venerdì 24 dicembre 2010

COMUNE DI VALENZA: BOLLETTINO DI INFORMAZIONE


Ieri il prof. Capra è venuto in ufficio per complimentarsi con noi per la nuova grafica del bollettino di informazione. Ha detto:
" Finalmente il bollettino è più chiaro e leggibile. Grazie"
E questo è solo l'inizio. Ciò che prende in mano il nostro ufficio riesce ad essere sempre meglio di ciò che era stato.
Una piccola prerogativa dell' URP di Valenza:
la professionalità.
Possiamo anche cambiare attività, ma in ogni caso faremo sempre le cose AL MEGLIO. ( e soprattutto meglio di ..)
Infatti il punto essenziale non è solo FARE ma
SAPER FARE BENE.
e per questo non basta l'assegnazione di una funzione
ci vuole altro.
bisogna onorarla.
non basta fare il baciapile


dopo questa digressione necessaria

ABBRACCIO TUTTI COLORO CHE MI LEGGONO
AUGURANDO LORO CHE POSSANO PASSARE
QUESTI GIORNI
ACCANTO ALLE PERSONE CHE AMANO.
GLI STRONZI AFFANCULO
( E NON E' PROPRIAMENTE UNA COSA NATALIZIA)
ma tant'è....

mercoledì 22 dicembre 2010

QUANNO CE VO' CE VO' : LETTERA AD UN COJONES

Adesso guarda bene 'sta foto perchè te sto a guarda' dritto negli occhi coi miei occhiali di Kriptonite , di quelli che te fulminano e te colpisco dovetusaibene perchè ci ho da ditte una cosa .
In tutti questi anni, nun crede' che non l'ho capito, che ci guardavi di sguincio, mentre noi si lavorava di lena e si mieteva successi a iosa, e tu ,mi ti immagino ,come ti rodeva lo stomaco e pensavi : " Aho' a sti' fiji de na' mignotta, che se possino ammazzalli , come cazzo faranno ad azzeccarla sempre, ad avere sempre tutto sto' successo, a riuscì a fa' bene ogni cosa ?che fanno come fossero Re mida che ogni cosa diventa oro ?"
Ed era vero : e tu te magnavi le dita dalla rabbia ma facevi finta di gnente ed intanto mugugnavi tra te e te, aspettando l'occasione bona per facce le scarpe.
L'occasione tè cascata tra le braccia, o meglio, noi te l'abbiamo regalata per Natale perchè c'eravamo rotti li cojoni di certa gente incapace a fare anche la più piccola cosa credennose er mejo de tutti e nun capì invece nu cazzo de gnente e tu, volpino da hosteria, ci sei cascato ed ora te pare de toccà er cielo con un dito e credi che te sarà semplice uguagliare du' pezzi da novanta come semo noialtri.
E te ce vojo proprio vede' a raggiungere i nostri risultati perchè, bello mio, non ci hai la stoffa per ave' successo, non ci hai le capacità, tu sei solo capace a leccare er culo di chi te lo porge , ma per il resto bisogna sapè usa' altri organi che nun se trovano in bocca . Quelli che ce servono in questi casi nun se trovano neppure tra le mutanne piegandosi a novanta gradi e quinni per te c'è poco da fa'.
Ah cocco de zia, te ce vojo vede' ad occuparti i giorni di festa e di pre - festa di lavoro, te ce vojo proprio vede' ad escogita' quarcosa di bono, che non ci hai la testa neppure per attaccà un quadretto. Perchè per inventà bisogna avere come minimo la creatività ed un po' di competenza professionale che alla scuola dei leccamerde ancora nun ce l'hanno messa come materia .
Insomma , bello mio, mentre noi ce ne staremo a casa nei uicchend ( o mejo ancora , in giro cor nostro campere) te te devi a mori' ammazzato de lavoro . E salutame tanto la signora che già me la vedo a casa da sola a grattasse' le pulci che macari sta pure mejo senza te tra i cojoni.
Devertete ora te, ah BBELLO!!!!. ma poi nun te venì a lamentà se la gggente nun sa nemmeno che cazzo stai a di' o a fa' e nun te tardisce neppure un po' ....e te se presenteno in quattro gatti ... come urtimamente!

domenica 19 dicembre 2010

LE CARENZE E LE RIVERENZE


Così sono in ferie.
Preparerò il mio camper e dopo averlo attrezzato di tutto punto e festeggiato il Natale, dal 26 Dicembre inizierò un lungo viaggio.
Dopo aver pensato per tanto tempo a fare bene il mio lavoro penserò a fare bene il mio pellegrinaggio.
Intanto domani, primo giorno di ferie, andrò ad una assemblea sindacale dei lavoratori indetta dalle R.S.U.
Il segretario provinciale alessandrino del PD , su face book, ( invece di presentare obiettivi e programmi) ormai invita solo ad un mantra collettivo per allontanare lo spettro di Berlusconi e non si capisce nemmeno se parla di calcio o di politica . Stasera D'Alema da Fazio ha già preparato l'omelia funebre alle primarie: non gli hanno mai portato bene, perchè dovrebbe mantenerle?
E poi il lavoro...
Ridicolmente speravo davvero che prima o poi ci potesse essere il riconoscimento di capacità e professionalità che il grigiore di vecchie nomeclature avevano impedito sinora. Ma era un sogno infantile, presto abbandonato. Non si trattava di politica, ma solo di riverenze. E quelle non le so proprio fare. malgrado siano di prioritaria importanza sia a destra che a manca.
Ora mi volgo ad altri orizzonti lungo la mia strada. So eccellere anche su sentieri di neve e ghiaccio. E' questo il clima che mi si confa. Ho comprato due tute felpate veramente carine e un paio di stivali da neve imbottiti e morbidi che non temono nulla. Mi attende una stagione ostile, ma mi sto attrezzando e non soccomberò.
Cosa potrei chiedere di più?

venerdì 17 dicembre 2010

IL DIPENDENTE MEGALOMANE: OVVERO NON MI CHIEDERMI COME MAI

E poi c'è ancora un particolare genere di dipendente che non esclude altre categorie , ma anzi, le rafforza e le completa. E' la figura di colui che ha la presunzione di essere capace di lavorare.

Il Dipendente Megalomane.

E' quello che, probabilmente in tempi lontani, avendo dovuto scegliere tra la morte e la profonda stupidità , sopravvisse e tuttora propera immancabilmente nei meandri degli enti pubblici.

E' il classico tipo sfisicato, emaciato, occhi torvi senza sguardo con l'espressione del mento bifido che tradisce la illusoria convinzione d'essere competente.

Non divide , nè condivide alcuna cosa fuorchè gli insuccessi: quelli sono degli altri che non hanno visto, che non capivano. I successi non ci sono mai , ma il dipendente Megalomane non è affatto turbato: basta andare in giro a rivendicare il buon esito del suo lavoro ed ecco qua che è bello che confezionato il successo.

Il Dipendente Megalomane è una specie di agenzia di sondaggi che comunica personalissimi dati di ascolto, una specie di questura che da i numeri tutti sballati dei cortei, una specie di bradipo che conta i propri passi credendosi una gazzella.

Lui mi fa ridere, perchè è convinto di contare molto nel grande gioco di società , invece è solo uno che annaffia i fiori nel giardino dei padroni e che il suo tempo consumato diventerà solo tappezzeria sbiadita e fuori moda. Anni 70: un orrore.

Povero caro, il dipendente Megalomane . Lo vedo col batticuore mentre nei corridoi e nelle agorà cerca di guadagnarsi a caro prezzo una visibilità da miserabile.

Ma come dice Oscar Wilde: " Riguardo ai poveri virtuosi si può avere pena di loro, ma non li si può certamente ammirare"

giovedì 16 dicembre 2010

LA VIOLENZA GENTILE


Nel post precedente ho affermato che " Gli Italiani sono refrattari alla violenza"

Lila mi ha ripreso vivamente " Gli Italiani non sono tutti non violenti" ed ha ragione. Per questo aggiusto il tiro e cerco di chiarire il mio pensiero.

