domenica 19 luglio 2009

LA DIFFICILE SEDUZIONE - PARTE TERZA


....Il giorno dell'appuntamento lei aveva lavorato SENZA MAI FERMARSI. Non aveva voluto pensare a lui neppure per un secondo.
Giunta a casa , aveva cominciato a prepararsi per uscire. Subito aveva fatto la doccia, lavandosi accuratamente i capelli. Li aveva spazzolati in modo che potessero essere molto vaporosi e morbidi. Quindi aveva selezionato i vestiti provandone qualche capo. Aveva infine scelto una gonna nera a tubo aderente e la maglia che più le piaceva: era molto scollata ed aveva un piccolo drago argentato sul seno. Avvicinò il viso allo specchio e con attenzione pedante segnò il contorno delle labbra con la matita rossa. Quindi rovistò nella busta e selezionò il rossetto adatto al colore appena disegnato. Si allontanò un poco per specchiarsi interamente e fu contenta del risultato. Spruzzò leggermente il suo profumo gentile dietro le orecchie. A quel punto guardò l'orologio. Mancava ancora una mezz'ora ed il luogo dell'appuntamento non distava molto da casa sua. Si arrestò d'improvviso. Non aveva pensato a nulla per tutto il tempo, ma adesso era arrivato il momento, anzi, non fu il momento ad arrivare , fu il suo pensiero che la prese per i polsi e la strattonò energicamente.
Lei cosa sapeva di lui? Nulla, se non che sorrideva in un modo particolare, se non che il suo sguardo si abbassava scuro e confuso negli attimi del suo guardare. Sapeva che il suo corpo era forte e sodo e che le sue gambe erano grosse e muscolose.
Avrebbe mai potuto essere convertita nella nuova dimensione dell'incontro ? essere un corpo con l'altro, essere non solo dunque carne essenziale e inerte che sii appropria di altra carne e sentirsi solo ciò che chiede l'altro ossia un atto senza contenuto, senza scena ossia un atto o - sceno?
Era già successo non tanto tempo fa . Lei aveva desiderato uomo. Cosa era stato? Ripensandoci non poteva definirlo amore perchè l'amore vuole stabilità. Vuole continuità. Vuole intimità profonda. Il desiderio invece si muove senza tempo e non si da obiettivi. Il desiderio vuole allontanare la quotidianità che pure continua a far parte della propria vita perchè non si sopravvive ad un senso dell'ignoto per sempre . Infatti lei, pur avendolo desiderato, aveva avuto una vita di abitudini perfette dove lui, per poter essere ciò che era , non poteva entrare.
Lei andava a far la spesa e continuava a lavorare mentre il suo desiderio seguiva un percorso contrario, o meglio penetrava come lama sottile all'interno di quella realtà stabile originando una sottile feritoia per l'espressione di se' stesso e per il suo fremito senza nome. Ma era staccato da se' come errante senza meta e senza risposta. Il suo movimento era il gioco che permetteva la sua esistenza. Dove l'insolito era il suo tempo. e dove il tempo era l'eccezionalità dell'istante.
Il desiderio è scorretto perchè vuole prendere e si offre solo in cambio di sottrarre con avidità ciò che più gli preme. Era stato esaltante. Era quello che lei voleva. Perchè la sua vita tranquilla, il suo uomo, i suoi amici, le davano tutto il resto. La quotidianità era l'accessibilità alle cose invece il desiderio, l'erotismo era nutrito dall' aspettativa dell'avventura, del viaggio. Della fantasia di ciò che poteva essere. E dunque quale sarebbe stata la sua vita ? un oscillare tra un gioco di solitudine dove lo spazio per la con - versione con l'altro avrebbe lasciato solo lo spazio per la propria per - versione ?
E, in tutto questo, i muri alti edificati nel tempo dall'uomo desiderato e da lei stessa non avrebbero subito lo stesso una demolizione inopportuna? Non avrebbero subito una disgregazione inevitabile?
Forse, pensò, l'essere umano non può che rassegnarsi a tollerare queste sue necessità e permettere al proprio spirito di librarsi in ogni caso ed in ogni sua espressione. Perchè non esiste una sola vita e le abitudini sono come fragili e sottili vetrate e possono essere infrante.
Lei stette immobile per un po' , ma non si fece ingannare dalla propria esitazione. Perchè alla fine prese il suo zaino, le chiavi della macchina , gli occhiali da sole e chiuse la porta frettolosamente: non voleva assolutamente arrivare in ritardo.....

