La prima volta che l'ho visto stava attraversando il corso principale della città.
Era un bel po' di anni fa, forse venti.
Io, che transitavo dalla parte opposta del marciapiede, ricordo che mi ero voltata per seguire, con lo sguardo, la bella figura che s'allontanava.
Avevo chiesto a chi mi accompagnava chi mai fosse stato quel giovane magro e barbuto che aveva attirato la mia attenzione. Mi raccontarono di lui e , tutto ciò che seppi, fu soprattutto in quell'occasione.
Da allora le nostre strade si incrociarono parecchie volte, ma definite in ruoli talmente rigidi da scoraggiare tentativi di seduzione esplicite da parte mia che un poco spasimavo per lui.
La mia vita è sempre stata una sperimentazione ricorrente: una strada dopo l'altra , un confine dopo l'altro , una luce all'orizzonte da raggiungere.
Ho una specie di ossessione tenace che mi fa sperare in un segreto svelato in fondo all'esistenza che pulsa e si rinnova ogni istante.
Cosa eravamo quel tempo? Soprattutto giovanissimi. Mi pare d'avere ancora la stessa inquietudine, ma è solo l'inganno dello spirito che rinnova le sue illusioni. Perchè noi siamo altro.
Lui, incontrandolo recentemente, mi si offre quale riscatto di un desiderio giovanile che costruisco a fatica.
Ero io , certamente, ma dove mi ha portato la ricerca silenziosa di questa esistenza ? In che modo ho delineato la mia umanità allora inerte ed indifesa ed ora rinnovata nella corsa e nella speranza? ma ancora di più come accomunare la conquista delle rivelazioni della mia nuova anima in relazione al rapporto tangibile ed indiscutibile col mondo esterno che c'era e c'è ancora e che ha raccolto nella corsa anche il viaggio solitario e profondo dei miei passi stranieri?
Ero io , era lui , come lo ricordavo , ma il silenzio che ci aveva seguito da allora aveva un corpo nuovo, una storia vagheggiata e compiuta.
Per lui avevo una tenerezza di genitore stanco. Per lui avevo quel silenzio familiare che nasconde le risposte gravi. Per lui avrei avuto sempre quella vicinanza fraterna che addolcisce i patimenti condivisi.
Per lui avrei avuto quell'amore profondo che ci lega all'idea della vita una volta smarrita.
Lui mi ha chiesto un appuntamento e io non ho fatto fatica ad accettarlo.
Eppure, allontanandomi impacciata e silenziosa , sapevo che quell'appuntamento, ormai, entrambi lo avevamo mancato.