mio corpo e soddisfo i suoi appetiti anche ingiustificati.
Il mio cuore invece non vuole afferrare nulla. Ha bisogno del vuoto e della fame. Vuole la carestia, l'assenza, la sobrietà dei gesti e della frequenza. Il mio cuore vuole sanguinare. S'accompagna agli occhi chiari ed al sorriso morbido del viso, s'accompagna al movimento desiderante e trepidante del pomeriggio. Il mio cuore guarda innocente e vergine il pulsare delle ore e del sangue richiamato da una voce leggera e da un brivido ardente. Il mio cuore ha fretta.
Il mio corpo si prepara all'abbraccio per ore, si disseta senza fretta e senza ragione. Ha il tocco caldo delle dita e del ventre generoso . Si nutre alla tavola senza parlare, il cuore confonde la corsa e cede il passo all'oblio.

C'ERA UNA VOLTA E ORA CHISSÀ

C’era una volta un uomo.
Aveva una barba, molto simile al figurino di Eugenio Scalfari che ogni tanto, in tv, appare per dare consigli.
Quest’uomo, però, aveva la barba per nascondersi. Per celare la sua vera identità.
Appariva come un signore di altri tempi.
Scriveva e discettava di ogni cosa – l’onnipotenza della sua penna lo portava a toccare gli abissi dell’inferno – si invaghiva di signore, scriveva giaculatorie in cui l’offesa era nascosta dalle parole che aveva appreso quando faceva il mastro carpentiere nell’officina dell’ignoranza.
La barba, l’unico elemento che portava con grande soddisfazione, era di colore bianco.
Non era per la saggezza, ma per la pochezza dei peli che crescevano e trovavano ostacoli insormontabili.
Ogni tanto – quando la sua grama esistenza lo lasciava solo in un luogo sconosciuto della penisola italiana – aveva il vezzo di interrompere i dialoghi degli altri a causa di quella frustrazione – mista a demenza – che lo paralizzava.
Pensate, egli passava le sue giornate per scovare – come un ladro – chi gli avesse rubato il gelato.
E dava la colpa a tutti. Accusava tutti di essere stati i cospiratori del grande furto.
Un giorno, quando un camminatore incrociò lo sguardo di una donna intelligente, egli si sentì ferito nell’orgoglio maschile – aveva più volte puntato lo sguardo lascivo e laido su di lei – e decise che il camminatore avrebbe dovuto essere accusato di ogni misfatto.
Bisogna precisare che l’uomo con la barba era molto malato: soffriva di crisi epilettiche, attacchi d’ansia, crisi di panico e di disturbi ossessivo compulsaivi (che sono meglio conosciuti come DOC, lui era, dunque, un uomo DOC!) che gli causavano turbe psichiche accompagnate da gravissimi periodi di depressione.
La solitudine e l’angoscia tormentavano l’uomo con la barba.
Per non sopperire a queste evidenti infermità psichiche era solito urlare –come fanno i venditori al mercato del pesce – che il mondo gli aveva teso un agguato.
Ovviamente, chi lo conosceva lo evitava con sommo disprezzo.
Chi lo incontrava – suo malgrado – pensava che fosse una persona normale.
Invece si rendeva subito conto che cercava anche lo scontro fisico – benché fosse debilitato e stanco – e sbraitava come un cane su una montagna di notte.
L’uomo con la barba era stato condannato dalla sua vita modesta a vivere delle vite altrui.
Lui, in questo modo, dava senso alla sua inutile esistenza.
Agli altri non restava altro che la pietà, la stessa che si ha per i nemici durante la guerra: avere compassione per quell’uomo così solo e frustrato a cui la vita aveva riservato un destino così beffardo, condannandolo a vivere la sua morte.

