Trascurando di parlare di questa legge elettorale che impedisce al cittadino di " scegliere " il proprio candidato ( ma di scegliere in base a cosa? Ormai i programmi dei partiti si equivalgono in una corsa alla conformazione che sembra la sola in grado di avere consensi da parte della massa popolare ( la conformazione di idee e l'appiattimento delle differenze ) non vi pare d'avere l'impressione che la politica vera non si faccia sugli scranni del Parlamento, ma in altro luogo?
La politica, INFATTI, la fa il mercato internazionale. Chi decide se una Nazione deve essere declassata o meno non lo stabilisce la formazione culturale o il grado di sviluppo sociale ed etico di uno Stato, ma la sua forza economica e la sua capacità di competizione nellla vendita di prodotti di consumo.
E in mezzo a questo marasma di azioni sopra le nostre teste noi ci barcameniamo a cercare di scegliere, di capire, di protestare di essere presenti un poco per poter sopravvivere.
Ed intanto abbiamo i nostri figli a cui pensare e le bollette da pagare e le piccole crisi sentimentali ed esistenziali con cui confrontarci di gran lunga più importanti che sapere se quel " gestore della cosa pubblica" fa le cose per bene oppure no.
Noi cerchiamo di schierarci mentre, vedete, l'opposizione si fa flebile ed accomodante quando qualche questione va a toccare anche i suoi privilegi e la maggioranza fa in modo che questi privilegi siano in massima parte condivisi tra tutte le forze presenti per poter avere alla fine una contrapposizione debole ed atona.
Gli accordi all'interno dei parlamento sono atti a cercare di mantenere le posizioni di vantaggio dei parlamentari rispetto allla maggiorparte della popolazione, sin dai tempi ( ma anche prima, và) della famosissima proposta sulla bicamerale con cui D'alema ha voluto chiudere un occhio, anzi tutti e due, sui provvedimenti da adottare in relazione ai famossissimi conflitti di interessi e così via.
Bersani ripete all'infinito " Dimissioni ed elezioni " con un tono modaiolo e pacato tanto che lo rende unico atto di cui sembra disporre per i due anni che ancora ci separano dalle elezioni.
Il sistema politico non fa altro che applicare gli input che giungono dai mercati internazionali, ossia la politica non è altro che un attività economica gestita dai grandi affari che si muovono nel mondo.
Non ci sono fautori, ma solo pedine in circolo che cercano di trarre alla fine un vantaggio tutto personale da questi movimenti grandiosi.
All'interno di questo grande sistema economico, le ideologie non trovano posto perchè erano sorte e formulate in base ad un etica sociale e morale sconosciuta ai giochi economici che ora amministrano il mondo. Le dottrine che distinguevano un partito da un altro hanno dovuto amalgamarsi per modellarsi al sistema economico e finanziario tanto da non distinguersi più in modo netto e deciso.
I programmi non esistono e si cerca di raggiungere il consenso attraverso l'immagine accattivante di quello o quell'altro personaggio in base a una qualche attrattiva emotiva ancora a me incomprensibile. Se non c'è più una ideologia a cui fare riferimento allora contro chi ci si può ribellare, contro chi anteporsi e discutere?
Se, sia da una parte che dall'altra , si aspettano le direttive di un macro sistema internazionale che permetta le scelte nazionali, ecco che manifestare un qualche coinvolgimento personale ed ideologico diventa un atto ridicolo e soprattutto infruttuoso.
Uniformati come siamo ad una adesione di destra o di sinistra (poco cambia) , sento che una nuova voce debbe ripartire in luoghi meno compromessi dal linguaggio standard : ossia i comuni; centro di origine del nostro Stato , dove ancora si possono individuare sedi non contaminate per far sorgere un codice alternativo, una storia inedita. o almeno spero.