Credo infatti che di violenza ce ne sia molta IN iTALIA: violenza verbale, violenza fisica, soprusi continui, prevaricazioni sottili, celate dietro un tono cordiale oppure coperte da un ruolo di potere e così via.
A queste violenze l'Italiano medio reagisce cercando di rimuoverlE come si trattasse di un fastidio irrilevante. Non le vuole riconoscere sperando che si trasformino in qualcos'altro, o, peggio, che possano volgere a proprio favore .

Perchè ribellarsi è faticoso. Perchè contrastare il male è estenuante e doloroso. Quando decidi di partire per una battaglia contro chi ti tiranneggia non puoi pensare di cavartela facilmente. Devi prepararti al peggio. Non devi sottovalutare l'avversario. Devi sporcarti le mani . Devi calarti nelle tenebre.

Chi persegue il male si allontana ogni passo da Dio.

Chi decide di ribellarsi alla violenza deve a sua volta prevedere di utilizzare una grande forza , di avere grande resistenza, una grande determinazione, perchè altrimenti, se non ne è consapevole è meglio che non si imbarchi nemmeno in questa avventura pericolosa.

Per questo, per questo, dicevo appunto, che la pigrizia dell'Italiano medio permette alla prevaricazione di prosperare, alla ingiustizia di diffondersi, al male di attecchire e germogliare nel mondo del lavoro, nella famiglia, nella politica, nelle scuole e nelle strade.

E poi , diciamolo: bisogna essere in grado di individuare l'ingiustizia. Bisogna saperla scovare e gridare all'Untore. Perchè l'ingiustizia si traveste in mille modi: può assumere le sembianze di una fanciulla dai lunghi capelli d'oro oppure di un uomo piacioso e Rassicurante.

Ma se incontri l'ingiustizia nella tua strada non puoi essere cortese cedendole il passo: devi affilare la spada e lanciare il tuo urlo di indignazione e di inizio battaglia. . AAAARGHHHHHH!!!!

Non puoi essere educata con chi ti infila un ombrello nel culo.
Mi consenta.

martedì 14 dicembre 2010

SOLIDARIETA' POLITICA


Adesso: ditemi. siete stati, in questi giorni, con il nodo in gola a chiedervi cosa mai succederà al Parlamento il fatidico 14 dicembre ? Vero eh?

Già lo vedo: all'ora di pranzo tutti che lasciano le loro sedi di lavoro, le fabbriche, le scuole, gli uffici per correre a casa e vedere la tivvù e sapere a chi la notte ha portato consiglio, a chi invece il pagamento del mutuo ed a chi (PER ORA) puRtroppo la notte non ha portato UN BEL niente e si deve arrangiare a scovare parentele adeguate.

Perchè noi italiani abbiamo veramente a cuore le sorti professionali di tutti quei numerosi deputati che sciamano all'interno del Palazzo alla modica cifra di € 10.000,00 mensili.

Siamo preoccupati: mica ci chiediamo, dall'alto delle nostre posizioni sociali e dei nostri stipendi di BEN mille euro, se ce la faremo a pagare la retta universitaria del figlio o le gomme consumate della nostra utilitaria. Macchè.

Noi siamo in apprensione perchè non sappiamo se Scilipoti, Callearo e similari potranno alla fine prendere ancora il loro ( meritato?) compenso per i prossimi quattro anni. In queste settimane si sono dati tanto da fare. Per legiferare? No. Figurati. Senza chiederci il nostro parere a riguardo ( eh sì che loro agiscono sempre in base alla volontà popolare) hanno chiuso la Camera e buonanotte. In compenso io sono andata in ferie. Ma solo per esprimere solidarietà nel modo più comprensibile possibile per loro. Mica per altro.

lunedì 13 dicembre 2010

MILANO - NAPOLI - PALERMO INDIETRO TUTTA

Allora, io amo Milano. Non so se è il carattere dei milanesi o una cultura radicata da secoli, ma mi piace il fatto che la domenica ci siano gli spazzini con le loro macchinette spazzatutto all'opera.
Mi piace che Milano reagisca alla crisi con lo sfoggio di luci e vetrine addobbate in modo sfarzoso ed allettante.
Su questo, cari napoletani, dovreste meditare profondamente.
Ho visitato Napoli in tempi, diciamo non sospetti quando ancora di spazzatura non si parlava. E ho visitato Palermo e Taormina due anni fa.
Ebbene, a Napoli alloggiavo in alberghi a quattro stelle ( ok, non mi facevo mancare nulla) E SOTTO LE FINESTRE DI QUESTI LUSSUOSI ALBERGHI NESSUNO RITIRAVA I SACCHI DI SPAZZATURA PER GIORNI E GIORNI.
A Taormina ALLOGGIAVO in campeggi altrettanto rinomati E mi ha colpito il fatto che, di fianco a locali di grande prestigio, fossero adagiati con grande noncuranza decine e decine di sacchetti di spazzatura. E sto parlando di Taormina.
Non possiamo far risalire tutto questo solo ad un problema di criminalità organizzata, poichè come ormai abbiamo capito, questa è presente anche in Italia settentrionale. E' una questione , diciamo di VIVERE in un ' ottica fatalista, in una cultura BASATA SULLA rassegnazione, sulla de- responsabilizzazione di alcune parti della nostra nazione.
Adesso qualcuno si offenderà, ma leggendo nei blog in giro di siculi e campani , trovo raramente che venga denunciato questo aspetto così grave.
Insomma, ci sono dei blogger non più giovanissimi, e quindi inseriti almeno cronologicamente nella sfera di quelli che fanno parte del mondo del lavoro ( anche se molti di loro a trent'anni suonati si considerano ancora "ragazzi" Mi chiedo quando mai saranno " uomini". Probabilmente hanno l'idea che le fasi della vita siano così ripartite: prima infanzia, infanzia, giovinezza, giovinezza, giovinezza, morte) che , vivendo in mezzo alla munnezza, si dilettano a parlare di filosofia e arti domestiche, dell'oscuro male di vivere e/o dell'amore , mentre sotto il loro naso la città è umiliata e negletta. Qualcosa dovrà pur significare.


Insomma, cari navigatori e poeti, cercate di aprire gli occhi ed alzare le braccia , organizzandovi in comitati, in associazioni, scrivete di quanto capita sotto la vostra casa : in cielo ci guardiamo dopo che in terra tutto è sistemato.

sabato 11 dicembre 2010

IL LAVORO E IL VOLO


Chi è maestro nell'arte del vivere distingue poco tra il suo lavoro ed il suo tempo libero, tra la sua mente ed il suo corpo, la sua educazione e la sua ricreazione. Il suo amore e la sua religione.
Con difficoltà sa cos'è cosa. Persegue semplicemente ciò che è la sua visione dell' eccellenza in qualsiasi cosa egli faccia, lasciando agli altri decidere se sta lavorando o giocando. Lui pensa di fare entrambe le cose insieme.
( Pensiero Zen)

ma poi ci sono coloro che non pensano mai ed eseguono automaticamente l'ordine impartito, questi a lungo andare danneggiano la comunità.
Un noto manager italiano ha detto durante un 'intervista:
non mi circondo mai di yes man perchè voglio il confronto e il miglioramento nella mia ditta, non lusingare il mio ego.

