venerdì 29 febbraio 2008

Ti ricordi?

E' Estate. Io arrivo con la macchina . Avevo una dedra color amaranto. Quell’ auto adesso non esiste più: l’ho venduta da tempo . Non ti conosco ma so che sei tu quello affacciato al terrazzo di Marco. Anche tu mi vedi. Anche tu mi riconosci senza avermi mai visto.
Sono io. Sei tu.
E' un estate calda e l'aria è illuminata di un rosa pallido.
C'è molta gente a casa di Marco. per una specie di riunione.
Tu scendi . Mi vieni incontro. Apro il cancello. Mi aspetto il rituale delle presentazioni del genere: “ piacere io sono.. " “ piacere
Invece mi disorienti subito. Ti incrocio per le scale. Appena mi vedi mi appoggi al muro.
Hai detto :( ed il ricordo mi fa sorridere) "non vuoi salutarmi per bene?" e incredibilmente mi baci in bocca.
Non è forse stato il tuo unico gesto di coraggio?
Da allora sei stato altre cose per me. La tua voglia di vivere mi ha confortato in quei mesi. La tua personalità entusiasta, i tuoi mille progetti. Le tue speranze mi davano forza. Ero allora ,ricordi, sempre dietro a qualche storia tribolata. Tu eri così giovane anche se cronologicamente mio fratello maggiore. Tu eri pieno di idee. Eri pieno di sogni. E solo i giovani hanno la forza di sognare.
Poi ricordi come ci capitammo in quella macchina la sera d’estate?
Non ricordo più. Ma ci abbracciavamo. Fino a che tu hai avuto paura.
Mi hai detto: " Antonella, guardami" . Ti sei fermato. Mi hai fermato. Mi dici che non sai perché, che ti dispiace di esserti fermato ma credimi non è importante. Non avrebbe aggiunto nulla all’affetto che ho per te. Non avrebbe tolto nulla.
Sono passati vari anni ( non dirmelo..) e sei comparso di nuovo adesso nella mia vita, in uno dei miei soliti momenti di vita tribolata. Sei uguale caro, sei pieno di progetti, pieno di storie
complicate, di problemi da risolvere, di fiducia. Sei pieno di idee.
Le tue speranze mi confortano ancora. Sei ancora così giovane anche se cronologicamente mio fratello maggiore.

Ma solo i giovani , sai, hanno la forza di sognare.

I legami e le altre illusioni


Si incontrano persone, ci piacciono, sembra così facile legarsi, tendere verso di loro. Sorrider loro. E poi com’è che questo sorriso, questo abbraccio , come d’incanto si trasforma in odio in repulsione. ? Ed ancora…… ancora com’è che appena si sente che tutto s’è trasformato in odio invece di prendere sentieri opposti, distanti uno dall’altro si comincia a rimuginare come vacche ciondolanti uno contro l’altro ? Immobili in questo prato senza fiori, senza più speranza? Senza allontanarsi di un passo per tenerci d’occhio.
Sconosciuti, Pier, ci siamo corsi incontro. Ricordi?
Avevi detto: “ E’ una bellissima serata” Poi l’ invito poi l’abbraccio. C’era la notte di luna, il sorriso, la luce tenue, il senso di speranza. Tutto questo ora cos’è diventato?. Rancore, ritorsioni, violenze e due figli innocenti.
Non era forse meglio aver preso quella notte le nostre auto per altri sentieri? Non è forse meglio che gli esseri umani non compiano lo stesso percorso fianco a fianco? e come bestie che si annusano per caso e senza intenzione riprendono il cammino tra i sassi e l’erba di primavera?


Invece ecco che arriva il legame. Ecco che arriva l’odio. Bisogna prendere le distanze . Stare soli. Si può odiare qualcuno se si è soli?

La solitudine è sobria. E’ priva di nefandezze. Di immoralità. Di eventi. Sembra immacolata.

