L’organizzazione degli uffici, l’accessibilità anche in via telematica ai servizi, la programmazione e progettazione delle attività, l’applicazione delle norme di semplificazione e di digitalizzazione dell’amministrazione, l’esercizio delle funzioni di garanzia e di controllo, dipendono prevalentemente dalla dirigenza e dalle modalità di reclutamento, formazione e nomina della stessa.
Infatti DOPO Tangentopoli sorge la necessità di organizzare in modo differente la pubblica amministrazione.
La Legge 241/90, il D.lgs. 29/93, la Legge 59/97, la Legge 445 del 2000 la Legge 80/97, il D.lgs. 286/1999, la Legge 150/2000, il D.lgs. 300/2000, il D.lgs. 165/2001 ( RIFORMA BRUNETTA) , rappresentano l’architettura normativa chiamata a disegnare i nuovi rapporti con il servizio pubblico istituzionale.
Le disposizioni sopra ricordate sono le componenti più significative, Infatti si è finalmente resa cosa ordinaria l’accesso del cittadino al procedimento, la customer satisfaction, l’autocertificazione; delegificazione, la semplificazione, lo snellimento dei procedimenti (conferenze di servizio, sportelli unici), l’individuazione, resa nota al cittadino, di un “ responsabile unico del procedimento”, le carte dei servizi, la comunicazione pubblica (URP, uffici stampa, portavoce);
Doveva esserci almeno nelle intenzioni una chiara distinzione tra politica (compiti di indirizzo) e amministrazione (compiti di gestione), identificazione degli interfaccia tra i soggetti dell’indirizzo politico e i
soggetti della gestione .
Nel sotto-sistema amministrativo: riduzione dei vincoli normativi per quanto riguarda organizzazione e funzionamento delle amministrazioni, abolizione dei controlli esterni e introduzione di misure di valutazione (controllo strategico, controllo di gestione,valutazione dei dirigenti), nuovi meccanismi di programmazione degli organici, di reclutamento e selezione del personale, identificazione della nuova figura del dirigente pubblico e istituzione del “ruolo unico” rivolto ad assicurare la mobilità dei dirigenti e l’incontro tra domanda e offerta delle professionalità dirigenziali, l’affidamento del pieno governo delle necessarie risorse finanziarie, tecnologiche e umane ai dirigenti responsabili delle linee operative, il collegamento delle forme di retribuzione accessorie ai risultati raggiunti.
Se all’inizio del percorso delle riforme amministrative la direzione era quella della riduzione dei costi, a causa della gravissima crisi finanziaria registrata dal nostro Paese negli anni 90, ma in seguito emersero subito obiettivi più ambiziosi:
“rilancio della primarietà del servizio rispetto alle problematiche dell’amministrazione interna; passaggio dall’amministrazione giorno per giorno a logiche di programmazione delle priorità, degli obiettivi, dei livelli di servizio; attenzione ai risultati e alle performances e non solo alle procedure; forte orientamento dell’attività verso i bisogni e le attese degli utenti”
L’idea dell’innovazione è penetrata, ma senza progetti chiari; si è, però, attenuato il senso del servizio pubblico; la mobilità c’è, ma solo sotto la spinta di esigenze personali; le retribuzioni dei dirigenti rispetto a quelle di tutti gli altri dipendenti pubblici che pur lavorano allo stesso ritmo sono lievitate di anno in anno sino ad allargare la forbice di 3 punti a 1. ( €1.000,00 - € 3.000,00)
La dirigenza rimane la figura centrale nel modello di governance del settore pubblico: almeno dal punto di vista normativo.
