lunedì 6 ottobre 2008


LO STATO E LA MADRE


Tu mi dici di avere pazienza, ma io non ce l’ho. Non ho la pazienza. Perché avere pazienza significa addentrarsi nel futuro e il futuro non c’è. C’è l’oggi.. C'è il momento attuale.
Perchè quello che immagini non esisterà veramente. Sarà un'altra cosa. A volte anche molto diversa. Non voglio pensare, non voglio ipotizzare su cosa mai mi può riservare questa esistenza e non mi interessa . perché quello che è vero e assolutamente un dato oggettivo è che mia figlia non c’è ora e non vuole esserci.
Non c’è stata ieri, sì, anche ieri non c’è stata. E tutto questo è quanto il mio cuore percepisce . Giulia è mancante e consapevolmente mancante. Non voglio immaginarmi altro e non mi interessa neppure sapere il motivo. Perché non c’è mai un reale motivo per l’indifferenza, per l’assenza, per la dimenticanza. E’ un problema suo . Ed è un problema pesante per lei. Perchè io non sono solo Antonella, capisci? Che poi ( modestamente eh eh ) non è poco.
Ma rappresento un valore, un senso di origine che si radica nella morale di ognuno di noi e salda i pezzi di cui siamo fatti , miliardi di pezzi sconosciuti tra loro e differenti .
Sono la" madre " . Capisci , sono la madre. E lei non sente nulla neppure il senso di provenienza , di continuità, di orizzonte. E non per me non per me, capisci, piango. Per lei che non si inchina davanti a nulla e a nulla si commuove o si inorgoglisce. Perché ci sono dei simboli più forti delle persone e le persone non possono che rendere omaggio al valore del ruolo, del significato che ricoprono da millenni ed ancora. Non solo non ho pazienza. Ma averla non mi servirebbe perchè non c'è nulla da aspettare, in fondo. Il delitto è avvenuto. Non posso che prenderne atto. Ma non ha ucciso me ( che sono qui , mi vedi ? a scrivere seduta comodamente) . Ha ucciso la madre. Ha ucciso il segno. Il messaggio. La radice. Il suo senso dell’eterno, del divino, della vita stessa, della compassione, della speranza. della continuità.
Ti racconto un piccolo anedotto.

Qualche tempo fa stavo lavorando e c'era una cerimonia ufficiale. Si commemorava un giorno di festa da calendario. Una festa di Stato. Fino ad allora non avevo tanto badato a queste cerimonie. Ma quel giorno sì.
Ero in piazza con tutte le ghirlande e le corone d'alloro e gli alti funzionari in divisa e il gonfalone della provincia e dei comuni in bella vista e in ordine preciso.
C'erano i politici, sì loro. Compunti. A mani conserte. In quel momento ho avuto una folgorazione. Non eravamo lì per loro e loro non erano lì per farsi propaganda e esibirsi in qualche performance elettorale: noi, tutti noi e loro pure eravamo lì per qualcosa ancora più grande e potente di loro e di noi e della giornata stessa: eravamo lì per lo STATO. Sì, hai capito bene: LO STATO. tutti a capo chino in rispettoso silenzio , in religioso rispetto per onorare e dare atto ad un valore sopra di noi e dentro di noi senza il quale non saremmo cittadini e uomini e lavoratori e padri e madri e figli anche in questa società. Eravamo silenziosi ed umili e devoti allo stato. e le ostentazioni sarebbero state per altre occasioni e per altri luoghi. Lì si celebrava LO STATO. Ed anche se, tra loro e tra noi, c'era qualcuno che non ci credeva, non aveva importanza perchè in ogni caso doveva chinare il capo e prostrarsi davanti allo Stato che eravamo noi e loro in qualche senso e in un altro senso non eravamo noi , ma qualcosa di grande, di confortante, di protettivo, sopra noi e davanti ed oltre in ogni luogo in ogni momento.
E' questo capisci, che intendo. Di trovare uno spazio nell' anima che si chiama rispetto, fiducia, compassione, fedeltà. Che viene dal profondo di noi che sa della nostra infanzia, della nostra divinità profonda, di mistero .
E di avere per questo senso di assoluto una devota attenzione, una esclusiva gratitudine

sabato 4 ottobre 2008

Il bar Il Covo di Cova

Dopo 25 anni ...
Mauro ha lasciato i suoi bar e cambia mestiere.
Chi mi darà più l'aperitivo alla frutta ?
quello verde marcio?







Sembra una cosa da poco, ma un bar è più di un locale : è una filosofia.

