giovedì 27 ottobre 2011

DIRIGENTE A CHI?





L’organizzazione degli uffici, l’accessibilità anche in via telematica ai servizi, la programmazione e  progettazione delle attività, l’applicazione delle norme di semplificazione e di digitalizzazione dell’amministrazione, l’esercizio delle funzioni di garanzia e di controllo, dipendono prevalentemente dalla dirigenza e dalle modalità di reclutamento, formazione e nomina della stessa.
Infatti  DOPO Tangentopoli  sorge la necessità di organizzare in modo differente la pubblica amministrazione.

La Legge 241/90, il D.lgs. 29/93, la Legge 59/97, la Legge 445 del 2000  la Legge 80/97, il D.lgs. 286/1999, la Legge 150/2000, il D.lgs. 300/2000, il D.lgs. 165/2001 ( RIFORMA BRUNETTA) , rappresentano l’architettura normativa chiamata a disegnare  i nuovi rapporti con il servizio pubblico istituzionale.
Le disposizioni sopra ricordate sono le componenti più significative, Infatti si è finalmente resa cosa ordinaria  l’accesso del cittadino al procedimento, la customer satisfaction, l’autocertificazione; delegificazione, la semplificazione, lo snellimento dei procedimenti (conferenze di servizio, sportelli unici), l’individuazione, resa nota al cittadino, di un “ responsabile unico del procedimento”, le carte dei servizi, la comunicazione pubblica (URP, uffici stampa, portavoce);

Doveva esserci almeno nelle intenzioni  una chiara  distinzione tra politica (compiti di indirizzo) e amministrazione (compiti di gestione), identificazione degli interfaccia tra i soggetti dell’indirizzo politico e i
soggetti della gestione .

Nel sotto-sistema amministrativo: riduzione dei vincoli normativi per quanto riguarda organizzazione e funzionamento delle amministrazioni, abolizione dei controlli esterni e introduzione di misure di valutazione (controllo strategico, controllo di gestione,valutazione dei dirigenti), nuovi meccanismi di programmazione degli organici, di reclutamento e selezione del personale, identificazione della nuova figura del dirigente pubblico e istituzione del “ruolo unico” rivolto ad assicurare la mobilità dei dirigenti e l’incontro tra domanda e offerta delle professionalità dirigenziali, l’affidamento del pieno governo delle necessarie risorse finanziarie, tecnologiche e umane ai dirigenti  responsabili delle linee operative, il collegamento delle forme di retribuzione accessorie ai risultati raggiunti.
Se all’inizio del percorso delle riforme amministrative la direzione era quella della riduzione dei costi, a causa della gravissima crisi finanziaria registrata dal nostro Paese negli anni 90, ma in seguito  emersero subito obiettivi più ambiziosi:

“rilancio della primarietà del servizio rispetto alle problematiche dell’amministrazione interna; passaggio dall’amministrazione giorno per giorno a logiche di programmazione delle priorità, degli obiettivi, dei livelli di servizio; attenzione ai risultati e alle performances e non solo alle procedure; forte orientamento dell’attività verso i bisogni e le attese degli utenti”
L’idea dell’innovazione è penetrata, ma senza progetti chiari; si è, però, attenuato il senso del servizio pubblico; la mobilità c’è, ma solo sotto la spinta di esigenze personali; le retribuzioni  dei dirigenti rispetto a quelle di tutti gli altri dipendenti pubblici che pur lavorano  allo stesso ritmo sono   lievitate di anno in anno sino ad allargare la forbice di 3 punti a 1.  ( €1.000,00  -  € 3.000,00)
La dirigenza rimane la figura centrale nel modello di governance del settore pubblico: almeno dal  punto di vista normativo.
Le dinamiche a cui assistiamo ci mostrano una dirigenza attenta ormai esclusivamente ai “sentimenti” della politica, più che ai principi di imparzialità e buon andamento, fragile e qualvolta isolata.   Insomma una  figura assente che  si manifesta ormai come longa manus del vertice politico e come tale chiamata a rispondere delle risorse utilizzate in termini di consenso e non di efficienza ed efficacia, rendendo l’amministrazione permeabile a pressioni ed esigenze particolari. ( insomma ci si chiede se  sia sufficiente A QUESTO PUNTO  la presenza del solo amminstratore politico  che si rapporti direttamente con il dipendente , almeno si risparmierebbe una   bella cifretta)
La presenza di professionalità adeguate e qualificate rischia di rimanere circoscritta ed emarginata da un insieme di regole, comportamenti, politiche che pongono su un secondo piano la buona amministrazione e l’efficacia della spesa a favore di logiche formali, corporative e di basso consenso che contribuiscono quotidianamente ad accelerare il processo di crisi del settore pubblico.

La contrattualizzazione del rapporto del lavoro del 1993 e la privatizzazione della dirigenza miravano a valorizzare la funzione gestionale nel rispetto dei principi di efficienza ed efficacia, distinguendola dal processo di programmazione,indirizzo e controllo. Ma nei fatti è stata solo un impegno di spesa che grava nella pubblica amministrazione non poco.