E’ stato così difficile liberarsi di te che adesso quando un legame si fa stretto me lo scuoto di dosso come fossi invasa da miriadi di api impazzite.

giovedì 28 febbraio 2008

Adesso lo sappiamo

Vorrei non essermi esposta. Vorrei non essermi scoperta. Mi trattengo a volte. cerco di essere lenta. di essere contrita. Il passo misurato. La voce ed il gesto. Metto il latte sul fuoco con pacatezza. Ma la mano brucia. Per quanto mi freni ho pensieri e anima che premono alla porta blindata. Ma rallento e nascondo. Non l'ho fatto con te, in questo caso. Di solito lo faccio, giuro. Non ho fretta di rivelarmi.

A volte non mi mostro affatto. Non mi avvicino più di tanto come fossi una bestia selvatica anche se sono io l’animale feroce, il predatore.
Mi trattengo perchè non conosco abbastanza la mia forza.
Ho visto la tua debolezza però. Già dal primo giorno. Niente mi piace di più in una persona dello sforzo che compie per cercare di essere sopravalutata ... o almeno per cercare di non essere riconosciuta nel poco che si sente. Non capisci cosa dico vero? ti spaventi. L’hai detto anche, no? "Ho paura." Sono desolata davvero che tu abbia paura. Vorrei essere stata in silenzio. Vorrei averti incoraggiato. Aver dato degli input. Ma non sarei stata io e tu non saresti stato tu. Non ti avrei desiderato in altro modo. Conosco La capacità del tempo di allontanare le voglie. Per questo accolgo questi momenti come una terapia .

Mi piace ricordare di aver voluto incontrarti. Di esserci parlati , abbracciati e baciati. Tu non sapevi e ti sei avventurato.

Adesso lo sai.

La bestia, il cervello e il tempo sufficiente

Ci sono due elementi molto ben definiti: la bestia ed il cervello. Il mio cervello. Beato Lui.
Il mio cervello la maggior parte del tempo vive bene. Macina continuamente e da ordini chiari alle mani, alle gambe agli occhi. Le mani fanno tutto senza calore. Schiacciano pulsanti. Spostano oggetti. Gli occhi guardano con progetti precisi. Hanno un percorso da seguire. Hanno un’indicazione chiara. Sono molto produttiva in questi momenti. Il cervello a volte rimane sconcertato da certe manifestazioni della bestia. Ma sa di avere sempre la meglio su di lei. Lascia andare il guinzaglio come un padrone tollerante e comprensivo.La bestia allunga il collo e tira. Sembra sempre che sappia dove andare. In fondo lo sa. E’ diretta, è esplicita. Non si domanda nulla. Cerca di afferrare a morsi senza mezzi termini.
Altre volte nei casi in cui la bestia non è stata appagata o lo è stata troppo cerca la solidarietà del cervello e lui, il mio cervello ( in fondo ingenuo ) l’ha seguita.Devo dire che in quei casi il mio cervello si è perso dolorosamente nel labirinto della sua volontà. Si è rovesciato con tutta la botte nella cascata. Non aspiro a ripetere questo volo per quanto anche questo abbia avuto le sue attrattive .Distruttive per la verità.
ma che bello no? quando la bestiolina se ne va per conto suo ad esplorare la zona di caccia quando si sveglia dal letargo senza che tu abbia fatto nulla proprio nulla per richiamarla e tu sai di non essere lei e lei sa di essere solo una cosa effimera che non si chiede quanto tempo vivrà e perché. Allora cominci a sentire. A sentire proprio la pelle vibrante. Il tuo corpo è presente. Palpita e ritrovi certe parti del tuo corpo da cui ti eri distratto: il senso del tatto nelle mani, il freddo dell’aria,i suoni intorno. . sei sensibile come un diapason. La bestia diventa potente e autonoma. Sceglie da sola. Risponde. Prende. Allora ecco che arriva l’inganno.Questo essere presente.... essere li, piena di passione ti fa credere che sia una cosa per sempre. Ti fa credere che sia una cosa stabile come andare a fare la spesa oppure mangiare.... Così che il tuo cervello ( pazzo) si intromette in questo idillio di sensi e vuol quasi fare da padrone .. allora chiedi, allora parli, allora ti commuovi. Sei piena di sentimenti e ti perdi nell'equivoco . Parli di rapporti,relazioni affinità e il rapporto diventa un essere legati. Diventa un impegno. Ma lei , la bestia non vuol sentir ragione.