Mauro, non ti resta che prendere un caffè

giovedì 2 ottobre 2008

Il cattivo costume e la scimmietta ammaestrata

Tu non capirai. neppure fra dieci anni. perchè non è un problema di età ma la questione è quella che non sembri in grado di interiorizzare una etica. Non è " il buon costume" un modello comportamentale.
Ma è possedere " IL SENSO MORALE DELLE COSE. "
Tu parli di " buon costume " dando per scontato che tutti attribuiscano a questo termine lo stesso tuo significato. Sarebbe veramente comodo. Ma siamo tanti e tutti con la propria convinzione. Presenti la tua come fosse un dato acquisito per norma di legge. ( sarebbe carino postare il link del tuo sito per mettere in evidenza le cialtronerie che pubblichi, ma non voglio in nessun modo contribuire alla sua divulgazione)
Per me:
Il "cattivo" costume è la mancanza di solidarietà. di sensibilità.
Il " cattivo" costume è il rifiuto e l'intolleranza
Il " cattivo " costume non è un'esibizione di un corpo nudo. ( dato che a questo che ti riferivi pur troppo ) ci mancherebbe. Ma il pensare che il corpo nudo sia una cosa " sporca" da coprire. da nascondere. che esprime nefandezza.
Non è la nudità ad essere sconcia, ma il suo utilizzo. e quello che per certuni rappresenta. Io mostro delle foto, ma non per questo le mie parole non sono serie, non sono avvalorate da tesi precise, da riflessioni profonde. Anzi. Io ci sono. Sono Così, ebbene. Mi metto in gioco con tutta me stessa. Sono anche questo. Ed altro, altro ancora. Sono Purissima. Non mi vendo. Non mi nascondo. Sono trasparente. Ma non per questo più accessibile. E tu lo hai lo hai sperimentato
Perchè sono qui ?con questa vita, se non per germogliare il seme unico e diverso della mia esistenza?
Non sono qui per scimmiottare un qualche ruolo formal/ peloso /rigoroso.
Ma tu non capirai.
Anche perchè non hai abbastanza quoziente intellettivo e invece hai l'arroganza delle persone che non si sono mai confrontate con gli altri . Il tuo raggio di visione delle cose ha una lunghezza che va da Volpedo a Corso Cento Cannoni.
Ed io mi macino per te. senza speranza. Questo mi fa dimenare come leone in gabbia.! Presa . Presa . prigioniera dal dispiacere di essere così distante da questi tuoi atteggiamenti. Lontana da queste tue piccole convinzioni epidermiche, partorite dai luoghi comuni, da frasi afferrate e ripetute pedestramente.. Da slogans assorbiti senza rifletterci neppure un attimo. E non alzarsi da terra. Non alzarsi da terra neppure di poco. Cosa c'è di più volgare di questo?
Sei così abbottonato in queste certezze che spogliarti sarebbe per te un'azione liberatrice. Un togliersi di dosso della spazzatura. Vorrei usare le parole più turpi, le frasi più oscene per scrostarti di dosso questa impudicizia a cui sei abituato ormai misurarti. merda merda
Ti disistimo amaramente. Nella mia sfera di cristallo vedo il tuo futuro ( Giovanni si stancherà molto presto dei tuoi servigi , credo che oramai abbia inteso le tue competenze e non si faccia più illusioni a riguardo) di garzoncino attacca/collegamenti al servizio di una qualche ditta informatica tronfio di queste tue filosofie / paccottiglia.

Non mi serve aver realizzato tutto questo. Il mio cuore non ha cervello e non mi segue. Ha solo pulsazioni calde di sangue e di affezione. Anche se questa tua copertura mi scandalizza. Arrossisco per te. Ho vergogna per te. Per questo tuo " buon" costume. Per questa tua veste scandalizzata e scandalosa. Per questa tua ottusità quasi disarmante. Dovrei riderne. Invece ne sono dilaniata. non c'è proprio nessuna possibilità che tu sia degno di questa mia attenzione ? Un barlume appena.. uno spiraglio di coscienza. un cenno di crescita spirituale.. Sto dilapidando le mie riflessioni palpitanti per una persona mancata. Sarebbe una consolazione dare valore alla tua assenza. ma ,ancor peggio, le tue esternazioni non fanno altro che rimarcare la tua pochezza mentale. Almeno vorrei essere indulgente. questo mi aiuterebbe a non prendermela. vorrei passarti davanti con lo stesso stato d'animo che mi potrebbe suscitare la vista di una piccola scimmietta ammaestrata. Farti il solletichino ( frun frun ) sotto il mento e tirare innanzi. Povero te. E povera me ( e povero anche il cavallo) . Va beh. Sì beh.