Accadde: me ne stavo lì a guardare il mare, anzi, questa massa d'acqua mobile e potente che pareva avanzare senza raggiungermi. E finalmente accadde.
Accadde che l'acqua non fu più ciò che io pensavo del mare , ma un profonda combinazione dell'esistenza che mi esprimeva senza definirmi, che mi abitava senza esserne ospite che si mostrava vitale ed eterna senza permettermi di esserne protagonista invece solo elemento imprescindibile del mare.
Cosa sarebbe cambiato di quel poderoso oscillare delle acque luminose se la particella che io ero si fosse arenata tra i flutti verdeggianti dell'eterna corrente? Non era forse quell'acqua davanti a me la riprova di quanto io non fossi che un'impressione d'essere, un pensiero di vivere che mi ingannava e che non apparteneva al mondo? Non era forse, quell'acqua innocente ma profonda e sconosciuta a decidere il percorso del moto perenne del tempo senza spostarsi e senza cedere il passo? Non c'ero io, ma la massa d'acqua ordinata e pesante che procedeva implacabile verso se stessa per sommergere totalmente la debole impressione che avevo di me. Il pensiero simulato della vita che non mi apparteneva. Avevo varcato la soglia rassicurante della mia identità immaginaria : ero dentro l'acqua e m'avrebbe fatta sua in quell'abbraccio abissale di morte/ vita a cui non ci è dato pensare.
2 commenti:
Il mare, per le sue caratteristiche naturali, per come si "esprime", per come pulsa e vive, rappresenta una simbologia molto potente del nostro paradossale rapporto col divenire, col tempo, con la mutazione che è al contempo permanenza...
Questo tuo scritto, Anto, è una vera e propria acrobazia poetica spumeggiante :-)
Grazie Gillipixel, sono tirata per i capelli da tutti i suoni profondi e meno male che delle volte c'è la politica che mi riporta ad un pensiero molto terra terra. baci salati
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