Si gira. Comincia a tirare il guinzaglio. Se ne va. Ti lascia lì da sola a cercare di spiegarti, a cercare di fare ancora. Di vivere una cosa che non avevi cercato.

GLI ANNI EROICI


Saremo ricordati per i nostri anni eroici.
Gli anni della giovinezza , della potenza.
Gli anni in cui pensavamo che il tempo sarebbe trascorso come lo stavamo vivendo, con la stessa pelle di rugiada, con la stessa speranza, con la stessa forza e resistenza. Con gli occhi limpidi e impavidi. Nessuno prima di noi aveva camminato sulla spiaggia deserta, nessuno calpestato la sabbia vergine. La prima impronta, la prima volontà, il primo progetto. Il bagno a mezzanotte d’estate. Noi i primi, noi i pionieri. Lo sguardo che sfida, sfrontato. Crudele. Il passo veloce. Senza indugio. La gamba tesa . il piede guadagna la strada, la possiede e la domina. L’iride limpido. Guarda lontano. Le labbra turgide sempre graziose. Nella smorfia o nel sorriso. Piacevoli.
E’ bello guardare un giovane. E’ bello il viso gentile. La pelle soda e liscia. Il corpo slanciato al cielo. Il muscolo tonico e forte. L’espressione del viso suscita un senso di leggerezza ed armonia. adeguata al vento leggero. Al colore dei fiori, dei petali morbidi. La giovinezza è tutt’uno con l’universo. Le colline splendenti, il grano dorato. E’ L’orizzonte perso in lontananza come un velo leggero e trasparente. Il giovane è fatto delle cose della terra. Ha ragione di essere.
Il vecchio. Invece.
Il vecchio ha paura. Non ricorda quanto tempo fa, ma un giorno, ponendo la gamba tesa, il piede deciso , era stato colpito. Lo avevano ucciso o ferito, non ricorda neppure bene cosa mai sia successo…Ma da allora ha paura..Allora cammina guardingo. Cammina lentamente. Non vuole sbagliare , adagio un piede davanti all’altro, cauto lo sguardo. L’occhio giallo. L’occhio velato. Non guarda troppo lontano. Non si dirige troppo lontano.
Non è bello l’anziano signore. tiene il capo chino. Eppure potrebbe alzare ancora la testa. Ma mantiene il capo chino. Parla piano ... spesso non parla affatto. E anche se sorride resta serio: rimane una smorfia tra le labbra sottili viola pallido. Diventa uno sfregio delle guance secche e pesanti. A te pare che sia sempre stato brutto, inconcludente, timoroso, inutile .A te pare sia sempre stato immobile, a guardare la luce del sole stretto al suo maglione peloso, a scuotere la testa. A negare. Invece no….. Un tempo era bellissimo.

Aveva Gli occhi verdi, vibranti. Il corpo teso ed agile sui campi distesi . Rideva spesso. I denti candidi , luccicavano. Non è molto tempo fa. Era un vincitore. Vinceva il freddo e le intemperie, con i muscoli tesi ed il torace gonfio. Vinceva l’orco cattivo oltre il buio, la sera nella casa.

