martedì 18 agosto 2009

THE LOVELY GIRL AND HER BEST FRIEND


" Pronto .. cosa facciamo?Non ce la faccio a stare qui"
" Non so .. e se andassimo al ma
re dopo pranzo?
" Ok . Passo da te"
Dopo un 'ora eravamo in Liguria.
Ecco le foto quasi in tempo reale:


the lovely girl and h
er best friend

...



( e poi, ces, non dire che non ti mando mai le foto che facciamo insieme)






NON C'E' PIU' TEMPO


Non c'è più tempo. E lo stiamo perdendo. non è così che si fa. C'è altro da fare ed in un altro luogo. Con altre circostanze. Non ci sono più parole. Non stiamo dicendo nulla di nuovo. E il corpo non basta da solo a rappresentarci. Eppure è qui. E' TUTTO ciò che di inedito possiamo rivelare. Il resto è stato già scoperto, ELABORATO. E archiviato, quindi.
Ma se avete qualcosa ancora da fare non c'è che questo tempo: fatela ora!

lunedì 17 agosto 2009

STORIA DELL'AMORE CHE NON E' MAI UGUALE - ULTIMA PARTE

Diceva Bernhard( 1931 - 1989) " Tanto più una persona è grande ed emotivamente profonda tanto più possiede un fondo diabolico". Per questo l'odio non è opposto all'amore ma ne è un suo aspetto fondante. L'amore è un impulso che da se' rivoluziona la nostra essenza interiore e la proietta in una dimensione inedita. e mentre da una parte questa spinta ci prende e ci incoraggia, dall'altra parte sentiamo di essere trascinati in un abisso senza possibilità di ritorno ed esprimiamo la nostra paura d'essere persi nell'amore sprigionando una ostilità Straziante per chi ci ha catturato irrimediabilmente. Tutto questo prende il sopravvento quando ancora di più non c'è riscontro al proprio totale abbandono. Allora non c'è ragione di trattenere il livore maligno e lo si lascia padrone e signore della propria anima.

Dunque lei non pensava, ma viveva come eterno il senso di animosità velenosa che le dilaniava la coscienza. Avrebbe potuto rassegnarsi a subire l'onda della sofferenza, lasciarla posare sul suo corpo come marea inevitabile ma passeggera, invece, decise di assecondarla, incoraggiarla e viverla perdutamente. SUONO', DUNQUE.

Gabriele, ignaro, la fece salire.

Lei aveva occultato la sua perfida urgenza sotto un sorriso amabile e mondano.

Ricorda, lei, che Gabriele aveva cominciato a farle qualche scatto a caso mentre lei conversava casualmente o sorseggiava il the che le aveva offerto. Poi l'aveva fotografata mano a mano che si liberava dei suoi indumenti a guisa di un gioco per - verso ma virtuoso e infine l'aveva presa più e più volte nella sua camera da letto di cui lei ricorda solo l'oscurità malevola ed il disordine acre e putrido.

Non ricorda altro che il pensiero incessante della ferita inferta a se stessa ed a lei quale risarcimento fittizio e superfluo di una manchevolezza inevitabile.




Pensava sempre: " E' solo un uomo" con il senso di disprezzo ed autodistruzione che premeva nelle viscere e che annebbiava la sua identità lacerata.

Tutto finì quel giorno. Lei non la vide più.

Seppe, in seguito, che lei si era trasferita in una nuova città con un nuovo amore e da lì a poco anche lei si trasferì in provincia. Non tornò mai più in quei luoghi ed in quel tempo e non vide neppure mai più Gabriele . Sino a qualche giorno fa.

Lei era nel negozio di una sua amica di città quando si accorse che l'avventore appena entrato era quel Gabriele CHE AVEVA CONOSCIUTO. Appena lo vide INSORSE inaspettato un rigurgito d'odio e di acredine creduto esaurito negli anni. Invece no. Era intatto se non raffinato dal tempo e dalla maturità imparata. Lo guardò intensamente : aveva persino lo stesso giaccone di pelle ora sbiadito e macchiato dall'uso . Il suo zoppicare non era più gradevole alla vista, ma , anzi, accentuava la sua vulnerabilità e la sua debolezza. I capelli erano grigi e spenti. Il viso ERA non sbarbato e segnato da rughe profonde. I gesti dimessi e il capo chino lasciavano intuire esperienze tristi e sconfitte cocenti. Lei invece, appoggiata allo stipite della porta oltre il bancone, aveva i modi ed il tono brillante di chi determinava il proprio passo.