mercoledì 8 dicembre 2010

IL DIPENDENTE CHE NON JA FA DA SOLO


Il dipendente che non ja fa da solo ha bisogno dell'apporto di numerosi altri dipendenti tra le varie categorie: " inutile", " incazzato", " tremens" " raccomandato " e così via.
Perchè il dipendente che non ja fa non riesce a portare a termine alcun compito con le sue sole forze fisiche e/o intellettuali.
Per esempio, per allestire un qualsivoglia evento, invece di mettersi lì a comporre nero su bianco le varie possibilità sceniche, per poi mettere in pratica il lavoro pensato ecco che chiama a rapporto, operai, cantonieri, magazzinieri, elettricisti, scenografi, dirigenti e quant'altro, per lavorare ad un' opera che per realizzarla sarebbe bastato solamente mettere in funzione un proprio cervello (ammesso che sia stato funzionante.)
Non è raro, quando ti imbatti in un dipendente che da solo non ja fa , trovarsi in mezzo ad una marea di tecnici, operai, impiegati, architetti , tutti intenti a risolvere una sola questione, impegnando così tutte le risorse economiche e cerebrali a disposizione dell'ente.
Tu che, invece, non hai mai chiesto aiuto ai colleghi quando dovevi realizzare grandi manifestazioni e nè quando dovevi mettere a punto scenografie per essere ammirate da migliaia di cittadini, hai un moto di compassione verso il dipendente che non ja fa , vorresti dargli una pacca sulla spalla e fargli coraggio, sempre che in mezzo a tutta quella folla di operatori tu riesca a individuarlo perso com'è nel fondo del fondo di un progetto che non gli appartiene per niente e di cui , probabilmente, rivendicherà la paternità.
Alla fine non lo fai perchè non vuoi togliere al dipendente che non ja fa , l'illusione di aver operato con tutte le sue intellettuali for,ze ad un grande momento utile alla storia della città.
Ma , in cuor nostro, facendo i conti di quante risorse umane sono state impegnate, di quante ore sono state spese, di quanti cervelli sono stati chiamati a raccolta , di quante braccia hanno spostato, trascinato, trasportato, sollevato pesi e idee ci si chiede se alla fine il rapporto qualità / prezzo sia stato realmente equilibrato, oppure il sovraccosto era l'inevitabile conseguenza dovuta al fatto di aver assegnato l'incarico al dipendente che non ja fa. Che non ja faceva proprio da solo. Amen

martedì 7 dicembre 2010

VALENZA.....


la foto è di Cinzia Garbi. per poterla estrapolare dal blog è necessaria l'autorizzazione dell'artista

sabato 4 dicembre 2010

VARIGOTTI. UNA CITTA' CHE SI APRE AL MARE







Varigotti è un piccolissimo paese, frazione di Finale Ligure. caratteristica è la sua spiaggia composta da sabbia finissima, a differenza dei paesi limitrofi dove le spiagge sono di sassi. Altra caratteristica è la chiusura al traffico del paese composto da vie lastricate da ciotoli del colore tipico ligure ( SENAPE)
Il paese, benchè piccolo, ispira un senso di grande libertà essendo completamente aperto verso il mare da dove ,volgendo lo sguardo verso l'interno, vediamo ergersi gravi e massicci gli appennini imbiancati.
Antonella è in ferie per cinque giorni.

mercoledì 1 dicembre 2010

IL POTERE INCOMPETENTE NON VIVE SENZA LA SUA CORTE

Nel mondo del lavoro troviamo due figure che sono una l'antitesi dell'altra:
il cortigiano e l'uomo libero .
La libertà, naturalmente, non è intesa nel senso di fare ciò che si vuole o come un' azione persistente in una società senza regole :la libertà in questo caso è l'espressione creativa di se' , la capacità di organizzare il proprio talento e di metterlo al servizio dello sviluppo culturale della società.
La libertà è intesa come necessità dell' essere umano di potersi realizzare nelle proprie competenze ed aspirazioni.
Il cortigiano, invece, non è una persona libera: è in balia del potere/padrone, non ha voluto sviluppare alcuna competenza e quindi è un incapace perchè è solo rivolto a compiacere il capo ed a servire chiunque eserciti in quel momento il potere.
L'uomo libero non si riconosce perchè ha successo. Infatti generalmente è relegato a ruoli secondari.
Si riconosce per quell'aureola di forza e temerarietà che sembra attraversare la sua immagine.
L'uomo libero viene temuto da chi non ha avuto lo stesso coraggio. Viene allontanato e si ascolta malvolentieri. All'uomo libero si impedisce di interloquire con gli altri. Ma non tanto perchè le sue parole possono far danno. No, soprattutto perchè le sue parole risuonano quale ancestrale rimprovero nel profondo della coscienza di chi, per codardia, ha soffocato la propria dignità e la propria libertà.
Non riesco a intravedere un futuro di pace per l'uomo libero perchè non è in grado di coesistere con la presenza del cortigiano. Il cortigiano è fisso al presente: la sua cultura è dedita allo sforzo di " stare a palazzo" ad una politica basata sull'individualismo e sulla furbizia. Sull'intrigo e il soliloquio chiassoso.
Il cortigiano deve essere incompetente: non c'è spazio per qualsivoglia iniziativa personale: il cortigiano non agisce, ma ubbidisce: serve perchè deve occupare il posto che formalmente è in organico. In modo che altri lo possano amministrare e conservare, così, una parvenza di gestione democratica.
I cortigiani sono intermediari del potere. La cortigianeria porta con se' un 'idea di una società infetta, autoreferenziale, senza coraggio e senza una spinta che possa portarci in un futuro nuovo fatto di progetti, di capacità e di scelte dignitose per chi lavora .
L'uomo libero crea problemi , in una società così. E' fastidioso, scomodo e irritante.
Per questo la vita per l'uomo libero di questi tempi è molto dura.
Coraggio!

martedì 30 novembre 2010

UN POST/UPIDO


E' così, credetemi: alla fine di una giornata densa di scene inenarrabili ( soprattutto per la mediocrità delle comparse e la scandalosa pretenziosità gerarchica delle dinamiche relazionali venutesi a creare) si raggiunge almeno qualche consapevolezza:
che non ha senso chiedere ad una pettinatrice se per caso hai bisogno di un nuovo taglio di capelli, ( a proposito. bel taglio il mio, no?)
che non si chiede mai ad un commerciante se ha fatto un buon prezzo,
che non devo chiedermi nemmmeno se chi prende il triplo del mio stipendio ha per caso il triplo della mia intelligenza o invece ne ha un terzo.
ma soprattutto mi sono rassegnata davanti ad una grande verità:
È difficile volare con le aquile quando lavori coi tacchini.
adesso chiedetemi perchè ci sono tanti tacchini e pochissime aquile : questa è facile.
Se sei già sul pavimento non puoi cadere.

e la paura di cadere è più forte della voglia di elevarsi.
Per questo.

IL SERVIZIO PUBBLICO CHE VORREI

Il comune che vorrei non aspetta le petizioni dei cittadini che chiedono di sistemare le panchine divelte, lo fa come manutenzione ordinaria.
Il Comune che vorrei non perde di vista ciò che il suo ruolo rappresenta ossia una funzione di servizio pubblico rivolto alle persone che abitano la città .
Il Comune che vorrei non spreca le risorse umane presenti all'interno dell'ente ma se ne serve per poter adottare progetti diretti al miglioramento della vita della comunità.
Non mortifica il lavoratore negandone le capacità e le professionalità che gli sono proprie e che sono qualità essenziali per un buon andamento del servizio.
Perchè chi amministra un Comune non ne è il padrone, ma il servitore solerte che risponde del proprio operato alla comunità .
Il Comune che vorrei è amministrato da persone che non dimenticano nemmeno per un momento che stanno gestendo i soldi versati nelle casse comunali dai cittadini affinchè siano utilizzati al meglio per il bene pubblico e non per scopi personali
Nel Comune che vorrei non si sviliscono le professionalità a causa di invidie o di paure, ma si utilizzano e si ottimizzano gli sforzi comuni per un programma rivolto all'interesse della gente.
Perchè nel Comune che vorrei si sa perfettamente che tutto ciò che adoperiamo non ci appartiene e non serve per mettersi in mostra, per esibire le proprie vanità o per sfogare le proprie voglie di notorietà, ma è solo un mezzo che permette alla comunità di vivere in una città vitale, forte, accogliente , trasparente e libera.
Nel Comune che vorrei non si minaccia, non si umilia, non si allontana la gente, non si ignorano i lavoratori, i bambini, i vecchi, ma si ascoltano, si incontrano per confrontare le opinioni, le necessità, le esperienze, le competenze, le speranze.
Nel servizio pubblico che vorrei.



