Sì, quello stato che ti lascia affondato nella melma di un pensiero fisso che ti ruota intorno e dal quale non provi nemmeno a liberarti, anzi , cominci a tralasciare ogni cosa, ogni altra occupazione che non sia appunto quella di avvitarti su una idea, che più che una idea è uno struggimento, una passione inutile, una vera perdita di tempo.
Eccomi.
Sono qui che non penso. Non reagisco a stimoli, ma mi arrovello su una sensazione di disfatta, di impotenza nera. di confusa percezione di un oscuro errore.
Quando si arriva a questo stato di inquietudine diventi un soprammobile.
Potrebbero spostarmi qua o là come un bambolotto di stoffa, con la testa pesante reclinata su un lato, con gli occhi dondolanti , la bocca aperta, il cuore aggrovigliato da tela juta
Ho letto un testo illuminante " L'invidia e la gratitudine" di Melanie Klein.
Illuminante, dico, perchè associa la gratitudine all'invidia come si può associare il lampo al tuono , ossia come una inevitabile conseguenza.
E non storcete il naso, non pensiate che sia una follia associare due cose all'apparenza così distanti, ma alla fine frutto della stessa pianta che genera una ostinata inconsapevolezza dei propri limiti!
Perchè la gratitudine nasce quando qualcuno ci aiuta e non avremmo bisogno di aiuto se non fossimo deboli, imperfetti ed inadeguati.
Quale manifestazione maggiore della nostra inettitudine se non quella di riconoscere l'appoggio ricevuto, la mano tesa, la spinta necessaria per vivere, alla fine?
Questo mi ha dato da pensare.
Mi ha dato da pensare sul motivo per il quale proprio quelle persone che ho aiutato con tutta la mia amorevole energia e tutto il mio impegno sono state poi quelle che hanno tramato alle mie spalle, che hanno parlato di me con ostilità , che hanno cercato di fregarmi? Ci sta bene qui il termine "fregarmi" ?
ma di questo non mi lagno e nè più mi meraviglio, ormai.
Mi meraviglia di più, diciamolo, la mia ostinata predisposizione alla tutela, alla protezione , alla misericordia gratuita, questa mia capricciosa attitudine alla carità che altro non vuole essere che una sfrontata esibizione della mia intelligenza.
L'ho detto. E' vero. Io sono intelligente.
Oh , questo non è un grosso pregio e spesso è stato un handicap non da poco .
Essere intelligente non è una dote di cui si ha un grosso merito.
E' solo una questione di morfologia delle circonvoluzioni e delle quantità di solchi presenti nella corteccia cerebrale, è una questione di cellule pulsanti, di materia grigia compatta e innervata, di neuroni mobili ed elastici , tenuti insieme dalla forza di un demone che non ti risparmia nulla della sua anima fremente.
Chi è intelligente non può essere furbo, perchè l'intelligenza non te lo concede.
Trova nell'arte della mistificazione, del raggiro, della sopportazione , un non so che di stupido, di irrisolvibile , di involuto.
Invece l'intelligenza spinge alla soluzione , alla evoluzione, al progresso .
Non fa i conti delle opportunità, ma della funzionalità.
L'intelligenza non si lascia nascondere.
Non riesce a fingere una stupidità che disconosce.
L' intelligenza è antipatica. E' Intrattabile. Per questo cerco di scacciarla, di spingerla all''angolo e persino quando si abbarbica intorno ad un brutto pensiero riesce a stupirmi attraverso la sofferenza , attraverso la sua riprovazione, la sua estraneità per l' insensatezza del mio vorticare tra i pensieri.
Non riesce a fingere una stupidità che disconosce.
L' intelligenza è antipatica. E' Intrattabile. Per questo cerco di scacciarla, di spingerla all''angolo e persino quando si abbarbica intorno ad un brutto pensiero riesce a stupirmi attraverso la sofferenza , attraverso la sua riprovazione, la sua estraneità per l' insensatezza del mio vorticare tra i pensieri.