Lei cercò di richiamare alla mente il giorno vissuto in quel tempo: le sue carezze esperte, la sua condotta fiera di uomo vincente. I movimenti risoluti e prepotenti nell'atto sessuale.

E d'istinto sorrise,perciò, del riso sottile e maligno di bimba cattiva.

STORIA DELL'AMORE CHE NON E' MAI UGUALE - TERZA PARTE

Era una nuova sorgente che produceva una forza rigogliosa, era un nuovo nutrimento che soddisfava il senso della loro unicità con l'incontro delle loro affinità profonde ed imprescindibili da loro stesse.
Lei passava ore ed ore a lisciarle i lunghi capelli e tra le mani riconosceva il calore della propria pelle ed i movimenti familiari dei suoi fianchi. Le sue dita leggere attraversavano sentieri conosciuti e amati da sempre come se quel luogo e quel tempo non potessero che essere l'unico luogo e l'unico tempo da vivere e di cui dissetarsi. Era nel suo corpo eppure era un' altra da lei, poteva quasi respirare all'unisono tanto rispondeva il suo palpito a quello di lei, tanto le era noto il fremito.

Ma un pomeriggio lei non venne all'appuntamento. E neppure il giorno dopo ed il giorno ancora successivo.
Lei non voleva pensare. Ma già la sintonia fraterna era compromessa , ma già il silenzio aveva il suono di una verità discordante dai suoi bisogni. Era divenuto altro e lontano.
Andò a casa di lei che l'accolse, ricorda ancora, in accappatoio serena e sorridente. Lei, quindi, Disse: " Ma, cara Ceci, Devo stare con il mio uomo"
Lei ascoltò dapprima senza parlare, ma anche in seguito, mentre parlava di fiducia, di legame, di incontro, di comunione, nello stesso tempo sentiva che ciò che era successo era grondante di autenticità e di logica, quella logica che prevale nei ruoli stabiliti, nei comportamenti acquisiti.In quel vivere sociale che non riconosceva dedizioni diverse e che sentiva ostile ciò che non comprendeva. Era la voce di un accordo indiscutibile.
Le sue parole quindi sarebbero state inutili.

Lei ripeteva tra se' : " Il suo uomo" e le pareva il suono come scandaloso. e le pareva l'epiteto come un ingiuria infamante e distruttiva.
Si sentì soffocare dall'odio. L'incanto oramai era svanito. Era stata ricondotta ad un ruolo che non aveva chiamato, era stata costretta ad indossare un abito ripudiato.
Ella stessa era stata respinta ed annullata. Non era nulla. Non era un uomo, sicuramente.

Uscì dalla casa correndo sulla strada. Era l'ombra dell'amore che la indirizzava: ossia un odio lacerante e doloroso.
Le parole riecheggiavano nella sua mente in modo ossessivo e mistificante. Pensava: " E' il mio uomo" pensava ancora " E' il mio uomo" e mentre ripeteva come cantilena infantile la frase odiosa che l'aveva ferita, si accorgeva che andava trasformandosi in altro. Era diventata infatti una frase del tipo: " Lui è solo un uomo" e ripeteva: " Lui è solo un uomo" rivestendo le sillabe di significati puerili e inoffensivi.
Ancora pensava: " ma lui è solo un uomo" ma nient'altro che un senso di odio e di vendetta maligna le occupavano la mente,Ripeteva ossessivamente: " Ma lui è solo un uomo" e null'altro se non un senso di disfatta incolmabile riempiva il suo cuore. Con queste premesse criminali lei suonò il citofono di Gabriele......proprio lui, proprio di quell'uomo per cui era stata così profondamente ferita.