sabato 18 luglio 2009

LA DIFFICILE SEDUZIONE - PARTE SECONDA


.....I suoi desideri, o meglio , i suoi capricci irriducibili e spudorati , la allontanavano dalle irrequietezze dell'anima che non riusciva a parlare se non il linguaggio incomprensibile della SUA specificità .
Questa , infatti, la faceva stare come sospesa in un tempo senza tempo, in un luogo senza ragioni se non quelle dettate dal suo demone malvagio, là dove la malvagità era voce inedita e sconosciuta al mondo.
Ma questo calarsi nell'interesse per qualcuno , questo crepitare di umori sanguigni e carnali riusciva a farla stare al mondo senza l'inquietudine ed il senso di spaesamento dello straniero quale ella si sentiva di essere .
Lei, per quella occasione, cedeva la sua parte velenosa e sofferente per accudire alla sua nuova propensione e dimorare interamente tra le sue voglie personalissime e indiscutibili.
In questi momenti lei sentiva il suo corpo governare il passo ed il respiro. Lei sentiva il suo sesso profumare di nuova energia vitale, lei obbediva mansuetamente alla corrente delle sue riflessioni involontarie e potenti.
Non riusciva che a vedere il volto di lui in mezzo alle macchine , ai tavoli dei bar, ai suoni bisbigliati della città confusa . Non vedeva che il colore scuro degli suoi splendidi occhi lucidi, non vedeva che le espressioni accennate del corpo e dei movimenti del suo viso, delle sue mani, delle sue cosce.
Non ascoltava che il suo essere tra la gente con la voce gentile ed il sorriso, non attendeva che il cenno di sguardi ardenti e corrisposti.

L'avrebbe visto il giorno dopo, ma intanto doveva passare da lui , al mattino, per altre faccende.
Aveva indossato un abito stranissimo con una gonna a palloncino di colore beige in completo con una piccola canotta dello stesso colore che scendeva morbidamente sui fianchi e che si sollevava leggermente al primo accenno dei gesti del corpo. Aveva delle piccole scarpe con un vertiginoso tacco a spillo.
Lei era elegantissima. Lei era bellissima.

Entrata nel suo ufficio , vide lui in compagnia di una donna piccola e magra. Quando si avvicinò alla coppia , dal disagio di lui , capì immediatamente il genere di relazione che la legava a quella persona.
Lei sorrise ad entrambi, ma sentì il bisogno di sorridere ancora più intensamente in direzione della donna che le parve come disarmata.

Sorrise sempre e rise ancora e parlò dolcemente cercando di coinvolgere la donna con frasi dedicate solo a lei , con parole spese solo per lei sino a che non salutò entrambi ed andò via.
Per la strada camminava pensosa e colpevole. Le pareva d'essere lei quella donna e nello stesso tempo la sua aguzzina impietosa.
Per la strada camminava con lo sguardo torvo e assassino.
Si sentiva vittima e carnefice.
In fondo era proprio così.
Perchè non era una giovinetta senza alcun vissuto precedente ? Perchè non era come un tempo quando chi incontrava aveva tutto da costruire e tutto realizzabile? Dovunque volgesse lo sguardo i vincoli di ciò che era si alzavano come muri di cemento invalicabili.

Per la strada lei camminava con tutti questi pensieri ridicoli. Avvertiva vagamente il peso insostenibile di un senso misterioso di pudore e vergogna che non sapeva decifrare. .....

venerdì 17 luglio 2009

LA DIFFICILE SEDUZIONE. PARTE PRIMA

Lei aveva fatto di tutto: doveva ammetterlo: la voce morbida, lo sguardo profondo rivolto solo a lui, soltanto a lui , mentre si svolgeva la conversazione con tutti gli altri. Era stata brillante, suadente, convincente. Era intervenuta nella realizzazione di quelle puerili aspirazioni di cui l'essere umano si addentra un po' per sfida.

L'egemonia del proprio io aveva lavorato con impegno ad un'impresa più volte giocata: quella della ostentazione di se' per attrarre ed ottenere consensi. Il gioco della seduzione per accontentare le proprie voglie.

Se inizialmente quel gioco era stata la sua principale ed unica spinta ad agire, a poco a poco che la storia si districava quale matassa morbida e docile tra le sue mani, aveva dimenticato il motivo principale del gioco , aveva confuso le ragioni della passione.