La dirigenza tradizionale,  non è certamente in grado di interpretare questo nuovo ruolo, riproponendo un modello burocratico di gestione e preferendo, di fatto, una valutazione “politica” alla valutazione sulle competenze e sugli obiettivi.

I tentativi normativi di riforma prodotti da oltre 30 anni hanno mirato ad una“managerializzazione” della figura dirigenziale  tale da farlo divenire un "operatore di azienda  che tira la carretta dove vuole il titolare" anzichè una figura di tutela del servizio pubblico. 
Una competenza ed una preparazione idonea potrebbe compensare questa situazione di impasse in cui è caduta la pubblica amministrazione. Ma quando il Dirigente è incapace? ( e ce ne sono tanti poichè non spesso sono assunti senza alcun tipo di prova selettiva)

 Come possiamo avere Dirigenti capaci?

La qualità della dirigenza, relativamente alla professionalità, all’autorevolezza e all’etica che ne  caratterizza l’azione, dipende fortemente dalle modalità di selezione e dalle regole che governano la carriera e il conferimento degli incarichi.

A monte vi è, però, un problema di disegno e di individuazione delle posizioni dirigenziali negli ultimi anni create non in un’ottica funzionale ma per assicurare strutture a uomini di fiducia, al personale soggetto a revoca dell’incarico o a nuovi ministri o assessori. Il proliferare di tali strutture coniugato con un sistema di nomina poco selettivo ha compromesso ulteriormente l’autorevolezza e l’indipendenza di tale figura, soprattutto, come vedremo, rispetto alla gestione del personale.

La normativa oggi prevista prevede delle procedure concorsuali pubbliche a cui possono accedere i funzionari, spesso dello stesso Ente, e una procedura speciale di corso concorso riservata i migliori laureati adottata di rado. ( laurea specialistica ecc:)

Nella realtà i concorsi pubblici sono stati sempre meno frequenti e si è preferito attivare percorsi speciali, come le nomine a termine e i concorsi riservati a determinate categorie.
Un altro modo per controllare la dirigenza già nella fase del reclutamento e di “condizionarla” dal momento dell’instaurazione del rapporto è quello di procedere all’assunzione attraverso concorsi riservati, previsti da specifiche norme legislative o regolamentari. Si tende, in tal modo, a sottrarre alla concorrenza del concorso pubblico i “propri” dirigenti e funzionari, dando così un’immagine fortemente negativa della funzione e del sistema di governo della dirigenza.

Ma soprattutto il divario che si è creato tra le figure dirigenziali e l'intero apparato amministrativo che lo affianca   risulta essere ingiustificato, dato il ruolo che ormai, di fatto , la dirigenza sta assumendo.
Non pare, però che vi siano in previsioni riforme per  riconoscere  tale  discrepanza.
Insomma:  coraggio, il meglio è passato.

lunedì 24 ottobre 2011

NOBLESSE OBLIGE



Eccomi qui insieme alla mia  nuova collega e alla presentatrice della  nostra manifestazione. ho voluto postare queste immagini  per rendere omaggio a due persone adorabili e per ricordarmi come non tutti i colleghi sono sfaccendati  e senza iniziative e non tutti i giovani sono  leggeri e inconcludenti.  La collega che ha un nome a dir poco fantastico ( Antonella) è una lavoratrice  come ne ho viste poche . Si occupa di  tantissime pratiche tutte insieme e cerca di compensare il vuoto d'organico, caratteristico dei servizi pubblici, con una dedizione ed un impegno veramnte fuori dall'ordinario. Non solo: non fa a spallate per emergere e non  ostenta meriti e posizioni, malgrado da sola porti avanti  compiti delicati ed impegnativi.
E che dire di Valeria, la nostra dolcissima presentatrice? Cerca di adattarsi alle situazioni senza quel piglio arrogante e saccente di tanti giovani in erba, ascolta e impara in fretta. Insomma , i perdaballe che sappiamo  sono stralciati da cotanta onestà intellettuale  e capacità di lavorare che quasi non mi ricordo di loro. Anche se , immagino che  il  "nostrosolitoamico",   durante la manifestazione, fremeva battendo il piedino  nervoso sopra le nostre nobili  teste.. tac tac      ( nobili per la materia grigia che le impreziosisce così pazzescamente)

domenica 23 ottobre 2011

AMORE BELLO COME IL MARE MA NON LO SO DIRE


Se guardo agli incontri  che ho avuto sinora, mi sembra d'avere sempre saputo cosa volevo.  Io cercavo  di fare in modo che il mio demone mi si svelasse in tutta la  forza impetuosa che lo ha sempre caratterizzato. 
Il demone, infatti,  rimane  per mesi in letargo nella sua grotta inospitale e oscura. 
Pare morto. 