Sono intelligente e bella. Ah, lo dico! Vedete? E non crediate che ne sia felice.
Sul bello a poco a poco mi sto rifacendo. Gli anni che passano mi lasciano la possibilità di vincerlo, di modificarlo, di dimenticarlo. Di distrarmi .
Riesco finalmente a chiacchierare con un uomo senza ricevere puntualmente inviti e ammiccamenti come un tempo. E questo, per me , è molto rilassante.
Riesco finalmente a chiacchierare con un uomo senza ricevere puntualmente inviti e ammiccamenti come un tempo. E questo, per me , è molto rilassante.
Ma l'intelligenza non mi abbandona.
E' sempre lì pronta a raccontarmi la storia che sto vivendo, a spiegarmela come non vorrei, a farmi allontanare dagli uomini indegni, a tenermi distante dalle debolezze altrui per gettarmi in pasto a domande dolorose.
E' sempre lì pronta a raccontarmi la storia che sto vivendo, a spiegarmela come non vorrei, a farmi allontanare dagli uomini indegni, a tenermi distante dalle debolezze altrui per gettarmi in pasto a domande dolorose.
Mi tiene separata dagli esseri umani, lontana dal mondo, in una bolla trasparente fatta di intuizioni non condivisibili.
Mi rende straniera in un pianeta che non conosce il mio linguaggio e con questa mia patetica necessità di rendermi utile per giustificare la mia colpevole consapevolezza, per assolvere la mia energia palpitante e rendere gli altri grati , ma infine gelosi,invidiosi non comprendendo la ragione di una disponibilità indecifrabile.
Ma l'ho detto: non si deve scrivere quando i pensieri si fanno insopportabili.
2 commenti:
Invece hai fatto benissimo a scrivere, Anto :-) sei in forma narrativa smagliante, un vero copro a corpo con l'inconscio e col super-Io :-)...questo frullato di pregi ribaltati in riflessi di difetti è molto suggestivo, fa fare capitomboli mentali al lettore, che alla fine non può che convenire con te, riguardo alle tue elevate capacità di intelligere e di dominare in pulcritudine :-)
Bacini riflessi a rovescio :-)
Secondo me, tu e la paranoia siete a kilometri di distanza.
Nel momento in cui riusciamo a formulare una riflessione che ha una sua compiutezza, una capacità di correlare concetti differenti, non vi può essere traccia alcuna di paranoia.
C'entra la constatazione della propria singolarità che in alcuni di noi più che in altri, diventa un distanziamento dagli altri, e che necessariamente doloroso perchè noi umani siamo esseri sociali, è un destino di cui non possiamo proprio liberarci.
Tu rifletti giustamente sull'intelligenza. una dote che condividiamo (anch'io sono contro le false modestie), ma sul concetto d'intelligenza ho qualche differenza di opinione rispetto a te. L'intelligenza è una specie di efficienza di pensiero, in sè non porta nè a risultati positivi, e nenache negativi, è sostanzialmente una dote neutra, come la forza muscolare che bisogna vedere come chi l'ha, ne dispone. Così, credimi, ci sono persone intelligenti che dedicano la loro vita a danneggiare gli altri, anche questo è uno dei possibili esiti di questa dote.
Per questo, io ci tengo molto a distinguerla dalla saggezza, una dote invece caduta in disuso già a livello lessicale, non usa più neanche il termine, tanto meno è valorizzata la dote che sta ad indicare.
Tutto ciò che dici sulla positività dell'intelligenza, io piuttosto la riferirei alla saggezza, una merce divenuta ai nostri giorni estremamente rara.
Viviamo un'epoca buia, certo non la unica, si nasce diversi dagli altri e questo è un destino che non possiamo che accettare per quanto possa risultare a volte dolorosa questa diversità, seppure inevitabile.
Ecco, saggio è innazitutto accettare tutto ciò che nella nostra vita non si può cambiare: chi l'ha detto che abbiamo diritto ad essere felici? Una delle solenni idiozie dell'ideologia dei nostri tempi.
Ti mando un bacio, casto, così non ti senti concupita...
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