E’ tipico per gente come noi, dubbiosa e caparbiamente vorace, chiedersi ,nel momento in cui ci adoperiamo in un'attività, che senso ha continuare a farla .
Scrivere nel blog per esempio.
Si scrive per comunicare. Non inganniamoci . Si scrive per svelarsi all’altro e d’improvviso, mentre scriviamo, ci accorgiamo di alcuni nostri aspetti che non avevamo preso in considerazione.
Scrivere nel blog per esempio.
Si scrive per comunicare. Non inganniamoci . Si scrive per svelarsi all’altro e d’improvviso, mentre scriviamo, ci accorgiamo di alcuni nostri aspetti che non avevamo preso in considerazione.
Ma non è certo per avere stupori di tal fatta che scriviamo.
Questo spazio è da riempire per opporsi al vuoto che avanza, per credere e infine per poter continuare a pensare che una carezza può ancora cambiare il mondo. Ma quale carezza?
E’ sufficiente condividere il calore ed il bisogno di stringersi l’un l’altro senza veramente comprendere, magari travisando, ma solo volendo avvicinarsi e abitare nell’altro con tutte le proprie urgenze d’essere insieme e non soli e non muti e non abbandonati?
Oppure... oppure al di là della gioia di accomunarsi , di farsi prendere e farsi amare e condividere la casa non può che preservarci dal non – senso solo una vera e profonda intuizione della essenza prima dell’altro di cui presto e facilmente riconosciamo l’ombra ed il demone celato tra le parole ed il buio?
Allora , quindi, non può bastare abitare nella stessa casa, ma è necessario per poter realizzare l'essenza profonda di se', è assolutamente necessario " vivere" le stanze dell'altro.
Le " stanze segrete”.
Le stanze sono sentieri impervi . Le stanze non hanno nulla che può ricordare l’accoglienza mondana e salottiera di un invito per un tè. Le stanze Sono pericolose.
Non siamo solo quel che mostriamo di noi, la parte più aerea e leggera di noi è quella che ci fa incontrare. Non possiamo fermarci ad una carezza fraintesa. Ad una visita all’ingresso della casa.
L'ingresso non è che l’inizio di un perlustrazione che stiamo intraprendendo.
E’ l’inizio della ricerca della bellezza sobria e radicale del seme che ci genera. . l’assoluta bellezza che è morte delle nostre miserie e vetta altissima dei nostri giorni, mano aperta a carpire il segreto dell’anima del mondo. Sarà infine la bellezza a redimere la casualità per la quale siamo esistiti…la bellezza senza nessun’altra specificazione.
Dentro questo universo sonoro io sento pulsare il senso di ciò che siamo, tutti, anche se controvoglia: è un interlocutore di una bellezza sublime, non è possibile non percepirne la gioia e lo splendore. Mozart è questo: non si finisce mai veramente...si trapassa verso l'orizzonte più ampio per gli occhi della nostra mente. In un film di molti anni fa- le ali della libertà- era la musica di Mozart, diffusa dagli altoparlanti del carcere, a far mutare anche per un solo attimo i volti dei reclusi. Non so se ricordate la scena: il protagonista con un trucco entrava nella stanza del direttore e metteva un disco sul piatto dell'impianto di diffusione sonora; dopo un istante di smarrimento la musica scendeva sui volti di quegli uomini come una liberazione assoluta.
E’ sufficiente condividere il calore ed il bisogno di stringersi l’un l’altro senza veramente comprendere, magari travisando, ma solo volendo avvicinarsi e abitare nell’altro con tutte le proprie urgenze d’essere insieme e non soli e non muti e non abbandonati?
Oppure... oppure al di là della gioia di accomunarsi , di farsi prendere e farsi amare e condividere la casa non può che preservarci dal non – senso solo una vera e profonda intuizione della essenza prima dell’altro di cui presto e facilmente riconosciamo l’ombra ed il demone celato tra le parole ed il buio?
Allora , quindi, non può bastare abitare nella stessa casa, ma è necessario per poter realizzare l'essenza profonda di se', è assolutamente necessario " vivere" le stanze dell'altro.