Ringrazio tutti quelli che mi hanno scritto. Anche chi ha scritto mail . ho deciso di esserci e darmi da fare

lunedì 29 novembre 2010

LA VITA DURA DEI POLITICI


Che vita dura questi politici! i giorni festivi o pre - festivi sempre a tagliare qualche nastro inaugurale cercando di prepararsi un discorsetto credibile su come sarà fantastica la ripresa.
E in queste occasioni, chissà che fatica cercare di fare la faccia più rilassata possibile, soprattutto quando parte il flash del fotografo! E le rughe.. queste maledette rughe che cominciano a essere visibili. il mento che cade, le guance che cedono, le palpebre ruvide, la fronte aggrottata..
Già dal mattino della domenica , il politico di turno cerca di prepararsi per essere presentabile, cordiale, simpatico, amabile. E poi che fatica cercare di sorridere a quel tipo della stessa coalizione che vuole farlo fuori, quello che non vede l'ora di assistere ad un passo falso per poter sedersi allo stesso scranno!
Allora, quando lo incrocia vorrebbe pestargli il piede con lo stivaletto taccato a spillo, invece niente. Come fosse un caro amico subito gli elargisce sorrisi e bacini, abbracci di rito e frasi adulatorie per cercare di imbonirselo un po'.
Intanto la domenica è passata. E lunedì si riprende la battaglia per rimanere in sella. Ed è così difficile soprattutto per chi non sa fare niente di niente. E' come una roulette russa. Riuscirò ancora oggi a darla a bere?
Che vita stressante!
E poi , una volta che il politico è stato defenestrato che rimane di lui? Delle strette di mano, dei complimenti , delle defererenze che gli venivano concesse? Nulla. Cammina per strada e qualche vecchio è anche capace di lanciare un : " ladro!" nella sua direzione. E, PURE se a casa custodisce davvero un bel gruzzoletto ...triste e solo rimpiange persino i flash impietosi nella sua pelle raggrinzita. E mentre cammina, a testa bassa , si duole di non essersi assicurato, ai tempi d'oro, un posto nella pubblica amministrazione , magari come custode dei giardini pubblici!

sabato 27 novembre 2010

IL DIPENDENTE RACCOMANDATO


Il dipendente raccomandato ha SVARIATE PROVENIENZE. C'è il dipendente assunto con un concorso pubblico ed il dipendente già assunto e promosso ad altro incarico.
Il Dipendente raccomandato assunto con concorso pubblico è facilmente individuabile. Come? Direte voi. Semplice: basta scorrere l'elenco dei requisiti necessari per partecipare al concorso in questione.
Di solito il bando di concorso recita così:
1) requisito: ( se il dipendente è già all'interno dell'ente da 125 giorni) aver prestato servizio all'interno dell'ente presso quel determinato ufficio e in quell'apposita scrivania per esattamente 125 giorni .
2 )requisito: avere esperienza specifica di utilizzo cavapunti azzurrina in dotazione del servizio specifico.
3) requisito: essere alto 1.75 ed avere i capelli brizzolati vicino alle tempie
4) pesare specificatamente Kg 74,28.
A questo punto l'ultimo requisito che potrebbe essere quello di chiamarsi Enzo Scalcabarozzi molte volte è ritenuto superfluo, ma in alcuni casi , quando il raccomandato mostra irrimediabili e troppo evidenti carenze culturali , diventa necessario inserirlo come ultima clausola sine qua non.

Per quanto riguarda il dipendente raccomandato già in servizio nell'ente, (ma che si vuole elevare ad altro ed alto grado) il discorso si fa più semplice.
Basta inventarsi un nuovo incarico estrapolando un'attività inserita all'interno di un ufficio tipo: la catalogazione dei timbri da innovare e.. .. voilà: ecco un nuovo ruolo ed un nuovo posto di comando da assegnare al dipendente già lacchè oppure già dipendente inutile, ma solerte alla posizione dei 90°, già dipendente tremens, ma mite e accomodante a chiudere non un occhio ma ambedue gli occhi e la bocca e persino il cervello alla bisogna e senza vergogna.

Ma la cosa più stupefacente è il fatto che il dipendente raccomandato è uno dei pochi casi di fenomeno bi - partisan: collocato in illo tempore da una fazione politica, una volta verificatasi l'alternanza, quella che gli succede non ha nessun interesse a rimuovere il raccomandato, poichè questo è già pronto a chinare il capo ed a porgere le terga anche al nuovo arrivato purchè potente e senza alcuna velleità di far valere veramente la grande opportunità che potrebbe essere per il cittadino il servizio pubblico.
Peccato. Peccato. Peccato
Punto.

venerdì 26 novembre 2010

IL DIPENDENTE TREMENS


Il dipendente tremens ebbe origine nella notte dei tempi quando mosse i primi passi l'Homo sapiens. In effetti il dipendente tremens si rivelò al mondo appena nacque il primo incarico di lavoro. La caratteristica del dipendente tremens è la paura.
La paura spesso obnubila il cervello e spinge l'essere umano a commettere azioni inconsulte. E poi con la paura è difficile combattere perchè come diceva il buon Manzoni : " il coraggio se uno non ce l'ha non se lo può dare."
Il dipendente tremens ha paura di esprimere la propria opinione, ha paura di opporsi al potente di turno, ha paura a informare sugli eventuali danni che possono causare dei comportamenti impropri o la realizzazione illeggittima di atti amministrativi.
E proprio per questo il dipendente tremens arreca enormi disagi ai colleghi ed al buon funzionamento della pubblica amministrazione.
Spesso il dipendente tremens,per ovviare alla sua condizione,cerca di trasformarsi nel dipendente lacchè, ma non fa che peggiorare il suo ruolo e soprattutto il servizio.
E cosa dire del dipendente tremens quando annette alla sua già compromessa anomalia la caratteristica del dipendente inutile e del dipendente lacchè? Non possiamo che avere pietà di lui . E confidare nella di lui cessazione di attività per raggiunti limiti di età. Amen

giovedì 25 novembre 2010

IL DIPENDENTE PARENTE


Il dipendente parente è convinto che la struttura pubblica dove lavora sia come una grande famiglia: non esistono leggi e/o regolamenti scritti perchè , secondo lui, tutto viene risolto attraverso una bella pacca sulla spalla e via. L' autorizzazione scritta? E' segno di grande sfiducia e tra membri della stessa grande famiglia questo atteggiamento diventa un'onta imperdonabile.

La parola chiave è: fiducia , fiducia ed ancora fiducia. Proprio stamani uno di loro , ad una mia richiesta di visionare un'autorizzazione ( dato che s'era guardato bene di occuparsi della stesura della pratica in oggetto ) mi ha chiesto con le lacrime agli occhi: " Ma non ti fidi di me? " Angioletto....come se la pubblica amministrazione fosse basata sul "pourparler ",
In questo modo, poi, il dipendente parente si risparmia un sacco di lavoro. Niente richieste scritte, niente moduli da compilare, niente rilascio autorizzazioni scritte. Tutto gratis et amore Dei.
E soprattutto se per caso le cose si mettono male può sempre dire: " Autorizzazione?! Io non l'ho mai rilasciata!"

Il dipendente parente è una malformazione del dipendente inutile: SA FARE MENO E MOLTO PEGGIO.