giovedì 12 marzo 2009

...........................IL PROGETTO
.....
In questi giorni avevo soprattutto organizzato il mio progetto. Avevo disposto le cose con cura maniacale. Quando voglio sono molto metodica e la mia pigrizia si fa da parte senza difficoltà. Oltrettutto le giornate erano calde e piene di sole così che mi potevo muovere sentendomi a mio agio nel corpo e nei gesti precisi e costruttivi.
Ma ad un certo punto mi sono arrestata. Ho ascoltato il silenzio che m'aveva accompagnato nelle azioni sino a quel momento. Non l'avevo sentito prima perchè ero troppo presa .. troppo presa .. occupata dal decidere, stabilire e tramare.
Invece, finito di chiudere la porta con tanti giri di chiave, sono rimasta immobile con quel mio silenzio diventato vivo e opprimente. Era un silenzio pieno di preoccupazioni e di dubbi.
Cosa era mai questo mio moto d'animo ardente che mi faceva perdere la mia consueta indolenza, la mia confortante inerzia, la mia debolezza? Aveva in fondo un vero impulso propositivo? Aveva un disegno virtuoso e vitale oppure era solo una elaborazione di bisogni per - versi ? Mentre mi adoperavo all'azione ed alla trasgressione, non era in fondo solo questa la mia necessità ? ossia realizzarmi nella violazione e nella disubbidienza?
Ero spinta, quindi, solo dal silenzio della mia coscienza ? In questi giorni non avevo che nutrito la mia avidità non avevo che ascoltato il mio pensiero dominante e malgrado questo pensiero abitasse un ' idea precisa fuori di me, era estraneo al mio progetto ed al mio sentimento. Non avevo complici. Ero io sola rea e responsabile.
Avevo detto: " Soffro il silenzio" ma cercavo soprattutto una destinazione alla mia aspirazione confusa. Una diagnosi al mio malessere. Un'espiazione.

lunedì 9 marzo 2009

VIAGGIO ALL'INFERNO
( a lui garbavano i suoni...)




A lui garbavano i suoni di certe parole ch'erano nettare colante caldo nella sua bocca , egli ingoiava pienamente l'elisir profumato del miracolo del gergo. C'era, nelle sue parole, un canto travolgente. C'era nei suoi toni un potere sovversivo e incantatore. C'era nella sua voce una seduzione bugiarda e amorosa.
A lui " garbava" lo scrosciare della fluente sorgente di desiderio che non s'arrestava, ma anzi, esplodeva a fiotti in modo incontrollabile.
Un senso velenoso e diabolico si era impossessato di lei e non la lasciava e non l'avrebbe lasciata se non al giungere fino in fondo di un percorso sconosciuto. La nave aveva rotto il timone. E il fluido tumultuoso sbalzava il relitto di qua e di là senza indirizzo. Non restava che accogliere gli spruzzi della tempesta ardente sul corpo indifeso e sullo spirito indomito.
Lui aveva il desiderio di attraversare l'inferno di fuoco ed il gelo di quell'acqua fremente. Egli avrebbe voluto approdare in quelle isole infestate da belve selvatiche ed assassine. Sarebbe andato oltre? Sarebbe andato sino in fondo? Sarebbe disceso negli abissi degli inferi dove:" HIC SUNT LEONES" ?
A lui garbavano i suoni e i profumi di quella valle inquietante.

sabato 7 marzo 2009


LEI SOFFRIVA IL SILENZIO


Aveva parlato tutto il giorno.

Molto spesso aveva sorriso. C’era stato un attimo con quel tipo, sì proprio quel tipo lì, aveva persino avuto un moto di stizza. Di grande fastidio.

Aveva posato il taccuino e la biro per rispondere in modo sbrigativo e pungente.

Non aveva avuto cuore.

L’aveva visto ritirar parola e corpo.La riunione era finita.

Quando cominciò a mettere via le sue cose presto era tornato quel senso di separatezza che la contrassegnava in quel tempo. Non aveva le parole che avrebbe voluto pronunciare. Il suo luogo era altrove e non gli apparteneva. Non c’era dunque, forse distrutto, forse perduto. Era introvabile .

Avrebbe potuto attraversare i cunicoli stretti e bui del suo sentiero ma sarebbe stato quello l’indirizzo? Avrebbe portato alla sua meta? Comunque non era quello il punto.

Lei soffriva il silenzio.Non percepiva il richiamo.

Anche se per certi tratti s’era nutrita del suono già sentito, dell’indicazione già ricevuta, col passare delle ore le sembrava che non fosse sufficiente la rappresentazione del suo sogno. Che ci voleva di più. Che non poteva bastare trasfigurare il suo desiderio all’interno di se’ come se da lì provenisse tutto. Non era così.

C’era una fonte generatrice che aveva un suo moto ed un proprio svolgimento.Non le apparteneva.

Il luogo viveva per se’ e non avrebbe avuto traccia e voce di lei . Malgrado fosse con lei , era proprio lei l’estraneo: rappresentava ella stessa il silenzio.

