lunedì 4 febbraio 2019

A MANI LIBERE





Sono passati quasi due anni dalla morte di Cesare. 
La sua  morte  mi ha lasciata orfana. 
Ma ancora di più: mi ha lasciata piena di cose che non mi interessano. 
E' come se si fosse portato via ciò che c'era di utile  in tutto quello che mi circonda e, quindi,  mi avesse lasciato in mano, quale misteriosa beffa,  solo  ingombranti oggetti senza valore.
Non sto a dilungarmi. Ma in questi mesi, diciamo,  il mondo mi pare  troppo pieno. Inopportunamente inservibile.  Troppo pieno di parole, di  facce  straniere.
Gli stessi sentimenti, un tempo appassionati ma giustificati e motivati ora sono diventati desueti, quindi imbarazzanti. 
La mia casa mi soffoca con tutti i suoi  utensili moderni,  i suoi suoni metallici,  la sua  musica e i suoi  talk show inconcludenti,  gli stridolii dei bambini nei cortili  e delle comari per la strada. Persino la felicità delle coppiette avvinghiate mi innervosisce,  ma soprattutto  le immense librerie che sovrastano le  stanze  della mia casa, un tempo corazze tra me ed il mondo, fonte di  risposte e consolazioni ,   sono diventati muri che mi schiacciano.   
Ho libri ovunque,  Persino sopra gli armadi, in terra negli angoli tra i giornali e le riviste,  libri colorati  o polverosi , libri di pedagogia, retaggio di studi che mi avvincevano, libri di magia, libri di filosofia orientale, psicoterapia,  psicologia, libri sui cani, di arte , di storia  di politica,  di cucina , libri  fatti di parole di altri , convinzioni  basate su situazioni ormai  lontane da me. 
 E uscire di casa significa  fuggire . A testa bassa come un ladro, evitando cose e persone che possano rallentare il mio passo,  distrarre la mia disperazione, confondere la mia ossessione.
  Alla fine, d'improvviso , ho pensato che qualcosa potevo fare. liberarmi della mia vita, di ciò che ho raccolto, amato, custodito. 
Allontanarsi dai gesti familiari, dai soliti suoni dalla prigione delle azioni già svolte, delle passione già archiviate.  Uccidere quella  che ero, convinta, ragionevole, prudente . Quella che non avrebbe messo in  discussione le convinzioni raggiunte. Invece accogliere la perdita, lasciare andare ciò che avevo raccolto.
solo questo mi avrebbe consolato.  Morire di me per accogliere un'altra vita. se mai fosse stato possibile essere altro , avere altro, ma solo per poco perchè  nulla ci appartiene perchè il tempo ci da solo la possibilità di amare ciò che  a cui devi rinunciare. 
 Così mio marito ed io lasceremo la nostra casa , i nostri libri. La nostra città. 
 E' su questo che stiamo lavorando.  Ossia : "sul perdere consapevolmente ciò che abbiamo raccolto" 
Il cervello  si deve svuotare per raccogliere altro materiale su cui lavorare. 
Sembra  strano: ma non è poi ciò a cui  tutti siamo destinati ? 
Con  poca  consapevolezza, però.
Ciò che importa è che Ci stiamo muovendo a mani libere.  

. 

lunedì 22 ottobre 2018

IL MARE E LE ONDE DISORDINATE


Queste due foto  le scattammo insieme. 
In Calabria il mare era sempre agitato. 
qUANDO TUO FRATELLO MI HA CEDUTO GLI  ALBUM E' STATO PER ME  COME RITROVARTI.  
hO PROVATO uNA GIOIA COLPEVOLE, UN DOLORE DISPERATO.  
mI PAREVA DI SENTIRTI: " 
"NON MI SCIUPARE I MIEI CATALOGHI !"
 eRA LA CONFERMA CHE ERI MORTO.  
eRI COSI' ORDINATO, TESORO! 
mE LI AVRESTI MAI DATI? 


venerdì 19 ottobre 2018

E SO BENE CHE NON CI SARAI



 E so bene che non ci sarai 
Non ci sarai nella strada 
Non nel mormorio che sgorga di  notte
dai pali che la illuminano
neppure nel gesto di scegliere il menù 
o nel sorriso che alleggerisce il " tutto completo" delle sotterranee
nei libri prestati 
e nell'arrivederci a domani 






giovedì 18 ottobre 2018

L'AMORE TI VIENE A CERCARE


Il tempo è corto.  
 Non è mai sufficiente per fare ciò che devo. 
 Il tempo è pieno di suoni inutili e sempre assordanti. 
 c'è un vociare continuo nei negozi, nel bar, dalle finestre delle abitazioni.
 Sembra che le persone non possano fare a meno di parlare.  
Se devo mescolarmi ai  rumori piego la schiena come fossi  sorpresa  da un violento  temporale di grandine e vento. 
O  da una sferzata di frusta sulla schiena .
Per  evitare  tutto questo, la mattina, mi sveglio alle 6.00 ed esco di casa con il mio cane.
E’ l’unico momento in cui la città  è muta. 
Sobria. 
Rispettosa. 
Il silenzio è fatto solo dello scalpiccio morbido e sottile delle zampine di Greg.
In Alessandria non vado quasi mai. 
E’ la tua città ed attraversarla è uno strazio. 
Le strade , le panchine , i quartieri stessi mi respingono, sono intrisi dei racconti che ci appartenevano.   
Ho percorso per anni queste strade per cercarti e, persino, per far finta di incontrarti casualmente.  
Le strade dei bisticci, dei baci, infine dei racconti dell’uno e dell’altra. Degli abbracci fraterni. Delle lacrime.  
Queste  nostre strade ora  sono  indifferenti, crudeli e senza memoria.
Le strade , i giardini, le case. Non ci appartengono più . 
Avevamo una biografia  comune ed ora rimane solo una città inospitale.
L’amore ci era venuto a cercare e noi, stolti, lo avevamo scambiato per un familiare un po' bislacco.   
Era altro, ma non lo sapremo mai.