La prima volta che l'aveva visto per lei non vi era alcun dubbio: in lui si identificava tutto ciò che le piaceva in un uomo: perchè era un uomo quieto, silenzioso. Era un uomo schivo. Perchè la sua carnagione era scura e torbida. Perchè nei tratti del viso si delineavano la ruvidezza della sua terra d'origine e la frugalità delle sue giornate assolate . La ritrosia che manifestava nel parlare e nel mostrarsi l'aveva tratta in inganno sulle possibili difficoltà dell'impresa. Invece tutto era stato semplice. Lui non s'era sottratto al richiamo ed allo sguardo. Lui aveva risposto agli inviti muti ancor prima di attendere un riscontro.

Qualche giorno dopo lui le aveva chiesto in tono casuale: " Potremo incontrarci nel pomeriggio per discuterne? " ma i muscoli serrati della mascella, ma le braccia rilasciate pesantemente lungo il fianco tradivano l'inquietudine del dire. Lei aveva risposto subito: " Sì" perchè era suo il gioco giocato, era la corrente invisibile del fiume scuro e profondo che scorreva oramai autonomamente ......

giovedì 16 luglio 2009

STORIA DELLA BIMBA VULNERABILE E LA PACE NEL MONDO

......................................................................la bimba

La bimba sembrava sempre così vulnerabile rispetto alle altre bambine. Aveva uno sguardo così allarmato ed indifeso che metteva inquietudine.

Per molto tempo dopo che la bimba era nata non veniva chiamata con il suo nome che era Giulia, perchè sembrava che questo nome burocratico, non si intonasse con l'immagine di essere fragile, di esserino piccolo e delicato quale lei rappresentava. Più che una bimba sembrava un fiorellino di campo ancora ignoto alla botanica. Sembrava un insetto colorato e raro. Persino la sua voce sembrava un verso sibilante di piccola bestiola prigioniera. Allora veniva chiamata: "La bimba" con quel tono deferente e sommesso che si usa per le cose ancora non identificate e che potrebbero rivelarsi tutt'altra cosa da quella ipotizzata.
La bimba dormiva pochissimo e mangiava ancora meno. Masticava a fatica e non deglutiva : sembrava quasi che per compiacere l'adulto, la bimba accettasse suo malgrado il cibo per trattenerlo in bocca non sapendo in quale altro modo utilizzarlo.
La bimba non amava tenere le scarpe. Quando la sua mamma gliele metteva, la bimba la guardava allibita e diceva: " No - No - No".
Sembrava di obbligarla ad una costrizione contronatura tanto che la mamma si chiedeva se per caso non fossero stati gli umani a sbagliare mettendosi ai piedi quegli strani aggeggi.
La bimba non amava i rumori forti. Si spaventava facilmente. Ad ogni rumore molesto ( ed anche una voce sgradevole per la bimba era un rumore insopportabile) la bimba aveva degli scatti nervosi come se stesse per cadere in un precipizio senza fondo.
Allora la mamma cercava di contenerla con le mani e le braccia. La avvolgeva completamente con il proprio corpo per non farla disperdere nel vuoto come fosse una specie di liquido traboccante. Era una piccola ameba di latte ed acqua che dilagava nel mondo quasi senza controllo.
La mamma aveva sempre paura che alla bimba capitasse qualcosa di terribile. I primi anni di vita per la sua mamma furono anni caratterizzati dalla paura.
Si ricordava, la mamma, che quando era entrata in ospedale era entrata sola e vestita di nero con una piccola valigia scura. All'uscita, invece, aveva una carozzina gialla e rossa con dentro la bimba. Aveva una copertina rosa e viola, insomma, era piena di colori! Non le pareva possibile che poteva portare via la bimba senza pagare nulla. Aveva una cosa in più e prima la bimba non era stata di nessuno.
Un qualcosa di nuovissimo.
La bimba era molto leggera. La mamma la poteva tenere con una mano sola e non faceva alcuna fatica.
La bimba muoveva le braccine e le gambine come un piccolo ragno impazzito. La mamma non pensava che alla bimba perchè la bimba occupava tutto il tempo della sua vita.
La prima volta che la bimba aveva visto il mare aveva cominciato una specie di danza con le piccole braccia protese all'acqua e con la vocina sottile che diceva: " Il ma... il ma.." e la mamma , allora, che sino a quel momento era sempre stata distratta, presa da riflessioni su come l'esistenza fosse crudele e matrigna, s'accorse, d'improvviso, della straordinaria maestosità del mare e lo guardò sbalordita come lo vedesse per la prima volta.
Fu da allora che la mamma, a poco a poco mentre portava in giro la bimba, cominciò ad osservare le foglie, i fiori e le stagioni, le giostrine dei giardini, i giocattoli e l'arcobaleno. Fu così, dunque, che la mamma fece pace con il mondo.