"L'altro", si sa, ci abita intimamente.
In tutti noi c'è più o meno consapevolmente una follia sopita, una coscienza del "non senso" che siamo ed, ancora di più, un dolore, o meglio, un affanno misterioso che quotidianamente ricacciamo nell'abisso da cui siamo giunti e sicuramente torneremo. L'altro, allora, diviene tutto questo: diventa la minaccia di una disperazione IMMINENTE che può sorgere all'improvviso quale fuoco mortale di un vulcano dormiente. "L'altro" è la parte lacerata di noi trasformata in una cicatrice all'apparenza insensibile . Eppure sappiamo che potrebbe bastare poco per farla ancora sanguinare e, così, per sconvolgere definitivamente la nostra vita attraverso il fascino distruttivo dello sconforto.
Sembra, l'esistenza, un costante armeggiare tra la distanza che separa la serenità, quale ragione d'essere, dal dolore , che stronca ogni respiro. Così che, se per distrazione poniamo un piede in fallo, ecco che il dolore ci agguanta e ci trascina tra i suoi antri tenebrosi e crudeli. Ed anche se, a volte la strada pare ammorbidita e lieve, si scorge ugualmente, in lontananza, la voce profonda e seduttiva della follia, quale stagione inevitabile.
Ieri ho incontrato " l'altro." Aveva le sembianze di una donna . Era entrata, come tutte, nel locale dove si attendeva per farsi acconciare i capelli.
Era entrata come tutte, ma subito per me , fu diversa.. Diverso il passo leggero, il modo in cui si tolse la pelliccia, diverso il suo look bianco, casual e giovane. Aveva lunghi capelli nerissimi, il viso rosato e le labbra rosse scarlatto. Non mi ingannò neppure un attimo: dietro le parvenze di donna sicura e determinata traspariva forte e tangibile la sua disperazione. Ci guardammo per un istante e le sorrisi intenzionalmente. Quindi distolsi lo sguardo: la buona creanza vuole che non ci si soffermi troppo su una sconosciuta e così feci.
Ma lei, che era diversa, mi disse: " Come è bella, lei "
Anch'io, allora, mi liberai, subito, dei modi formali e replicai : " Lo stesso avrei detto di lei. L'ho guardata . Appena entrata ho notato lo stile"
" Davvero? " La sua domanda mi piacque molto. In pochi istanti andammo sul personale. Non stava bene, mi disse, soffriva di depressione. E io le raccontai della mia adolescenza. Di mio padre.
Finimmo per parlare di capelli.
Io, così , decisi di tingermi i capelli di nero e lei chiese di farsi bionda.
Quando ci lasciammo, lei venne da me e ci stringemmo la mano. Basta. Non successe altro. Ma sentivo d'avere incontrato il mio dolore incarnato nello sguardo di lei e d'averlo trattenuto un po' tra le mie mani.