Si accorse,però,che per quanto si affliggesse di quell’assenza di suono e di luogo, aveva nel cuore una gioia trasognata e indistruttibile

martedì 3 marzo 2009

VOGLIO CONSUMARE


Voglio consumare il pasto completamente. Non centellinerò l'acqua della mia borraccia. Berrò a grandi sorsi tutto il liquido per soddisfare la mia sete. Scenderà fresca nella gola ed io mi lascerò dissetare senza timore. Non voglio pensare di lasciare qualcosa per il giorno dopo. L'alba è lontana è forse non giungerà neppure. Non posso pensare d'essere in altro luogo. Non posso immaginare che potrei avere lo stesso bisogno. Domani sarò una persona diversa.

Il mio corpo sazio ed appagato si incamminerà lungo il sentiero di sassi e sabbia e si perderà all'orizzonte.
Per questo voglio attraversare l'intera tua pelle senza trascurare alcuna parte del tuo corpo. Non vi saranno segreti tra le pieghe nuove della tua carne. Non voglio perdermi gli albori dei tuoi pensieri intimi. Non VORRò sottrarre al mio pasto neppure un istante che sia un altro tempo e non il nostro.


Non ho pazienza. Non mi serve. Il momento è questo, non ne ho altro.
Domani ha un suono ambizioso , non posso competere con il tempo. Non posso misurare l'eventualità del mio bisogno in un posto che sia altrove. In un periodo che non sia adesso. Con un sentimento che non mi prema.
mi nutrirò del tuo germe profondo e misterioso racchiuso tra i meandri nuovi del tuo animo risvegliato e pronto all'amore.



Voglio consumare le ore di questo giorno fino a trovarle in polvere ai piedi del letto che non siano più riconoscibili e che nessuno possa MAI comprendere cosa sia successo tra noi.
.......
........
IL GIORNO E' PERDUTO
..
( ovvero ballata dell'amore che cos'è )






E' subito perduto il giorno. Già la luce radiosa trascina in una lenta agonia i colori che saranno il buio. Ho spesso la tentazione di cancellare in un istante le cose dette e vissute. Vorrei non esserci più in ciò che sento addosso.
Mi allontanerò come un ladruncolo di campagna quasi di corsa , non mi volterò neppure una volta e dimenticherò, speriamo, questa strada percorsa.
Ma c'è stata? Ho parlato e scritto? O tutto è stato una celebrazione fantastica delle proprie aspirazioni? Chi potrà mai affermare d'avere sentito? d'avere amato? D'avere sorriso?
.
L'amore è un fremito partorito nell'aria che non si rivela agli occhi. L'amore è un vagito leggero non consapevole del suo appetito e del suo pianto. Sei tu che lamenti il sintomo ma non hai il merito di sentire.
.
Lo stesso sorriso rivela il peso dei giorni che seguiranno.
Lo stesso sorriso ha il gusto grottesco di ciò che non può essere espresso ma solo sprigionato.
L'amore non ha l'ingegno per realizzare un opera compiuta ed eterna poichè l'amore non è un progetto. L'amore non è un' intenzione.
L'amore non è una costruzione e poi non è eterno.
L'amore non potrà mai essere scovato tra gli scavi archeologici della tua città perduta. C'è stato, forse, ma senza lasciare traccia. Non brillerà nella bacheca del tuo museo come testimonianza di un bene prezioso e inconfutabile
L'amore è ininfluente. Per questo, a volte, ti odio.
Presto le tapparelle saranno abbassate sulla notte che procede col suo passo innocente ed inesorabile.

lunedì 2 marzo 2009

NON SONO QUI E SI VEDE.

Ah! non sono qui ora. Non chiamatemi.
Sono oltre quello scoglio liscio e scuro che l'onda a volte bagna d'improvviso
Non sono qui, adesso, si vede. Non mi inquieto. Sono un gatto lezioso che si lecca i baffi. . Sono una tigre sazia nel ramo più alto della guercia, sono il respiro leggero nella notte prima di addormentarsi.
Ah non sono qui e si vede. Ma tu come fai ad arrabbiarti ?
Non durerà per molto, ma per ora non posso arrabbiarmi. Presto il giorno di sole sarà finito. Avrò qualche secondo per seguire la sua luce nascondersi dietro ai palazzi.
Poi ci sarà l'oscurità totale.
Allora mi accuccerò in terra.. Stringerò le ginocchia contro il petto. Non ci penso ancora e forse non importa.

