giovedì 4 novembre 2010

HAVE A NICE DAY

In questi giorni pensavo tante cose. Il mio cervello era attivissimo. Quello che più mi piace in me , delle innumerevoli qualità che mi riconosco, è la capacità di coordinare gli svariati pensieri che si affacciano alla mente durante la giornata. Insomma, riesco a commuovermi alle lacrime per una mia questione sentimentale mentre contemporaneamente fisso un appuntamento dal medico per mio figlio e cose del genere.
Ho un cervello sorprendentemente crepitante e pare rispondere ubbidiente ad ogni mia sollecitazione.
DICO " Pare" , appunto perchè non è così, cari miei adorabili lettori. e VI DIRò PERCHè.
Due giorni fa, dopo aver dato prova, per tutto il giorno, della mia frenetica attività mentale ho dovuto ricredermi in un secondo.
M'ero sdraiata nel letto, dopo, appunto, una lunga e movimentata giornata di cose da dire e da risolvere, e ancora macinavo pensieri organizzativi e ribelli. Dopo qualche minuto di riposo decido di alzarmi ed ancora presa da elucubrazioni mentali raffinatissime , intanto, mi apprestavo a fare quei gesti a cui si presta poca attenzione come giungere fino alle pantolofole per infilarsele ed andare in un altra stanza dove altre incombenze mi attendevano, altri fitti e corposi pensieri.
Ma il destino mi ha fermato. Il destino o il senso del limite umano, della vulnerabilità congenita che ci abita e ci accudisce era giunto sulla mia strada per arrestare le intenzioni, per interrompere il flusso dei miei pensieri pretenziosi , per mortificare la mia passione altera, per prostrare il mio corpo e strapparlo alla mia vanità: insomma sono scivolata malamente : il piede posto in fallo s'è proiettato in alto trascinando il capo violentemente sul pavimento. A quel punto non ho più pensato, nè ho sentito, stranamente alcun dolore, ma un colpo vuoto di materia che si allontanava da me fatta di sangue e vita. Il cervello rintronava docile nella scatola cranica colpita e pareva alla mercè d'ogni palpito del sangue: non ero più io che coordinavo il fiato ed il pensiero, ma la testa che suonava il ritmo crudele dell'assenza.
Non posso neppure dire di avere perso i sensi dato che mi è difficile riacquistare la consapevolezza di un tempo che non aveva più la misura della mia esistenza, ma ricordo invece perfettamente come fossi obbligata a seguire la compromessa vitalità del mio cuore , del respiro e del mio sguardo che si perdeva nel tonfo doloroso che lo governava. Non ero più io , ma solo la natura del corpo che stabiliva il suo declino senza possibilità di intercessioni. La vita fuggiva ed io ero inerte spettatrice.
Non mi soffermerò sul lungo pellegrinare infruttuoso e doloroso dei giorni che seguirono la mia caduta.
Ma un pensiero nuovo si è affacciato alla mia mente. Un dubbio che si fa certezza inquietante.
Cosa siamo se non ridicoli ed estemporanei pulsazioni che una fatalità da nulla può amministrare e spegnere? E di tutti quei miei pensieri attivissimi e devo dire intelligenti che andavo ad elaborare con tanta maestria cosa ne è rimasto? Ho perso tutto.

Ma non mi interessa neanche un po'.

2 commenti:

Enzo ha detto...

Ci sono momenti della mia giornata, anche i più ignobili, nei quali coordino movimenti abitudinari del corpo ad elucubrazioni mentali degne di Freud. Ma se penso che basta un niente per sentirci così piccoli, e meno ancora per annullare i nostri pensieri..... C'est la vie.

Phivos Nicolaides ha detto...

Have a nice day my dear friend! Hugs