sabato 19 luglio 2014

NON TI HO SALUTATO

Papà, non ti ho salutato lunedì , quando ti ho lasciato.
Volevi metterti seduto ad ogni costo ed io non ce la facevo più. 
Mi sentivo così debole ed inadeguata. 
Ho detto: " Ci vediamo " e poi sono andata.
Ti ho guardato ancora mentre uscivo, ma tu eri già assorto. 
Già ti perdevo. 
E lo sentivo. Ma senza rendermene conto. 
 Mi aveva preso un  senso di sgomento muto come prima di un terremoto. 
Avevo tutte le ossa che mi facevano male dall'ansia e dal respiro tenuto dentro. 
Ma pensavo : " Domani saluto meglio." 
Domani ti bacio. Ti abbraccio . ti dico tutto l'amore che mai ci si dice perchè si rimanda sempre. 
E poi pensavo  potesse capitare a te. 
Tu, nella mia infanzia eri il Mio super Uomo 
Ho due immagini di te ben distinte, ma a volte quasi sovrapposte per un gioco maligno della memoria. 
Tu , mentre ti recavi in ufficio con la tua giacca , la cravatta , il capotto lungo, chiaro .
Eri perfetto. E tu ci tenevi tanto a questa perfezione. 
Essere tutto perfettamente sbarbato, profumato, vestito a puntino. Per la tua funzione nella città e nella famiglia. 
Questa immagine mi passava davanti agli occhi ogni mattina  quando ero  bimba e ne traevo forza e fiducia.  Mi dava speranza per il futuro. 
Ma un'altra immagine di te mi sovrasta. 
Ed è quella degli ultimi anni in cui ti ho visto lottare tenacemente contro le malattie che ti aggredivano. Erano tante. E tu resistevi con forza e pazienza facendo capire a tutti noi come fosse importante la vita e come valeva la pena di combattere per questa. 
La verità è che tu NON VOLEVI lasciarci. Non volevi lasciare la donna che amavi, mia mamma. Chiamavi sempre il suo nome . Continuamente. Chiamavi: " Anna"
La chiamavi come se questo richiamo fosse un rimedio. Una medicina tanto la chiamavi e tanto sembrava un mantra  che hai spinto molti  malati nell'ospedale a chiamare il nome di mia madre. 
Si sentiva in corsia il suo nome risuonare leggero da voci differenti. 
Penso spesso a questa tua tenacia. a questo tuo impegno. Questa tua ostinazione  di rimanere accanto a noi. 
Ancora credo che tu lo stia facendo. Perchè , conoscendoti, so che, se esiste un altro  modo per poter stare accanto a noi Tu , sicuramente lo userai.  

martedì 8 luglio 2014

SENZA ARTE NE' PARTE



"Creatività" e " arte " sono parole abusate come non mai 
Ormai tutto sembra arte e chiunque si muova con colori e pennelli, o strumenti musicali, con scarpette da ballo, od ancora con coccoina e collage diventa un creativo, diventa un artista. 

Ripetere troppo spesso la parola “arte” o “creatività”significa svilirla a semplice suffisso valido per tutto

Eppure non basta “ creare” per essere “ creativi, Non basta produrre oggetti con la propria abilità perché questi oggetti siano definiti di arte. Caso mai queste sono “ espressioni umane “


Ma cosa differenzia le espressività dall’espressioni artistiche? 


Totò, per esempio, alla servetta, estasiata per aver ricevuto una sgrammaticata poesiola del fidanzato, chiede :
"Ma se fosse stato Leopardi a scriverti cosa mai ti perdevi invece che la testa? " 

A partire dai discorsi politici, le parole vengono sempre più utilizzate senza distinguerne in vero significato, sono ormai interdipendenti, senza categorie di merito o di qualità.

Ai destinatari e i fruitori delle “ espressività di turno” non vengono quindi forniti elementi per conoscere, giudicare ed apprezzare il reale valore e significato di ciò che viene loro proposto. Più classifichiamo ogni manifestazione che ci aggrada  sotto la lucente cappa dell' " arte " più allontaniamo questo valore da noi. L'arte diventerà  non più riconoscibile. Cosa differenzia, infatti l'arte dalle esternazioni  frequenti  a cui siamo soliti assistere sia nel web che in tivvù o sulle strade ? 

A forza di identificare l’arte con ogni azione scaturita dalla fantasia umana crediamo di essere circondati di arte e di artisti.

L’arte non è così diffusa da poterla ubicare in mille angoli di una città, l’arte è rarissima e se cominciamo a banalizzarla,  a mistificarla, a confonderla con ogni genere di espressione non riusciremo più a distinguere l’arte da uno starnuto.
Invece  è necessario  educare all’arte, selezionare le iniziative che possono avere molti nomi e tutti di grande dignità ma lontani dall’arte che è invece sopra di noi e che ci conforta e ci guida come riferimento di pensiero e di speranza.
Se tutto è arte allora l’arte non c’è. Non c’è nulla di superiore al nostro ordinario vivere, che dia speranza all’uomo di  intraprendere uno scatto ulteriore verso mete difficili e impervie oltre i limiti conoscibili. Oltre il cielo visibile. 
L’arte non si definisce perché produce quadri o altro, ma perché produce qualcosa di migliore rispetto alla media.

Chi invano la   evoca sottrae all’Arte la sua valenza profonda e non dico Valenza a caso.
Insomma l’arte avvicina a Dio perché è frutto di intensa elaborazione, di una evoluzione continua, della consapevolezza delle nostre forze, della spinta a superarle , dell’impulso verso l’ignoto, del desiderio dell'infinito che trascende dal nostro essere mortali e in fondo miseri.