Non sono qui e si vede. Non chiamatemi alle vostre battaglie. Non posso arrabbiarmi. Si vede?

ADORABILI BLOGGERS

Adorabili bloggers, scrivo per informarVi sulla decisione da me già presa di togliere la funzione che permette i commenti.
Uno dei motivi per cui ho tolto la funzione è perchè mi sentivo in qualche modo governata dai consensi o in trepidazione per eventuali dissensi.
Ma soprattutto sentivo i commenti avere una valenza mistificatoria che non mi piaceva. Voi tutti sapete come sono spesso utilizzati: per pubblicizzare il proprio prodotto ( con le frasi tipiche: " mi piace molto il tuo blog, vieni a visitare il mio" oppure per cercare approvazioni, per celebrare ed autocelebrarsi, per dare un senso ai gadget pubblicitari inseriti nel blog)
.....
Non è il caso dei miei adorati Bloggers ed è a loro che scrivo e che uno per uno adesso cito:
Maurizio del Volo del Falco,
Maurizio di Cartatadiresche,
la mia adorabile Rosy di " Vita condominiale"
Michele di " Pianeta tempo libero"
il dolcissimo Mauro di " Memorie Casuali"
naturalmente Enzo Riccobono di " Omologazione non richiesta"
l'amico fraterno Beniamino Sandrini di " Vivi caselle"
Andrea di " Le ali della Speranza"
Luciano di " Io dico la mia"
il caro amico di Valenza Kikkus con il suo fantastico sito http://www.retrokiks.net/,
quella persona meravigliosa del blog Vitaedamore,
Pandora del blog del "Il segreto di Ana ",
Clochard del blog " http://ioclochard.blogspot.com/"
Sarina del " blog degli alberi"
infine Michele del " Il Viandante del Linguaggio "
.....
Ma non voglio nascondervi, miei adorati bloggers, che ci sia un altro motivo che mi muove in tal senso come ha ben intuito la cara Rosy non perchè ha vissuto molto, come dice lei, ma perchè è intelligente e sensibile.
C'è un motivo : il motivo è sentimentale.
Non potrei chiamarlo in altro modo. Molti diranno: ma tu parli sempre d'amore !!
.....
Un Simpatico anonimo ( per quanto gli anonimi possano risultare simpatici) mi ha invitato a cambiare il nome del blog in " Gli anni erotici" anzichè " gli anni eroici" ed io obietto e commento per l'ultima volta al mio anonimo:
" caro, non è forse la stessa cosa? poichè EROS dal greco significa " passione" ed è la passione che ci spinge e ci da energia e coraggio per affrontare la nostra vita così esile e breve così dolorosa e ridicola, così precaria e inutile tanto inutile che se non fossimo sospinti e trascinati da questa forza che è l'amore , la passione, la dedizione, la propensione per l'altro allora... allora veramente sarebbe un esistenza nulla. Invece è proprio l'amore che ci rende eroici "
......
(per non parlar ......dell'aspirazione di possedere una barca a vela di tre metri)
A qui trovarci in un abbraccio silenzioso .....

domenica 1 marzo 2009




IL VIANDANTE


Lei percorreva il suo cammino con occhi attenti e curiosi. Chiamava questo suo percorso " il lungo viaggio" Lei non credeva affatto di non avere una destinazione , ma gli era difficile metterla a fuoco. Era tesa e protesa verso la meta che poteva materializzarsi in modo imprevedibile. Il suo viaggio era stato essenzialmente un viaggio solitario.
Lei era sola perchè il suo bisogno di totalità era talmente
smisurato che nessuna esperienza avrebbe potuto colmarla in alcun modo.
Era attratta e tesa dal senso illusorio di perfezione che non permetteva una vera vicinanza.

Il suo viaggio era all'insegna dell'assenza ,Per questo non cercava la compagnia , per questo non cercava consensi. Ma percorreva l'assenza come un sentiero obbligatorio. Non sapeva se ci sarebbe mai potuta essere una reale possibilità di comunione, ma non voleva accontentarsi di nulla di meno e non avrebbe chiamato intesa ciò che invece non era altro che una lusinga .
Il desiderio era chiamato al convitto e si muoveva leggiadro quando segn
ali improvvisi e vibranti si dipanavano intorno. Lei non chiudeva porte , ma non divideva il proprio pasto indiscriminatamente. La parola aveva contenuti preziosi , il tempo era custodito nel suo scrigno magico. e lo sguardo afferrava il mondo.