mercoledì 4 agosto 2010

IL NON TEMPO E IL MARE SEMPRE PIU' BLU

Hai il passo leggero di un animale selvatico. Tutto il giorno lo sfrigolio del mare nella battigia è il suono che ti accompagna nel tuo spazio luccicoso.
Hai tutto il giorno mani e piedi nella terra e nell'acqua come fosse una nuova consuetudine. Ti pare che sarà sempre così, un incontrarsi tra indigeni fatti di pelle e profumi salati con la luce nello sguardo acceso oltre l'azzurro in fondo, ancora più in fondo per un nuovo orizzonte di sassi e terre lontane. Potresti stare per sempre tra questi volti salmastri e caldi come fosse l' epilogo naturale della tua esistenza.
Non hai più i tuoi vestiti. Non ti servono. Nessuno si meraviglia. Nessuno ti chiede cosa devi fare. Non è più il tempo delle risposte da dare. Non ci sono domande in questa nuova stagione. Galleggi leggera in una bolla calda e morbida fatta di correnti marine e leggende di gabbiani bianchi.
Ormai ti sei fatta l'idea che gli altri siano stati in costume da sempre con le infradito di color pesca chiaro e tutte quelle idee creative su come cucinare le acciughe in padella.

lunedì 2 agosto 2010

FATTI PIU' IN LA'

Questo tempo , così diverso da quello in cui ero immersa qualche giorno fa, è un tempo spazioso.
Ma non inteso come spazio fisico, poichè anche quello, a parte le prime ore del giorno ( la foto ve le mostra) , è super affollato. Il tempo di cui sto parlando è il tempo psicologico. Mi tiene lontano dalla stretta soffocante di momenti snervanti che non mi permettevano di lavorare al meglio. In questi giorni di vacanza sono impegnata a riflettere sul mio tempo stretto, impellente, incalzante e improduttivo. Un tempo senza lo spazio necessario per fluire in me e arrotolarsi in me come unica sostanza imprescindibile. Mi diletto dei volti intorno e dei corpi in costume come mi trovassi in un pianeta di colori e voci nuove. Ho una teoria su questo che racconterò in seguito.

giovedì 29 luglio 2010

LA VERITA' QUANTO BASTA

Naturalmente non è sufficiente essere sinceri. Molto spesso mi chiedo se questa mia sincerità sia giusta: ossia se la passione che l'accompagna abbia in se' la radice della giustizia. Perchè l'autenticità intesa come espressione di se stessi non è sempre la scelta migliore. Molte volte le nostre esternazioni sono causate da nevrosi personali, da necessità viscerali , da aspirazioni alla dissolutezza. Per questo dobbiamo fermarci e riflettere su questo. Finora la mia posizione è stata suggerita da una spinta profonda non completamente definita. Sono io, ma cosa di me esorta o rallenta? Vi è dunque una energia dinamica che si sviluppa e che sceglie per me quale necessità impellente, quale appetito a cui non so sottrarmi? .
Non è dunque un canto di sirene perverso, un miraggio che travalica la verità intesa come giustizia universale?
Sto partendo. Ho riempito il mio camper di viveri, lenzuola e asciugamani colorati. Rifletterò su questo.
Per ora risposte non ne ho.

mercoledì 28 luglio 2010

CARNEFICE E VITTIMA : UN SODALIZIO SPEZZATO.


Un lettore scrive:: "Il fatto che tu dimostri aggressività non da l'idea di te di una persona remissiva.... soggetta a prevaricazioni".
Cribbio. Non so se ti sei reso conto di quello che hai scritto. Ma partiamo dall'inizio.

Partiamo dal descrivere chi è colui che decide di esercitare una violenza, una sopraffazione ai danni di un altro individuo.

Come succede che un individuo comincia a perpetuare azioni intimidatorie e prepotenti contro altri? Le ragioni possono essere molte. Si dice che la spinta a imporsi con violenza sugli agli altri sia causata da una serie di processi psicologici ordinari per cui l'individuo per potersi esprimere ha bisogno di schiacciare gli altri e di assoggettarli a se'. Hegel arriva a dire che mentre gli animali cercano di far soccombere un altro animale per fame, gli uomini lo fanno per essere riconosciuti, per emergere insomma ,per " salvaguardare" la propria identità , per renderla visibile alla comunità. Questo atteggiamento è sicuramente dettato da una visione perversa della vita comunitaria e del proprio se' profondo. E questo è il punto. Molti, accettano di buon grado di essere " vittime" di non ribellarsi a queste violenze, a queste sopraffazioni per altrettante patologie psicologiche, per vissuti propri, per per - versioni mai affrontate. Ma, caro C. , non tutti sono disposti a fare la " vittima" ed io sono fra coloro che si ribellano ai giochi malefici e criminali . Io sono dalla parte di coloro che da subito riconoscono le dinamiche del sopruso, della coercizione e si indignano e si ribellano con tutta la loro forza ed anzi, davanti a tale situazione insorgono con una energia ancora più forte e più decisa che altrimenti non avrebbero ( si può allora dire che sì, la vittima si può riconoscere dalla passione che ci mette nel reagire ad una angheria, non sicuramente dall'atteggiamento rassegnato e mesto) . No, caro. Troppo comodo per i carnefici avere anche le vittime remissive e pronte a farsi schiacciare. Ci mancherebbe. I carnefici vogliono vittime rassegnate alla sconfitta? Che non siano troppo aggressive, che accettino di buon grado le umiliazioni? Cazzi loro.

I carnefici vogliono che le vittime siano remissive perchè se no non pare loro che rappresentino al meglio il ruolo di vittime? Ebbene, peggio per loro.

Non tutti, caro vecchio C., sono disposti a essere vittima . C'è gente che si indigna, che si muove, che si ribella, che non porge l'altra guancia ed Amen . E poi, carissimo, c'è ancora un altro aspetto non trascurabile. Il problema non può e non deve essere considerato solo in questo " dualismo" vittima e carnefice ma l'intera comunità ed ancora di più, l'intera umanità che assiste e/o viene a conoscenza di soprusi non può tenersene fuori: anche se non ricopre ne' all'una nè all'altra figura, è necessario che estenda il proprio senso di giustizia ad ogni azione in cui si intraveda l'assenza del rispetto per l'essere umano e la sua dignità profonda, preziosa, inalterabile. Bon.....