Quello che lo distingue dal dipendente inutile però è il fatto che il dipendente parente almeno non lascia traccia. " Balle volant scripta manent "COME DICONO I NOSTRI STUDENTI. E lui , questo motto, l'ha messo in pratica da quando è stato assunto.
Ma voglio essere onesta: il dipendente parente ha almeno un pregio: le motivazioni che presenta per spiegare perchè mai non segue le normative ( che prevedono inevitabili atti scritti e rilascio documenti ai sensi di quella e di tal 'altra legge) , sono tamente intrise di patetiche rivendicazioni di affetto filiale che ti viene su in gola un fiotto DI CALDA TENEREZZA VERSO DI LUI talmente sconvolgente che sei tentata di fargli un buffetto sulla guancia. E mandarlo a letto senza l'ipod, però. . Gioia di mamma tua.

mercoledì 24 novembre 2010

MOBBING: UN FENOMENO IN CRESCITA


RIPORTO UN ARTICOLO DI OGGI:

Con il termine " Mobbing" si indica uan serie di comportamenti violenti (abusi psicologici, angherie, vessazioni, emarginazione, umiliazioni, maldicenze, illazioni) perpetrati da parte di superiori e/o colleghi nei confronti di un lavoratore, prolungato nel tempo e lesivo della dignità personale e professionale nonchè della salute psicofisica dello stesso .

La Commissione europea ha introdotto alcune misure per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori.

La direttiva 89/391 del Consiglio del 1989 contiene le disposizioni di base per la salute e la sicurezza sul lavoro ed attribuisce ai datori la responsabilità di garantire che i lavoratori dipendenti non soffrano danni per colpa del lavoro, anche come conseguenza del mobbing. Tutti gli Stati membri hanno recepito questa direttiva nel loro ordinamento ed alcuni hanno anche e hanno anche elaborato delle guide sulla prevenzione del mobbing.


Nella scelta tra procedimento penale e/o civile ( causa di lavoro, risarcimento del danno biologico) preferite dapprima il procedimento civile ( causa di lavoro, risarcimento per lesioni personali). La durata di una causa di lavoro è lunga: anche in caso di vittoria di primo grado aspettatevi da parte dell'azienda un ricorso in appello.

Il lavoratore, per ottenere il risarcimento da mobbing, deve dimostrare il collegamento della malattia con una pluralità di comportamenti che si inseriscono in una precisa strategioa persecutoria posta in essere dal datore di lavoro al fine di isolare psicologicamente e fisicamente il lavoratore ( danno mobbing) Il mobbing può manifestarsi tramite rimproveri continui anche su banalità , sottrazione di incarichi di lavoro, o inversamente un carico di lavoro eccessivo che non permetta al dipendente la possibilità di portarlo a termine. ( è capitato che un datore di lavoro faceva ri - scrivere 50 volte una stessa lettera e tutte le volte correggendone una parte)

La persecuzione è stata messa in pratica da colleghi della vittima , in questi termini è stata riconosciuta in Cassazione nel 2005.

E' opportuno che la vittima abbia a propria disposizione una documentazione che attesti il disagio. ( Consiglio: scrivete tutti i giorni cosa vi dice o vi fa chi vi sta praticando il mobbing)

E cercatevi un buon avvocato del sindacato o di vostra fiducia.

( tratto liberamente da un articolo di Olimpia Criscuolo)

lunedì 15 novembre 2010

MILANO, IN FONDO A SINISTRA


Così c'è ancora chi sfida la pioggia, la nebbia e il cielo plumbeo perchè crede nelle primarie del Partito Democratico

A queste primarie vi è stato un afflusso di 67.500 persone, un po' meno rispetto alle primarie del 2006 quando avevano votato 86.000 persone. Ma la cosa che dovrebbe far pensare il partito democratico è il fatto che, da quando ci sono le primarie, difficilmente vince un rappresentante del partito democratico, ma spesso, se non sempre, un rappresentante dell'estrema sinistra. Questo significherà qualcosa?

La confusione nasce con la fusione. Tra due storie tanto diverse da risultare evidentemente non assimilabili. Ricordate le "convergenze parallele" di Aldo Moro? Convergenti sì, ma sempre parallele: mai unite in un'unica linea retta. I piccoli chimici dei Ds e del Pp, eredi dei grandi partiti PCI e DC hanno sbagliato i propri conti. Il problema è che non se ne sono ancora accorti oppure non vogliono ammetterlo.

Il guaio è che il Partito democratico si ostina a volersi identificare con un centro DOVE non ci sono i suoi elettori e dove questi non si riconoscono affatto. Ma loro: niente. Volevano stare in centro, a costo di perdere voti. Ed infatti l'hanno persi, i voti. Molti. Adesso che il centro è stato occupato dal gruppo FiniCasiniRutelli dove diavolo si metterà il Partito democratico? Il " Sopra" è già occupato da Grillo: non c'è proprio più scampo: l'unico posto libero è in fondo a sinistra, ma bisogna lavarsi le mani, prima, come nelle toilette dei grandi alberghi.

venerdì 12 novembre 2010

DA QUEL MOMENTO INIZIA LA MARCIA


Potresti farlo. Lo hai fatto tante volte e sei capace. L'hai già detto.
Alcune volte ti sorprendi ad usare i modi ed il tono . Alcune volte stai zitta e ti pare di cambiare marcia. Ti pare Di usare una marcia più bassa. Di rallentare la veemenza . Senti il motore che sfrigola nella frenata e poi s'adatta alla nuova andatura. Piano, piano. Un'andamento lento. Da passeggiata. Consumi pochissima energia.


Non ti mostri e non ti riveli. Con la mano nascosta dietro la schiena accarezzi la bestiolina selvatica e la tieni a cuccia. Poi sorridi e cerchi d'essere rassicurante. Potresti ancora farlo, lo fai e ti senti ridicola. Perchè non ti interessano più gli uomini che si fanno irretire da un sorriso e da una bella coscia.

Non ti interessano più gli uomini che si fanno sedurre da uno stile lezioso. O da allusioni lascive. Per questo hai uno stile lezioso. Per questo fai allusioni lascive. Per questo adoperi apposta il portamento mansueto e le maglie aderenti. Adoperi la gonna nera e l' espressione consueta : " WOW ! sei molto amabile"

Di solito è questa la frase di rito. Ancora adesso lo fai come d'abitudine. E lasci a fior d'acqua la tua piccola esca come se non fosse un modalità di comportamento predisposto, ma fosse il tuo temperamento naturale. Eppure, si sa, non è mai un temperamento quello che vuole depredare o confermare il potere, ma è la politica della prevaricazione che può trasformarsi in un costume sociale. In una modalità di interazione. Oppure come per te, una verifica del criterio altrui. Una prova di grande talento.
Il tuo.

Succede spesso. E la tua voce è suadente. la tua voce è salottiera . La tua voce è avvolgente e leggera. Allora, solo allora, gli uomini si rilassano. Non hanno davanti una fiera, ma solo una consueta signora di provincia.

Ingenui.

Quando ormai tutto pare disposto, all'improvviso, ti liberi di tutti i tuoi VELI , getti la maschera e riveli la tua anima. Svegli il vigore sedato. Il motore riprende corpo ed il corpo riprende velocità. Ti pare d'avere i polsi d'acciaio. ti pare d'avere il cuore indomito. Pulsa ferocemente. E' in quel momento che inizia la danza. E' In quel momento che si erge forte e potente la tua mirabile musica.

giovedì 11 novembre 2010

IL DIPENDENTE INCAZZATO

Il dipendente incazzato è un' evoluzione del dipendente rassegnato, ossia segue fino ad un certo punto lo stesso processo di crescita del dipendente rassegnato per giungere ad una straordinaria metamorfosi : quella del dipendente incazzato.
Il dipendente incazzato non è un super man e non è neppure una wonder woman, anzi, è spesso debole, stanco, avvilito, umiliato. Ma proprio per questo, perchè malgrado tutto non dimentica di essere un servitore dello Stato sente che non può rassegnarsi, che non può lasciare che vinca l' autocrazia, la prevaricazione del forte sul debole, il disconoscimento del diritto a favore dei soprusi, la prepotenza del potente, la vittoria dell'ingiusto sul giusto Per questo studia, si informa sulle leggi, sulle normative, le fa sue , le rispetta, le tutela, da loro voce fino a che le sue possibilità glielo permettono.
Ed è per questo, sì proprio per questo , perchè esistono ancora uomini e donne che non si arrendono alle minacce, alla paura di essere calpestati dalla forza dell'arroganza, dalla prepotenza dei tiranni, proprio per questo amo il lavoro che faccio : ossia quello d'essere al servizio della comunità. Della Democrazia. Della Legge.
E fanculo chi lo intende in altro modo. Và.

