martedì 7 luglio 2009



Il desiderio prende vita da un contatto con l'esterno. Con l'altro. Per quanto l'uomo si crogioli nella solitudine e nella individualità silenziosa il suo sguardo è rivolto al mondo. La sua riflessione è frutto di una elaborazione di esperienze. E l'esperienza non può che svilupparsi nell'incontro con l'esterno. L'acquisizione di quel minimo di equilibrio che ci permette di stare al mondo è questo impegno a far dialogare la nostra profonda intimità con l'esterno.


Tutto ciò che viene a crearsi di nevrotico, di instabile, di crudele è dovuto alla mancanza di questo bilanciamento. Il senso di proprietà, di gelosia, di incomprensione , il senso di solitudine che la relazione ci causa sono legate a questa contaminazione malriuscita.

Non ho bisogno d'avere vicino una persona. Ho bisogno invece della condivisione del sentimento. D'essere complice e sorella. Di riconoscere sconosciute nostalgie racchiuse in se stessi e ritrovarle miracolosamente intatte e trasparenti. Se l'altro non evoca l'abisso profondo materializza una nuova solitudine di parole inutili e di contatti superflui. Diventa una canzone inascoltata.

La relazione deve permettere all'individuo di essere riconosciuto, di sentirsi all'interno di essa ciò che è. Sembra una banalità, ma non avviene quasi mai. Eppure solo attraverso l'incontro affettivo ci possiamo sottrarre alla mancanza di significato che attanaglia la nostra esistenza. La propensione all'individuazione è sempre in conflitto con la necessità intima di spingersi altrove da noi dove incontrare e ri - conoscere l'altro ed amare ed essere amati a costo di sofferenze inevitabili.
Le potenzialità dell'individuo possono rivelarsi solo se c'è un mondo esterno che gli da la possibilità di manifestarle e metterle alla prova.


Questo può essere possibile se abbiamo la forza ed il coraggio sufficiente per affrontare questa occasione di crescita.
Insomma l'amore è tutto.

lunedì 6 luglio 2009

GIORNALISTI ALLA RICERCA DEL MAL DI PANCIA


il motorino dell'autrice del Post con sopra l'autrice. OOOOHHH


Ok, stamattina volo basso.
Sabato, in spiaggia, leggo "la Repubblica".
In prima pagina c'era il titolo: " Stupro a Roma". Leggo l'articolo. Sorvolo sul testo. Questa urgenza di dare un ruolo sociale ad un criminale chiamandolo " stupratore seriale" mi inquieta un po'. Ma la cosa che più mi ha infastidito è stata la pubblicazione al fianco dell'articolo in prima pagina di una immagine di scarpe di modello elegante con la didascalia" le scarpe della vittima" . Ora: mi chiedo l'utilità di quella foto. Poteva servire per spiegare in modo più dettagliato la dinamica del criminoso fatto? No davvero. Tramite la visione di quelle scarpe il lettore avrebbe potuto capire di più o meglio ciò che era avvenuto? Per niente. Forse ai fini dell'informazione può interessare sapere quale indumento ( jeans gonna o altro) quale accessorio poteva indossare la vittima? nO. Questo perchè il giornalista del quotidiano non ha più come fine del suo articolo informare il cittadino ma invece ha come suo principale scopo di " suscitare emozioni" Vuole produrre commozione. Vuole far leva sulle sensazioni di " pancia" della gente.
La notizia diventa poi un optional, anzi la notizia è al servizio della fantasia e della capacità del giornalista di procurare impressione. Ed ecco allora immagini forti, scioccanti che niente aggiungono alla esposizione del fatto, ma solo a far esclamare"OHHHHH" e vendere più giornali. Ben vengano, allora, immagini di peluche, scarpe di vittime, borsette , motorini, soprattutto in prima pagina. C'è da competere con " Il Giornale" ed anche " Libero". Malgrado le sovvenzioni che arrivano dallo Stato, gli incassi non bastano mai. Dunque, avanti così, "Giornalisti "....


domenica 5 luglio 2009

giovedì 2 luglio 2009

LA STRADA SENZA CONFINI ED IL DEMONE AL VOLANTE


Ho sfilato i capelli. Stile spettinato: non è difficile per me raggiungere questo look. Sto da Dio.
Tornata da questa incombenza, ho preso una piccola busta per i costumi da mare, una tovaglia, lo scottex. Sono scesa nel grande posteggio dove si trova il mio camper. Sembrava un grosso e placido animale .Ho premuto il pulsante delle chiavi che subito ha emesso un piccolo suono. Solo dopo vi sono salita sopra. all'interno la luce del sole era come sfocata e sorda. Ho cominciato a sistemare le mie cose nei piccoli cassetti. Domani parto per la Toscana. Vado a Marina di Grosseto. Viaggiare mi da quasi lo stesso conforto di scrivere . Scrivere viaggiando immagino che sia il massimo. Ma non ho corrente elettrica nel camper perchè faccio campeggio libero. Domani uscirò dall'ufficio alle 13.00. La prima cosa che farò sarà togliermi il vestito di rassicurante segretaria amministrativa. Mi vestirò come una vagabonda . Diventerò una pellegrina. Ossia una persona che non ha un punto di riferimento se non se' stessa come essere non situato.
Per questo mi piace andare. Andare vuol dire porsi nell'ottica della ricerca di un posto o forse porsi nell'ottica di non essere mai fermo. Ma su questo pensierò mi diletterò nei miei giorni di viaggio. E poi ho il demone con me: quando non lavoro lo lascio padrone della mia vita interamente. riesce a mutare persino le sembianze morbide e voluttuose che durante la settimana mi caratterizzano. Divento molto più alta, più ingombrante e la luce che mi circonda offusca i confini, per questo li posso attraversare senza sforzo.