Le " stanze segrete”.
Le stanze sono sentieri impervi . Le stanze non hanno nulla che può ricordare l’accoglienza mondana e salottiera di un invito per un tè. Le stanze Sono pericolose.
Non siamo solo quel che mostriamo di noi, la parte più aerea e leggera di noi è quella che ci fa incontrare. Non possiamo fermarci ad una carezza fraintesa. Ad una visita all’ingresso della casa.
L'ingresso non è che l’inizio di un perlustrazione che stiamo intraprendendo.
E’ l’inizio della ricerca della bellezza sobria e radicale del seme che ci genera. . l’assoluta bellezza che è morte delle nostre miserie e vetta altissima dei nostri giorni, mano aperta a carpire il segreto dell’anima del mondo. Sarà infine la bellezza a redimere la casualità per la quale siamo esistiti…la bellezza senza nessun’altra specificazione.
Dentro questo universo sonoro io sento pulsare il senso di ciò che siamo, tutti, anche se controvoglia: è un interlocutore di una bellezza sublime, non è possibile non percepirne la gioia e lo splendore. Mozart è questo: non si finisce mai veramente...si trapassa verso l'orizzonte più ampio per gli occhi della nostra mente. In un film di molti anni fa- le ali della libertà- era la musica di Mozart, diffusa dagli altoparlanti del carcere, a far mutare anche per un solo attimo i volti dei reclusi. Non so se ricordate la scena: il protagonista con un trucco entrava nella stanza del direttore e metteva un disco sul piatto dell'impianto di diffusione sonora; dopo un istante di smarrimento la musica scendeva sui volti di quegli uomini come una liberazione assoluta.
Ma la storia continua.....
Autori:
4 commenti:
hai parlato della musica di Mozart in un post wagneriano
Prendo spunto da quanto hai scritto sopra sulla scrittura.
Tu dici che si scrive per comunicare.
Penso che non sia la sola e unica ragione.
Si scrive per l'altro, per gli altri ma soprattutto è l'altro che ci abita che scrive.
Non illudiamoci che le nostre scritture possano rappresentarci.
Esse sono aliene, sono lo specchio infranto di ciò che non siamo più.
Quante volte - ti sarà capitato - hai ripreso in mano delle pagine scritte anni addietro e ti sei stupita di quello che scrivevi.
Ora,non lo avresti nè pensato nè scritto.
La scrittura provoca questa alterità: in sè e per sè.
Platone scrive nel "Fedro" che la scrittura travisa, inganna.
Ma è il primo discepolo di Socrate - morto per non aver scritto nulla, e ancora oggi nessuno ci ha sufficientemente spiegato perchè il non scrivere sia stato più efficace dell'averlo fatto - a utilizzare la scrittura per mettere, in forma dialogica,in rilievo la necessità della testimonianza non solo orale.
Si scrive nel blog perchè non c'è una motivazione reale che lo imponga.
Non è un riempire un vuoto.
Si scrive perchè è necessario farlo.
Come cibarsi.
Non ti nutri perchè hai solo fame.
Lo fai per non morire.
E per non morire, si scrive.
La scrittura preserva dalla fine.
Forse è la presa di coscienza del nostro essere transeunti.
Ricordo il film che hai citato e la scena della musica di Mozart che riempiva l'aria e i volti dei carcerati..la libertà, risiede dentro di noi e nessun filo spinato può recintarla.
Ciao cara antonella, bel post, bellissimo!
@Viandante: ho la sensazione quando scrivo di intaccare la cosa che sto a significare. Non solo perchè posso non essere dentro totalmente a questa , ma soprattutto perchè non potrà mai la parola o anche mille parole valere come la cosa stessa. Si pronuncia una frase e già muore. Lei e già è un altra cosa. Per questo forse più che trovare una corrispondenza al mio pensiero nelle parole vorrei trasmettere il senso di una disposizione emotiva e spirituale. La questa e effimera, come hai detto. Mutevole. hai scritto: è già lontana.
Voglio precisare che questo post è composto da due persone molto diverse come Enzo e me. Il nostro pensiero è stato fuso e confuso. Un esperimento nuovo.
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