Ah! Quanto sono indulgente con me stessa?
Riesco a trasformare un gesto che soddisfa esclusivamente il mio amor proprio in un momento di solidarietà e di passione verso l’altro.Così convinta di avere tanto forte il senso etico dell’esistenza da diventare giudice inflessibile dei gesti dell’altro facilmente confutabili , svalorizzandoli, quindi, svilendoli e smascherandoli riconoscendo in essi la mia stessa spinta vanesia che li ha generati.
Sono talmente cosciente di quanto un azione benefica possa provenire da una esigenza narcisistica da spogliarla di ogni presupposto di amore e di comunanza
Le mie passioni sono state autentiche, sì, provenienti dal mio spirito profondo , ma governate da istinti di convenienza , quasi autonome e voraci perciò impure, avide di avere in pugno la mia esistenza.
Le tracce lasciate da quel “ me” che mi governava sono per questo nuovo “ me” qualcosa di inopportuno, quasi inspiegabile, persino imbarazzante come se si trattasse di una biografia di me legata mani e piedi mentre vengo trascinata da una corrente impetuosa.
Eppure non ero sempre io, forse? Non avevo il medesimo bisogno di protendere al bene? Non avevo lo stesso piglio intemperante verso le tirannie, le malefatte e lo stesso non mi opponevo alle invidie , agli odi, alla superbia degli altri mentre intanto le nutrivo in me , dentro di me camuffate da vesti di organza e espressioni del volto intransigente?
Ci credevo.
Ho dato voce a urgenze chiamate “ giustizia” chiamate” verità” e non erano, invece, altro che impulsi che definivo ( per mia ostinata voluttà ) morali?
Non ero forse io che puntavo il dito accusatore contro il “ male “ avendo perfettamente in mente con quante vesti potesse presentarsi essendo io la prima a dargli l’immagine più attraente quando soleva emergere dalle profondità delle mie viscere?
Chi più di me poteva sconfessarlo avendolo come eterno e corrosivo compagno della mia anima?
E quale rigore e quale scandolo era la cifra del racconto! E quale intolleranza nascondeva il rifiuto delle cose che non mi appartenevano!
In questi giorni non ho smesso di muovermi , ma l’agìto è prudente e parsimonioso.
Devo scovare il danno che mi corrode, la voce che mi confonde.
L’identità sommersa mi depista senza giustificazioni.
Il tempo la sovrasta e la supera e mi priva del suo movente . Le esaltazioni sono temperate e circoscritte al caso.
Mi rimane l’istante segnato dal crepitante gorgoglio dell’anima che non posso lasciar scorrere se non frenando l’impeto se non filtrando il richiamo, lasciando l'essenziale farsi timidamente spazio.