sabato 24 aprile 2010

I 365 GIORNI DELLA LIBERAZIONE D'ITALIA


Che festa è il 25 aprile? Inanzitutto dobbiamo ricordare che il 25 aprile 1945 fu una data scelta per commemorare la liberazione dell'Italia dall'occupazione tedesca . Fu scelta quella data perchè proprio in quel giorno molte città dell'Italia settentrionale furono liberate. ( Milano, Torino, Brescia)

Per quanto a questa festa sia stata ATTRIBUITA una connotazione di partito e di settore, lo SPIRITO , che l'aveva mossa inizialmente, era legato ad un grande momento di unità tra tutte quelle forze sociali che si erano riunite nel Comitato di Liberazione Nazionale e che poi scrissero insieme la costituzione: comunisti, socialisti, cattolici, liberali e rappresentanti del partito di azione, tanti combattenti e cittadini comuni.

In questi anni si è voluto dare una identità politica ad una commemorazione nazionale.

Infatti, una parte della sfera politica, perdendo visibilità e pure a volte credibilità, ha iniziato a muoversi in questo giorno con un sentimento di orgoglio storico e di forte desiderio identitario, rivendicando i diritti di una proprietà esclusiva per quella che deve essere invece una festa di tutti, una festa scevra da ogni tensione politica, da ogni posizione elitaria che la nostra nazione non merita in questo periodo di crisi profonda.

Invece di disquisire su quale tipo di canzone debba far da colonna sonora alla commemorazione, sulle dinamiche da non modificare del cerimoniale tradizionale , cerchiamo di capire perchè a questa festa i ragazzi non si avvicinano, perchè la gente comune la diserta perchè coloro che vi partecipa sono sempre quelli del settore delle associazioni ed i rappresentanti delle Istituzioni. Chiediamoci perchè questo momento non è sentito dalla comunità. Perchè l'ANPI che pure vive nel territorio è un 'associazione quasi sconosciuta alla comunità e che si relaziona raramente con essa nella vita di tutti i giorni.

Il 25 aprile del 1945 è il giorno che si vuole fissare per conservare intatto il senso dell'unità della nazione intesa come comunione di intenti e di progetti di un popolo. Eppure attualmente il 25 aprile sembra diventato un momento per sottolineare le differenze ed i contrasti anzichè rafforzare le passioni e le speranze comuni.

Perchè noi tutti si possa davvero riavvicinarci al giorno della liberazione, questi non deve essere vissuto solo in quel giorno, ma deve essere il traguardo di un percorso di recupero del senso di fedeltà allo Stato, alle sue Istituzioni, di rispetto per il suo popolo, di salvaguardia della democrazia e della libertà così duramente difesa e faticosamente conquistata. Non si raggiuge un obiettivo così ambizioso in un solo giorno, tramite un'orazione nostalgica di quegli anni eroici, ma è un processo a cui siamo chiamati ogni giorno, su cui gli educatori, gli insegnanti, le istituzioni, devono porre un'occhio di riguardo durante tutto l'anno per giungere al 25 aprile come fosse il risultato finale di una applicazione laboriosa avvenuta attraverso l'educazione alla giustizia ed al rispetto delle Leggi. Solo con questo atteggiamento di dedizione costante allo Stato e di riconoscimento del diritto di ogni cittadino di considerarsi un uomo libero, solo in questo modo, allora, avrà senso giungere tutti insieme a festeggiare una giornata trasformata in un ovazione alla pace anzichè al ricordo, alla felicità anzichè al dolore, alla libertà comune anzichè alle differenze che ci dividono.

I giovani non si interessano della festa perchè non hanno bisogno di ulteriori momenti di dissidio, nè comprendono la natura nostalgica di un giorno ormai vissuto e ricordato dai pochi superstiti di un tempo lontano. Dunque usufruiamo di questa occasione per promuovere ogni giorno il valore della democrazia e della partecipazione attiva attraverso la passione e la forza eroica dei nostri concittadini degli anni 40. Festeggiamo quel giorno attraverso un impegno costante per la pace e la serenità del nostro popolo.

giovedì 22 aprile 2010

I MESSI IN PIEGA


E' così: il tempo incombe, la primavera fiorisce lungo il Po, la nuova Giunta comunale si sta insediando, abbiamo lasciato alle spalle antiche diatribe politiche (relegando nel dimenticatoio molti sgradevoli personaggi) e tutto prosegue nell'armonia generale . Anch'io vivo la mia giornata seguendo i ritmi ormai acquisiti durante tutti questi anni: divisa tra lavoro, figli , marito , blog e svago insomma tutto nella norma. La mattina, dunque, vado a timbrare poi entro in ufficio e così via. Nel locale dove è posta la timbratrice si trova la sede dei nostri messi e, più precisamente il centro di smistamento delle loro attività che qui di seguito elencherò:

1) distribuire le pratiche e la posta agli uffici di riferimento.
Punto.
Eppure anche per questo, spesso , sembrano avere delle reticenze, non so come definirle, delle difficoltà morfologico/cerebrali, dei dubbi amletici, delle angustie organiche, insomma: delle perplessità; per cui molto spesso si appostano vicino alla timbratrice con la pratica in questione tra le mani ed appena passa il malcapitato impiegato referente per timbrare ecco che scendono in picchiata su di lui come falchi predatori e si rivolgono al malcapitato in tal guisa: " Già che vai nel tuo ufficio ti do questa pratica da portare"
Ora, personalmente quando vado a timbrare sono sempre disordinatamente carica di orpelli di ogni genere: dal pc portatile, alla macchina fotografica, i testi scritti a casa, il cellulare, le chiavi dell'ufficio, gli occhiali da vista, la sciarpetta ormai inutile ed altre cose ancora, tutte rigorosamente in mano.
In queste condizioni ti passo davanti ai messi col mio cartellino da timbrare sperando di non essere invitata a raccogliere ulteriore bagaglio: la speranza risulta subito delusa, la solerzia dei messi , (che spesso viene meno) in questo caso non si fa sorprendere ma risulta viva e vigile per l'occasione. Ecco che un messo mi ferma con la fatidica offerta: " Già che vai in ufficio puoi portare le tue pratiche"
Fulminata sulla strada di Damasco , ormai senza più l'illusione di sfuggire all'evento, mi volto verso di lui a braccia aperte mostrando il mio carico già oneroso: " sono già stra - carica, mi dispiace. " e vado nel mio ufficio.
Di lì a qualche ora ecco che intravedo con la coda dell'occhio il mio interlocutore che si aggira all''interno del palazzo, ma ahimè senza portarsi appresso la pratica da consegnare. Mi chiedo per un breve istante il significato di questa defezione, ma poi faccio spallucce: perchè arrovellarsi il cervello su questioni irrisolvibili? Per un attimo, però avrei voluto trasformarmi da splendida squaw dai capelli d'oro in Ministro della Funzione Pubblica , ma è stato solo un istante di TRASOGNATA FOLLIA.

martedì 20 aprile 2010

L'AMORE CHE TRADISCE

Mi sono ascoltata in una conversazione in cui dibattevo vivacemente di politica e società. Avevo un tono così accorato e passionale che ho avuto compassione di me cioè di questa persona distante e sconosciuta che stava percorrendo un momento ormai consumato e quindi inutilmente sanguinante.
Tutto era risolto. Non aveva più senso il mio smarrimento animoso, il mio coinvolgimento tenebroso. Ero oltre il sentimento che mi aveva chiamato al patimento ed allo struggimento. Non ero più io. Ero un 'altra. Perchè ciò che siamo è tempo che si svolge e si realizza nella trasfigurazione dell'istante. Noi siamo un movimento che diventa ciò che è mentre continuamente si trasforma e si evolve. Noi non attraversiamo il sentiero: noi siamo il sentiero che si struttura durante il percorso che intraprendiamo di attimo in attimo.
La mia voce registrata mi è estranea . Cosa stavo dicendo? Quale ardore mi ha mosso? Quale interpretazione del mio palpito oscuro? Avevo sofferto, dunque? o ero stata rapita da un'idea? dalla opinione su una realtà immaginata, ma irriconoscibile, sfiorita, sgretolata dal tempo e dal cammino? Che brutta voce ed arcigna, e prepotente e suadente e tesa alla seduzione alla volontà di imporsi di esserci, di lasciare un segno su una strada che diventava altro , che si dileguava come ladro furtivo, come progetto plasmato su una realtà già abbandonata.
Potrei disamorarmi di me e tradirmi con un' altra . Lo sto già facendo.
Ma durerà?


giovedì 15 aprile 2010

IL MIO CORPO E BASTA.

E' successa questa cosa : in questi giorni ho indossato una bellissima maglia dallo stile molto particolare, infatti scivola lungo la schiena e lascia scoperte le spalle. Bel modello, direte voi. Ma a causa di questo suo lasciarmi libere le spalle , da due giorni, sono stata colpita da un forte male al collo . Non posso più muovermi come vorrei: ogni movimento del capo mi causa forti dolori. E' così che ho pensato:

" Ma come osa questo dolore giungere a modificare l'idea che ho di me e delle mie possibilità? "


Dunque il mio corpo non mi appartiene, è soggetto ad ordini e limitazioni che non sono io a dettare. Allo stesso tempo, questo corpo che mi compie con certezza E mi fa essere ciò che sono, diventa una cosa ancora diversa dall'organismo che pulsa autonomamente nel tempo, perchè è ESPRESSIONE della mia anima ed è quindi, l'esistenza che promuovo. Questo mi permette di essere nel mio corpo ed essere questo interamente e senza ombra di dubbio.


Ma allora cos'è questo male al collo lacerante che non mi lascia e che dimora in me anche se non l'ho chiamato e non lo voglio? Eppure non posso scacciarlo, ma anzi devo lasciare ad esso un posto all'interno di me, nel mio corpo e tra i miei pensieri permettendo che questi si modifichino in relazione a ciò che il mio corpo sente, ma che non mi appartiene e non si sviluppa nella mia anima pur modificandola.


I miei pensieri, dunque, subiscono una evoluzione non voluta. Prestano attenzione ad ogni fitta clandestina che mi significa e costruisce il mio tempo. Dunque chi sono io realmente se sono un corpo non governato da me, ma soggetto ad influenze e destini imprescindibili da ogni volontà dell'anima? Dunque cos'è questo involucro che mi fa esistere e senza il quale la mia anima non crescerebbe pulsante e appassionata e dolce e amorevole ? Ossia che fa di me ciò che chiamo il mio esistere che è poi tutto ciò che sono io. Il mio corpo e basta.