Adesso ha fame. Si siede lentamente alla tavola. Assapora il panino con il prosciutto crudo. Guarda la televisione. Lo sai, Giulia, la guardavo con lui. Mi sedevo a fianco. Durante le giornate in ospedale. Mi sedevo a fianco del suo letto. Lui era stato tanto male. Noi eravamo pieni di spavento . Quei pomeriggi erano arrivati con questi presupposti. Presupposti di dolore e di paura.Io mi sedevo accanto a lui. Lui era disteso nel letto dell’ospedale. Non parlava. Accendevamo la televisione e lui guardava. Io speravo che potesse trarre da quelle immagini, quelle parole continue , un po’ di conforto. Un po’ di pace. Di oblio. Ero accanto a lui. Nessuna parola. Il sole filtrava tra i palazzi grandi dell’ospedale. Il silenzio , la televisione, i suoi occhi , lui disteso. Le voci piene di senso di normalità giungevano dallo schermo. Era Mio padre.
L’anziano non è bello. Non ricorda. Oppure ricorda male. Ricorda altre cose. Sembra lontano dalla vita sociale.. Perché soffre della mancanza di vita. Comprendo la sua sofferenza solo adesso..I Era il 17 febbraio. 2003. Lo so, non l’ho mai detto. Non l’ho mai scritto. Non l’ho mai accettato. Mio padre non si lamentava. Non riusciva a respirare. Adesso lo capisco. Voleva stare seduto perché non riusciva a respirare. Si è aggrappato alla mia spalla per tirarsi su il più possibile. Ma non si lamentava, non diceva: "non riesco a respirare" Invece ha chiesto: “ mi dai un goccetto di vino.” Ha detto proprio " goccetto” Un goccetto di vino.
Io vedevo che mio padre non stava bene. Registravo questo, ma la mia ansia di uscire cresceva, si mescolava allo spavento. Volevo uscire, andare via da quel martirio, ma da allora sono ancora lì con lui in quella stanza di ospedale. .Non ne sono più uscita. Il dolore è grande ed immobile. Il dolore è’ uguale a quella stanza. Le pareti chiare. La vernice lucida. Sono seduta nella sedia accanto al letto in una ripetizione di gesti uguali, di espressioni sofferenti, di respiri miei che respiro al posto di mio padre. E’ uguale ad una cantilena sussurrata. Che parla di gesti e di rituali, il bere, il tirarsi su dal letto ,il respirare. Vivere. Potessi, caro papà , coprirti con il mio corpo, respirarti con il mio sospiro, generarti con la mia sofferenza. Versarti il vino . Un goccio di vino. Potessi regalarti Metà del mio respiro. C’è solo il suono della mia voce c’è solo l’immagine che richiamo. Non rimane il gesto, non rimane il tuo respiro e la tua sofferenza. Afferro il corpo - afferro il suono - afferro il respiro, ma non rimane nulla. Mio padre è morto. : e il giovane sfrontato? Quel giovane lontano con il polso fermo, la voce potente? La risata sguaiata. La sua voce. Il giovane che sollevava la bimba al cielo. ?Il giovane allegro. Il padre forte e sicuro.
Dov’è finito il tempo eroico?
Ma il tempo eroico, Giulia, non è di chi solleva l’ascia e la sferza più lontano, non è di chi ha la forza nei muscoli delle braccia e la mette alla prova cercando nemici da battere……Il tempo eroico è il tempo del passo incerto o della mancanza di forze e di coraggio eppure è il tempo che non fa rinunciare alla lotta . che non fa smettere di spingersi sempre più intensamente avanti verso l’abisso senza cedere, senza ritrarsi senza urlare e senza perdere la propria anima. Perché l’anima possa rimanere vergine nello spavento, nel passo ultimo. L’anima possa rimanere candida e protesa verso i propri cari i per sempre. Possa essere mio padre ancora ed in ogni attimo, per i giorni futuri.

Non voglio spostarmi. Il mio tempo mi troverà qua seduta, il sole alla finestra ed il silenzio. Seduta accanto al suo letto, le pareti chiare.Sono qua . Mio padre è con me . Il momento si è fermato. Il respiro impercettibile. La sua presenza è vivida: mi sembra di esserne sormontata. Sono qua