mercoledì 10 novembre 2010

IL DIPENDENTE RASSEGNATO


Eccolo qua il dipendente rassegnato: ha già almeno una decina di anni di servizio. Lo riconosci sin da quando timbra il cartellino: arriva con passo lento, lo sguardo fisso, saluta i colleghi con un mezzo sorriso, compra il giornale, prende il caffè in compagnia di uno o due colleghi preferiti, scambia quattro chiacchiere con i passanti ed infine entra nel suo ufficio. Voi che lo vedete così metodico e langue non crediate che sia sempre stato così: un tempo giungeva in ufficio almeno dieci minuti prima e subito si affrettava a controllare le pratiche urgenti, quelle inevase, quelle già intraprese e smaltiva velocemente il suo lavoro. Controllava la posta, chiamava il messo e se non rispondeva lo richiamava fino a che non ne veniva a capo ancora e così via. Ma la vita, come si dice ci è maestra ed è da lei che infine dobbiamo apprendere il comportamento più funzionale da adottare.

Il dipendente rassegnato, un tempo , si appassionava molto, non dormiva neppure la notte per cercare di risolvere certe difficoltà che aveva incontrato durante uno dei suoi lavori. Cercava di definire presto la pratica in corso per potersi occupare di quella successiva e così via. Fino a che non è successo che, malgrado lavorasse tanto e bene, veniva convocato dai grandi capi per spiegare come mai aveva usato la biro nera invece che la blu, come mai aveva salutato prima Gino invece che Vittorio , come mai non aveva acceso la luce prima di accendere il pc e finiva, appunto per perdere tutta la sua giornata a disquisire su queste piccole cose che non avevano niente a che fare realmente sull buon andamento del servizio se non come diaspore infinite.

Il dipendente rassegnato è quello che, in tempi storici, dava tutto se stesso.

Era l'impiegato amato dai cittadini , quello al quale si rivolgevano per risolvere le piccole incombenze di servizio, quello che rappresentava l'immagine operosa della pubblica amministrazione e della città , insomma l'impiegato rassegnato , un tempo era stato l'impiegato modello quello che si potrebbe definire " L'uomo giusto al momento giusto".

Ma proprio per questo non era amato nei piani alti. Dava l'idea di essere il migliore, il più bravo e toglieva visibilità a chi aveva fatto tanto per ottenerla ossia : a chi abitava le stanze del potere: colui che che s'era fatto i cartelloni pubblicitari per giungere sin lì e che ci teneva terribilmente a non perdere la leader ship acquisita.

A poco a poco l'impiegato giusto veniva isolato, denigrato, umiliato, lasciato senza lavoro oppure incaricato di servizi tanto inutili quanto svilenti, veniva rimproverato per un nonnulla, messo in condizione di sbagliare, intimorito, ignorato, bistrattato fino a renderlo un impiegato come gli altri: finalmente inutile ed anche noioso, rassegnato, pigro e assenteista ossia l'impiegato che nessuno poteva prendere ad esempio: il classico dipendente di ente pubblico.

Ma non crediate che la sua sia una vita d'inferno: affatto. L'impiegato rassegnato si è trovata la sua dimensione alfine ideale: svolge i suoi piccoli incarichi senza senso , organizzandosi le ore lavorative in un susseguirsi di momenti tranquilli e piacevoli che gli permettono di giungere alla fine della giornata.

E' riuscito ad elaborare la sua funzione ed a dare la giusta calibratura tra esistenza e lavoro, tra crescita culturale e posizione organizzativa. Ha compreso che il lavoro nobilita ma la propria vita è quanto di più importante esista. Non è egoismo ma realismo e soprattutto istinto di sopravvivenza.

Non abbiate pena per il dipendente rassegnato: in fondo lui è felice , ha trovatol'unico sistema che gli permette di sopravvivere in questa nostra società di affaristi e ruffiani.

martedì 9 novembre 2010

IL DIPENDENTE LACCHE'


Come farebbero certe alte cariche, quelle incompetenti e impreparate, senza quel continuo alito di fiato pressante e determinato degli adulatori ? Diciamolo sinceramente: un minimo di atteggiamento complimentoso fa piacere a tutti, anzi, con me usatelo pure, non mi offendo. Ma una cosa sono gli incoraggiamenti, le pacche sulle spalle , la disposizione alla collaborazione e un'altra sono le smancerie gratuite, quelle che cominciano quando arrivi e finiscono quando te ne vai.

Eppure il dipendente lacchè va per la maggiore: piace molto e ha successo.
Il dipendente lacchè, qualsiasi cosa succeda, sta sempre con chi vince. Non è facile riconoscerlo, ma dopo un po' che lavori nella stessa ditta o ente pubblico non fai fatica ad individuarlo.
Questo, di solito, ha un atteggiamento salottiero, si intrattiene spesso nel corridoio e cammina avanti ed indietro come se stesse facendo qualcosa. In realtà è solo appostato, stile avvoltoio, in attesa che giunga il potente di turno. E allora è in quel momento che da sfoggio di tutte le sue arti scandalosamente manierose, gli corre incontro ed è già disposto ad assecondare ogni suo desiderio che sia da portare un bicchier d'acqua o scartargli una caramella alla menta.
Il dipendente lacchè è capace a riverire, ostentare ammirazione incondizionata, a lodare ogni espressione del suo volto, ogni anelito del corpo e persino (ve lo posso garantire perchè ho assistito in prima persona a tale dimostrazione di deferenza) persino a togliergli il cappotto dalle spalle: operazione di se per se' difficile da fare da soli con un ruffiano alle spalle. E' una cosa che il potente di turno non sa mai fare da solo, quando si trova a cospetto di un dipendente lacchè.

Lui , il dipendente lacchè, gli si pone alle spalle e con gesto sfacciatamente disinvolto gli sfila il cappotto e glielo compone con attenzione estrema, con cura scrupolosa nel suo apposito appendiabiti. Poi lo intrattiene con storie fantasiose sulle vicende private di quello o quell'altro dipendente oppure di come lui abbia passato la giornata per finire col chiedergli se ha bisogno di mangiare o bere.
Intanto le ore di lavoro passano, il potente di turno così assediato e così assecondato non ha potuto lavorare, capire, imparare, ma si è sentito molto bene, molto apprezzato, molto amato, riverito, servito, incensato e questo non fa che alimentare la sua sete di ammirazione e devozione. Questo principio di essere si trasforma in una specie di ingranaggio triturante: più sei adulato e più ti senti meritevole di ricevere adulazioni . Più te ne senti meritevole e meno riesci a comprendere i tuoi errori poichè non li vedi , non vuoi vederli, essendo ormai certo d'essere come gli altri vogliono farti credere che tu sia. E' così che da ciò che poteva divenire un ipotetico buon manager si costruiscono demeriti e arroganti decisionisti dell'ultima ora che ti mandano a rotoli ditte di buon nome o enti pubblici virtuosi.
Ma il dipendente lacchè non ama mai chi lusinga: fa tutto questo solo perchè non sa lavorare e si è accorto di come l'essere umano sia così sensibile ai complimenti da riuscire a fare a meno persino di gente che , invece, lavorare sa.Oh cari superiori, diffidate di chi non riesce a farvi una benchè minima critica ! Accogliete chi si confronta con voi e vi rispetta come uomini imperfetti ma capaci di crescere e di superarvi nelle opere e nelle virtù.

lunedì 8 novembre 2010

IL DIPENDENTE INUTILE


C'è un aforisma sul lavoro che mi piace ricordare sempre , è questo:

" Il 50% dei dipendenti pubblici si sentono inutili, il restante 50% lo è ."