Le dinamiche a cui assistiamo ci mostrano una dirigenza attenta ormai esclusivamente ai “sentimenti” della politica, più che ai principi di imparzialità e buon andamento, fragile e qualvolta isolata. Insomma una figura assente che si manifesta ormai come longa manus del vertice politico e come tale chiamata a rispondere delle risorse utilizzate in termini di consenso e non di efficienza ed efficacia, rendendo l’amministrazione permeabile a pressioni ed esigenze particolari. ( insomma ci si chiede se sia sufficiente A QUESTO PUNTO la presenza del solo amminstratore politico che si rapporti direttamente con il dipendente , almeno si risparmierebbe una bella cifretta)
La presenza di professionalità adeguate e qualificate rischia di rimanere circoscritta ed emarginata da un insieme di regole, comportamenti, politiche che pongono su un secondo piano la buona amministrazione e l’efficacia della spesa a favore di logiche formali, corporative e di basso consenso che contribuiscono quotidianamente ad accelerare il processo di crisi del settore pubblico.
La contrattualizzazione del rapporto del lavoro del 1993 e la privatizzazione della dirigenza miravano a valorizzare la funzione gestionale nel rispetto dei principi di efficienza ed efficacia, distinguendola dal processo di programmazione,indirizzo e controllo. Ma nei fatti è stata solo un impegno di spesa che grava nella pubblica amministrazione non poco.
La dirigenza tradizionale, non è certamente in grado di interpretare questo nuovo ruolo, riproponendo un modello burocratico di gestione e preferendo, di fatto, una valutazione “politica” alla valutazione sulle competenze e sugli obiettivi.
I tentativi normativi di riforma prodotti da oltre 30 anni hanno mirato ad una“managerializzazione” della figura dirigenziale tale da farlo divenire un "operatore di azienda che tira la carretta dove vuole il titolare" anzichè una figura di tutela del servizio pubblico.
Una competenza ed una preparazione idonea potrebbe compensare questa situazione di impasse in cui è caduta la pubblica amministrazione. Ma quando il Dirigente è incapace? ( e ce ne sono tanti poichè non spesso sono assunti senza alcun tipo di prova selettiva)
Come possiamo avere Dirigenti capaci?
La qualità della dirigenza, relativamente alla professionalità, all’autorevolezza e all’etica che ne caratterizza l’azione, dipende fortemente dalle modalità di selezione e dalle regole che governano la carriera e il conferimento degli incarichi.
A monte vi è, però, un problema di disegno e di individuazione delle posizioni dirigenziali negli ultimi anni create non in un’ottica funzionale ma per assicurare strutture a uomini di fiducia, al personale soggetto a revoca dell’incarico o a nuovi ministri o assessori. Il proliferare di tali strutture coniugato con un sistema di nomina poco selettivo ha compromesso ulteriormente l’autorevolezza e l’indipendenza di tale figura, soprattutto, come vedremo, rispetto alla gestione del personale.
La normativa oggi prevista prevede delle procedure concorsuali pubbliche a cui possono accedere i funzionari, spesso dello stesso Ente, e una procedura speciale di corso concorso riservata i migliori laureati adottata di rado. ( laurea specialistica ecc:)
Nella realtà i concorsi pubblici sono stati sempre meno frequenti e si è preferito attivare percorsi speciali, come le nomine a termine e i concorsi riservati a determinate categorie.
Un altro modo per controllare la dirigenza già nella fase del reclutamento e di “condizionarla” dal momento dell’instaurazione del rapporto è quello di procedere all’assunzione attraverso concorsi riservati, previsti da specifiche norme legislative o regolamentari. Si tende, in tal modo, a sottrarre alla concorrenza del concorso pubblico i “propri” dirigenti e funzionari, dando così un’immagine fortemente negativa della funzione e del sistema di governo della dirigenza.
Ma soprattutto il divario che si è creato tra le figure dirigenziali e l'intero apparato amministrativo che lo affianca risulta essere ingiustificato, dato il ruolo che ormai, di fatto , la dirigenza sta assumendo.
Non pare, però che vi siano in previsioni riforme per riconoscere tale discrepanza.
Insomma: coraggio, il meglio è passato.