Invece riprende vigore appena s'avvede della presenza  vivida di chi non è solamente un altro, ma  QUELLO   che mi permette di attraversare il mondo nella sua ritrovata trasparenza , nella mia nuova comprensione di essa. 
La gente di solito non è nulla per me. Non divido che lo spazio della terra  e anzi,  di solito la gente mi impedisce lo sguardo e mi invade l'orizzonte. 
In questi anni ho trovato alla fine l'altro, in tanti momenti e l'ho chiamato tutte le volte " amore" .  
Eppure non era lui l'amore.
L'amore era in me , solo in me  nasceva e solo in me  sorgeva il demone fantasioso e crudele che poteva  muovere  i passi  in una nuova prospettiva .
Era nuova  perchè intanto gli anni passavano e mi trovavo cresciuta e   diversa.
Non ero che io l'amore  attraverso il quale  potevo vedere , scoprire ed ascoltare il respiro della mia anima che esplodeva , ma per me solo per me, per darmi l'opportunità di nascere di nuovo ,di unirmi ancora al mio demone selvaggio. 
Per questo credo che l'amore sia un volo misterioso. Un volo che si spicca da soli , ma  che, senza la spinta di un altro , senza una rampa di lancio  ben piantata nel mondo,  sarebbe impossibile .  
E dunque  chiamerò " amore" tutto ciò che d'improvviso, mi permetterà di partecipare appassionatamente alla vita. 
Perchè, alla fine,  "esserci appassionatamente"  è l'unico modo per esistere davvero.

lunedì 17 ottobre 2011

TO', LA VIOLENZA ! LA SOPRAFFAZIONE ! E CHI SE L'ASPETTAVA?



Oh, io non mi meraviglio affatto delle violenze e delle ingiustizie, in genere.
Tutti i giorni, pago in prima persona i tentativi di sopraffazione di persone incompetenti.  Parlo di quelli che non sanno lavorare , ma che, invece di  restarsene bravi bravi a far lavorare gli altri, si mettono anche a dare direttive su questa e quell'altra cosa come fossero delle persone che se ne intendono invece  una minchia di niente che se ne intendono!
Una mattina questi esseri inadeguati alla professione per cui sono retribuiti,  si svegliano ( qui qualcuno si aspetterà un " bella ciao"  )  ed , in virtù di un titolo guadagnato  chissà come e quando, cominciano a vesseggiare quelle persone di buona volontà che hanno ancora in senso dello Stato e del Servizio pubblico.
Trovate molta differenza tra questi incapaci e d incompetenti dei piani alti e  quelli che hanno sfasciato le macchine dei poveri cittadini? Io no, scusate. 
Le sopraffazioni, o meglio  le violenze hanno molte facce e tutte ugualmente disastrose e deleterie per la comunità.   si comincia  a subirle nei luoghi pubblici, quelli silenziosi ed ovattati da i tappeti  e dal profumo di lavanda , fino a vederle  scatenarsi con spranghe e cappucci su una strada di città. 
Le angherie, le vessazioni hanno lo stesso movente, la stessa personalità confusa e meschina  sia che operi su una poltrona vellutata sia che decida di  esprimersi  sotto una benda nera e casco di protezione. 
Allora dobbiamo  veramente smetterla di meravigliarci della violenza che si attua davanti ai nostri occhi. E dire : " Oh tò, non me l'aspettavo proprio!!!"
Dobbiamo smetterla di visitarla  e fotografarla come  fossimo turisti giapponesi, ma  dobbiamo puntarle il dito addosso,  chiamarla col suo  vero nome, non bisogna mai ignorarla e sottovalutarla.  E' necessario, invece  denunciarla. Perchè la violenza , dapprima si mescola tra la folla per non farsi notare. Azzarda persino sorrisi e toni garbati. Ma poi, quando si accorge d'avere spazio e  forza necessaria,  quando s'avvede che hai abbassato la guardia,  che su qualche ingiustizia sei disposto a chiudere un occhio,  all'improvviso getta la maschera. E  se cominciamo ad accettare la violenza, quella sottile, sotterranea, ma anche spudorata, arrogante quella nei  posti di lavoro, nelle fabbriche,  negli ospedali poi non dobbiamo lamentarci se la troviamo anche nelle strade anche se  con altre voci ed altre caratteristiche.
Per questo dobbiamo vigilare  che la violenza non si propaghi  nel luogo  in cui  lavoriamo e persino nel luogo che più  amiamo perchè sarà proprio in quel luogo che la prevaricazione  potrebbe schizzare  il suo veleno mortale, che ci  potrebbe attaccare senza tregua  fino a lasciarci esausti e sconfitti. Non ci credete? Se lasciamo spazio alla violenza perchè è ancora  sopportabile,  ancora leggera  diamo ad essa la possibilità di lievitare
Succederà sempre perchè sempre è successo. Nelle piazze, negli uffici, nelle scuole, nei bar, e d addirittura  in famiglia.  Mettiamoci in quest'ottica perchè tutto questo  non deve ,  eh,  non deve farci  trovare impreparati.
Cazzo.