Sicuramente nell'ambiente lavorativo si trovano molti personaggi con caratteristiche quasi macchiettistiche . Per esempio si può trovare la figura dell' " l'impiegato inutile." Ma vi sono tante altre figure di cui scriverò diffusamente in altri post.


Nella vostra vita lavorativa, chissà quante volte v'è capitato di incontrare il classico tipo DELL'IMPIEGATO INUTILE.


Ossia il tipo che ti ritrovi chissà come, o meglio, per una serie di circostante fortuite (per lui , un po' meno per gli altri,) a interagire con te senza riuscire a evitarlo, a deviare la tua strada dalla sua, senza poter far finta di vederlo, con cui devi insomma in qualche modo interloquire.


Capita a tutti prima o poi, non c'è scampo. Questo tipo è simile a quello che per anni ha spostato pratiche da un posto ad un altro ed ora che fa qualcosa di diverso, cioè un lavoro da penultimo, lo sorprendi a definirsi un Pi - erre, uno che cura, insomma, le public relations ma non capisce una mazza, non ha competenza di nulla, non ha nuove idee , le vecchie le ha dimenticate, non sa parlare e scrive anche peggio, è disordinato e confuso.

Il brutto è che ne è pure un po' consapevole ed allora cerca di mascherare la sua inefficienza con tutta una serie di operazioni, tra i quali quello di insabbiare i dettagli importanti o di girovagare con gli occhi vagamente scandalizzati per confondere le acque, o ancora di rispondere a monosillabi o non rispondere per niente, tutte cose che pregiudicano alla fine il risultato positivo di un lavoro.

Dice: " io l'ho detto! " come se la gestione del lavoro fosse un " pour parler" in corridoio e che la comunicazione scritta fosse un optional.

E' quello che, per tanti anni , vissuto come in una campana di vetro, protetto dentro un batuffolo rosa di protezioni amiche , quando gli amici se ne vanno , si ritrova davanti alla realtà crudele, maledice il destino elettorale, e si indigna pure di come la vita sia dura e che alla fine bisogna anche lavorare un po'.

E' quello che cerca di ovviare a queste nuove incombenze non con un forte impegno o con una rivoluzionaria dedizione al lavoro, ma con un operazione di sottile e strisciante cortigianeria all'indirizzo del capo di turno.

Dice: " Chi fa sbaglia. " quando gli fai notare una grossa incongruenza, come se fosse un argomento pacificatore. Ma quello che si sbaglia è soprattutto lui che associa l'azione all'errore come fosse un conseguenza biologica INEVITABILE.

Capita , allora, che ti viene voglia di incazzarti, che vorresti dar fuori, ma poi tu, che sei ancora presa da tutte le tue ansie esistenziali , che vivi di dubbi e di guai, tu, che ti chiedi sempre se fai bene a fare come fai, che cerchi di condividere e cerchi di partecipare ai grandi progetti , ti convinci di come sei stata fortunata ad inciampare in una persona così e che per te tutto questo può rivelarsi una terapia d'urto.

Ti dici: " Allora non sono la peggiore in questa terra" e riesci persino a trovare quei suoi modi inutilmente arroganti quasi necessari perchè tu possa apprezzare le piccole gioie della vita ( come una giornata senza la sua presenza)e come alla fine il bene possa emergere in tutta la sua potente energia, in tutto il suo splendente fulgore.

Insomma, bisogna pur dare uno scopo al " bene " per distinguersi. E che lo scopo sia almeno quella di non permettere alla pochezza della vita di prevalere. Se non altro.


E non altro.

sabato 6 novembre 2010

NON OFFRIRMI FIORI, MA REGALAMI UNA POLTRONA


Ebbene è così: non c'è più nessuno che vuol rimanere nell'ombra.
Ormai il motto principale dell'uomo del ventunesimo secolo è " essere visibile , costi quel che costi" e non parlo di "costi" a caso. Ormai tutto si può (e per qualcuno, si deve) comprare. Perchè l'apparire si può ottenere a prezzo dell'essere e tanto più in quei casi in cui l'essere non è poi così corposo, finisce che si riesca, per un briciolo di notorietà , anche a perdere la propria dignità ed il proprio decoro.
C'è chi va in televisione ad esprimere opinioni stereotipate e lontane dalle proprie consuetudini, c'è chi mette su you tube filmati banali di ogni genere, c'è chi va a cene particolari sperando in questo modo di rivoluzionare la propria vita. Perchè si chiama "vita " solo tutto ciò che si mostra, che si ostenta e che si riflette nel mondo, mentre tutto il resto, il proprio percorso emotivo, psicologico, interiore non può essere considerato " vita " poichè invisibile,sotterraneo , non reale, quindi.
C'è oggi un nuovo scenario, un nuovo orizzonte, ma forse non è poi tanto nuovo ma , diciamo , che è diventato più frequente come metodo, per vincere la paura di non esserci nel mondo: quello di entrare in politica.
Oggi, chi ha la possibilità di investire, potrebbe considerare un investimento di profitto assicurarsi una poltrona.
C'è chi sarebbe disposto a pagare centinaia di migliaia di euro per un incarico politico non considerandolo più un servizio al cittadino, ma solo uno strumento di potere e, di conseguenza, un'occasione UNICA per apparire e non, quindi, una possibilità di rendersi utile allo Stato ed alle Istituzioni.
La politica è divenuta solo un modo per accendere i riflettori sulla propria immagine.
Potrebbe succedere allora, ( chissà.. magari chissà ...se da queste parti è già successo) che la moglie sciocca e annoiata di un facoltoso imprenditore , chieda al marito come regalo invece che la solita pelliccia di volpe argentata, una poltroncina a palazzo e che il povero marito , acconsenta ad allargare i cordoni della borsa per comprarle infine quella visibilità che pare oggi la cosa più preziosa che ci sia.
Per questo, non domandiamoci più, (quando non riusciamo a comprendere l'enorme incompetenza che dilaga tra certi scranni), per quale motivo è stato messo quello o quell'altro in quel ruolo di comando: chiediamoci invece quanti migliaia di euro gli è costato. Confidando, intanto, nelle svendite di fine stagione.

giovedì 4 novembre 2010

HAVE A NICE DAY

In questi giorni pensavo tante cose. Il mio cervello era attivissimo. Quello che più mi piace in me , delle innumerevoli qualità che mi riconosco, è la capacità di coordinare gli svariati pensieri che si affacciano alla mente durante la giornata. Insomma, riesco a commuovermi alle lacrime per una mia questione sentimentale mentre contemporaneamente fisso un appuntamento dal medico per mio figlio e cose del genere.
Ho un cervello sorprendentemente crepitante e pare rispondere ubbidiente ad ogni mia sollecitazione.
DICO " Pare" , appunto perchè non è così, cari miei adorabili lettori. e VI DIRò PERCHè.
Due giorni fa, dopo aver dato prova, per tutto il giorno, della mia frenetica attività mentale ho dovuto ricredermi in un secondo.
M'ero sdraiata nel letto, dopo, appunto, una lunga e movimentata giornata di cose da dire e da risolvere, e ancora macinavo pensieri organizzativi e ribelli. Dopo qualche minuto di riposo decido di alzarmi ed ancora presa da elucubrazioni mentali raffinatissime , intanto, mi apprestavo a fare quei gesti a cui si presta poca attenzione come giungere fino alle pantolofole per infilarsele ed andare in un altra stanza dove altre incombenze mi attendevano, altri fitti e corposi pensieri.
Ma il destino mi ha fermato. Il destino o il senso del limite umano, della vulnerabilità congenita che ci abita e ci accudisce era giunto sulla mia strada per arrestare le intenzioni, per interrompere il flusso dei miei pensieri pretenziosi , per mortificare la mia passione altera, per prostrare il mio corpo e strapparlo alla mia vanità: insomma sono scivolata malamente : il piede posto in fallo s'è proiettato in alto trascinando il capo violentemente sul pavimento. A quel punto non ho più pensato, nè ho sentito, stranamente alcun dolore, ma un colpo vuoto di materia che si allontanava da me fatta di sangue e vita. Il cervello rintronava docile nella scatola cranica colpita e pareva alla mercè d'ogni palpito del sangue: non ero più io che coordinavo il fiato ed il pensiero, ma la testa che suonava il ritmo crudele dell'assenza.
Non posso neppure dire di avere perso i sensi dato che mi è difficile riacquistare la consapevolezza di un tempo che non aveva più la misura della mia esistenza, ma ricordo invece perfettamente come fossi obbligata a seguire la compromessa vitalità del mio cuore , del respiro e del mio sguardo che si perdeva nel tonfo doloroso che lo governava. Non ero più io , ma solo la natura del corpo che stabiliva il suo declino senza possibilità di intercessioni. La vita fuggiva ed io ero inerte spettatrice.
Non mi soffermerò sul lungo pellegrinare infruttuoso e doloroso dei giorni che seguirono la mia caduta.
Ma un pensiero nuovo si è affacciato alla mia mente. Un dubbio che si fa certezza inquietante.
Cosa siamo se non ridicoli ed estemporanei pulsazioni che una fatalità da nulla può amministrare e spegnere? E di tutti quei miei pensieri attivissimi e devo dire intelligenti che andavo ad elaborare con tanta maestria cosa ne è rimasto? Ho perso tutto.