L'arte non deve mai tentare di farsi popolare. Il pubblico deve cercare di diventare artistico.. Come diceva  Oscar Wilde, appunto.

mercoledì 25 giugno 2014

DOVE E' IL TUO DESIDERIO, LA' IL TUO CUORE





Ah! Quanto sono indulgente con me stessa?
Riesco a trasformare un gesto che soddisfa esclusivamente  il mio amor proprio in un momento di solidarietà e di passione verso l’altro.

 Così convinta di avere tanto forte il senso etico dell’esistenza da diventare giudice inflessibile dei gesti dell’altro facilmente confutabili , svalorizzandoli, quindi, svilendoli e smascherandoli riconoscendo in essi  la mia stessa spinta vanesia che li ha generati.


Sono talmente cosciente di quanto un azione benefica possa provenire da una esigenza narcisistica da spogliarla di ogni presupposto di amore e di comunanza


Le mie passioni sono state autentiche, sì, provenienti dal mio spirito profondo , ma governate da istinti di convenienza , quasi autonome e voraci perciò  impure, avide di avere in pugno la mia esistenza.

Le tracce lasciate da quel “ me” che mi governava sono per questo nuovo “ me” qualcosa di inopportuno, quasi inspiegabile,  persino imbarazzante come se si trattasse  di  una biografia di me  legata  mani e piedi mentre vengo  trascinata da una corrente impetuosa.


Eppure non ero sempre io, forse? Non avevo il medesimo bisogno di protendere al bene? Non avevo lo stesso piglio intemperante verso le tirannie, le malefatte e lo stesso non mi opponevo alle invidie , agli odi, alla superbia degli altri mentre intanto le nutrivo in me , dentro di me camuffate  da vesti di organza e espressioni del volto intransigente?
Ci credevo.
Ho dato voce a urgenze chiamate “ giustizia” chiamate” verità” e non erano, invece,  altro che impulsi che definivo ( per mia ostinata voluttà ) morali?
Non ero forse io che puntavo il dito accusatore contro il “ male “ avendo perfettamente in mente con quante vesti potesse presentarsi essendo io la prima a dargli l’immagine più attraente quando soleva emergere dalle profondità delle mie viscere?


Chi più di me poteva sconfessarlo avendolo come eterno e corrosivo compagno della mia anima?
E quale rigore e quale scandolo era la cifra del racconto! E quale intolleranza nascondeva il rifiuto delle cose che non mi appartenevano!


In questi giorni non ho smesso di muovermi , ma l’agìto è prudente e parsimonioso. 


Devo scovare il danno che mi corrode, la voce che mi confonde. 
L’identità sommersa mi depista senza giustificazioni.
 Il tempo la sovrasta e la supera e mi priva del suo movente . Le esaltazioni sono temperate e circoscritte al caso.
Mi rimane l’istante segnato dal crepitante gorgoglio dell’anima che non posso lasciar scorrere se non frenando l’impeto se non filtrando il richiamo, lasciando l'essenziale farsi timidamente spazio.
     

lunedì 23 giugno 2014

COMMUNITY AND THE CITY





Come si dovrebbe intendere un Comune? 
Nel modo per cui i COMUNI sono nati ossia come una comunità di persone che riescono a trovare una identità comune. 
Se manca questa identità comune, la città non esiste. 
Esiste un guazzabuglio di case poste senza ragione in un terreno anzichè in un altro. 
Sono stata in Toscana . In un paesino di 4000 abitanti. Casteldelpiano. 
Eppure questo paesino ha mostrato da subito la sua identità. Mi sono ritrovata in mezzo alle prove che stavano facendo dei ragazzi del paese in vista del palio della città 
( molto simile al Palio di Asti , ma in piccolo , per cui i suoi abitanti si preparano tutte l'anno tra prove di maestria e di abilità con le Bandiere, la musica , i tamburi , i canti comuni proprie della terra che li ha fatti nascere. 
La differenza rispetto alla nostra città mi si è presentata in modo evidente: un evento sentito da tutta la cittadinanza,
( partecipavano sia vecchi che ragazzi ) un evento ricorrente, che rinnova l'identità del luogo e che non solo ha l'obbiettivo di rendere gli abitanti una comunità ma anche quella di far vivere il commercio ed il turismo, in poche parole la città tutta ed il suo territorio che GUADAGNA in senso etico ed economico da questa manifestazione che va oltre la mera presentazione di canti e balli.


Un evento non serve per fare baldoria ma per rinnovare e rafforzare l'identità di una città. 
Per valorizzare il territorio , per chiamare genti da altri paesi , per farsi riconoscere e riconoscersi  come comunità . 
La città così ragionata ed organizzata è una comunità ove al concetto di solidarietà si affianca, fino ad integrarlo, quello di partecipazione. 
Infatti non vi è vera solidarietà se non vi è conoscenza e riconoscenza e, quindi,  non si crea un rapporto di reciprocità. Solidarietà non è da darsi o offrirsi a qualcuno che è o si sente escluso, come fosse un gesto di clemenza o di beneficenza perciò un gesto fine a se stesso, ma è piuttosto un riconoscersi in qualcuno, dandogli e dandoci dignità. Un intervento che non sarà estemporaneo, ma darà la cifra della condivisione. 
Allora il legame che mi lega all’altro non è solo cura ma è desiderio di conoscenza, responsabilità, commistione con l'altro . Lui è simile a me nei bisogni e quelli devono essere garantiti a lui ed a me.