Ma non mi interessa neanche un po'.

martedì 2 novembre 2010

LA SCELTA


Nella pausa pranzo mi piace sedermi nel dehor del bar e mangiare all'aria aperta.
Mi sembra d'essere in vacanza: la luce fioca del sole filtra tra i palazzi: il tavolino si trova praticamente sulla via di passaggio delle auto, ma a quell'ora sono poche ed a me piace trovarmi in mezzo ad una strada della città che amo.
Insomma, un giorno , con il mio adorato collega, mentre mi stavo gustando i ravioli di magro passa una persona a noi nota già da diversi anni.
Negli anni addietro spesso ci fermavamo a chiacchierare con lui , per cui non ci sembrò poi una cosa così strana il fatto che si avvicinasse al nostro tavolo.
Lo accogliamo con parole cordiali e affettuose, come siamo soliti fare quando ci incontriamo. Io gli faccio i miei complimenti per l'abbigliamento raffinato ed elegante e sembrava che il colloquio stesse volgendo al termine, quando il tipo disse: " Vi devo parlare" " Ok, " dissi io" ci dica"

Lui ribattè allora" No, soprattutto devo parlare a Lei" e mi indicò . Il tono di lui s'era fatto quasi confuso, ma l'espressione del viso non mostrava una benchè minima incertezza. E, oserei dire, neanche un benchè minimo pudore.
" Volevo appunto dire che non deve più scrivere quelle cose sul suo blog altrimenti potrà avere delle spiacevoli conseguenze"

Insomma, sono rimasta lì, con la mia forchetta a mezz'aria e i miei ravioli sul piatto, senza parole. Quel giorno non mangiai i miei ravioli di magro. E, vi assicuro, erano buonissimi.
Nei giorni seguenti pensai molto a ciò che era successo ed al perchè si sceglie di fare una cosa invece di un'altra: ossia perchè si sceglie di accettare i soprusi e perchè invece si sceglie di opporvisi.
Accettare un'imposizione sembra la cosa più facile perchè significa non muoversi.
Invece sottrarsi alle prepotenze spesso può costare molto caro ed è anche più faticoso. Non sempre chi sceglie di reagire riesce a non soccombere.
E poi succede che spesso chi decide di non accettare le imposizioni si trova da solo a contrastare una forza oltre le proprie forze.
Altre volte si reputa la cosa che si sta facendo così poco degna di attenzione e di lotta che si lascia correre il tutto per ritrovarsi a servire il padrone della viltà e della sottomissione.
Il mio blog meritava forse che io vestissi i panni di un novello Don Chisciotte per prender le armi contro un mare d'affanni e contrastandoli , porre loro la fine?
No, non meritava tanta abnegazione. Non era più proficuo per me crogiolarmi al sole autunnale e chiuder la porta alla temerarietà della mia anima?
Chi mai avrebbe creduto che qualcuno si fosse interessato così tanto alle mie corbellerie da desiderare di vederle cessare? Io non sono nessuno e ahimè conto pochissimo in questo crepitare di azioni continue e determinanti alla vita sociale.
Io eseguo gli ordini se posso e se ce la faccio.
Ma proprio per questo non ho il bisogno di conservare ruoli che non mi identificano, non ho bisogno di restituir favori. Perchè ognuno ha in se' il senso dei valori in cui si riconosce: per me sono il coraggio e la dignità intesa come attitudine morale e come propensione di un'etica rigorosa. E malgrado non abbia molto da offrire , non sarà mai che un predatore si appropri con il mio consenso e con la mia rassegnata benevolenza di questo mio poco ed inadeguato essere come sono.

sabato 30 ottobre 2010

SE LASCI UN DIPENDENTE SENZA LAVORO, QUESTO E' MOBBING

La speranza ha due bellissimi figli:

lo sdegno e il coraggio.


Lo sdegno per la realtà delle cose;

il coraggio per cambiarle "

Pablo Neruda


giovedì 28 ottobre 2010

FANNULLONE SARA' LEI, SI INFORMI !


Ormai c'è la consuetudine diffusa di parlare dei dipendenti pubblici qualificandoli come "fannulloni". Chi lo fa non conosce le leggi che controllano il lavoro pubblico. Sono Leggi molto rigorose che, se applicate, non permetterebbero il verificarsi di episodi riprovevoli.

Con la Legge 142/90 è stata creata una figura determinante per il funzionamento di una pubblica amministrazione: la figura del Dirigente.

La definizione del suo ruolo è stata inizialmente specificata dall'art 51 della stessa legge che stabilisce il fondamentale principio della distinzione dei poteri di indirizzo politico e dei poteri di gestione amministrativa attribuita ai dirigenti. I dirigenti sono quindi, GLI UNICI TITOLARI ESCLUSIVI DELL' ATTIVITA' AMMINISTRATIVA.

L'art. 3 del Decreto Legislativo 29/93 sancisce il diritto della parte politica di definire gli obiettivi da attuare e di verificare la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite, ma l'art. 51 della Legge 142/90 demanda all'autonomia organizzativa e normativa degli enti pubblici di stabilire i criteri e le modalità di adattamento delle articolazioni interne della propria struttura amministrativa. Tanto che ai sensi dell'art. 7 del Decreto Legislativo n° 165 il dirigente è il responsabile dell'attività amministrativa e non quindi la parte politica (Giunta e Consiglio comunale).

I Dirigenti sono quindi responsabili:

1) Degli atti di carattere finanziario ivi compresa l'assunzione di impegni di spesa;

2) Degli atti di amministrazione e gestione del personale in piena autonomia ai fini dell'erogazione dei trattamenti accessori premiali ed incentivanti e della progressione premiale verticale (in accordo con le rappresentanze sindacali);

3) Della individuazione delle competenze e delle professionalità necessarie allo svolgimento dei compiti dell'ufficio.

4) Del parere sulla mobilità del personale in entrata ed in uscita all'interno dell'ufficio a seconda dei criteri oggettivi e di trasparenza delle scelte. Non quindi la parte politica che deve solo verificare se gli obiettivi indicati sono stati raggiunti (il modo attuato per il loro raggiungimento non è competenza politica);

5) di tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza dell'ente pubblico, nonchè dei poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico - ambientale.

6) delle attestazioni, certificazioni, diffide, verbali, autenticazioni, legalizzazioni, ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza;

7) Di tutti i provvedimenti di autorizzazione, concessione ed analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e/o valutazioni anche di natura discrezionale (memorandum per il nostro Segretario generale) nel rispetto dei criteri predeterminati dalla Legge e dai regolamenti.

Dunque il Dirigente ha tutto il potere di intervenire SUI COSIDDETTI FANNULLONI.