giovedì 17 febbraio 2011

18 FEBBRAIO

Torno alla casa raramente. Quando ci torno,  mi aggiro nel giardino per riempirmi gli occhi del suo spazio incolto e muto. 
Mi sforzo di spingere il mio sguardo distante sempre più distante nell'illusione che il silenzio e l'assenza non sia  che una mia miopia, una mia distrazione momentanea. E cerco di  vederti sbucare all'improvviso proprio dietro quella  curva, nel sentiero non ancora battuto . E se la luce, dapprima pallida e straniera, d'improvviso s'accende come in passato, e si dilata con quei  lampi caldi e pieni di profumo,  allora mi pare che sia lo stesso luogo di sempre e per questo  ti vedo.
  Ti vedo sulla strada che porta alla casa, tra le panchine del viale alberato  con la tua testa bianca ed i tuoi maglioni colorati . Sei lì ed io ti vedo nitidamente. 
E ti sento persino  respirare tra i suoni degli uccelli  e del vento intorno. 
Sei ancora  con me nella nostra stagione tiepida e fiorente . I campi verdi palpitanti si avvicinano a noi  ancora, ancora.  Siamo insieme. Tu attento ai tuoi passi , io che guardo i fiori e le piante e cammino ancora ancora tra il verde accesso e caldo. Le cose intorno hanno lo stesso incanto di allora. Le immagini pacifiche e quiete mi straziano il cuore. La  tua voce non mi raggiunge. Tendo l'orecchio attenta a percepire un minimo suono, un fruscio che ti somiglia, un ricordo divenuto presente. Ma tutto tace. Persino il pensiero si  ferma: l'immagine è immobile e tu sei  nel ricordo e basta. 
Oggi è il 18 febbraio. Domani vivrò ancora.
So che continuerò a lavorare. ed anche a fare delle scelte come fossero desideri. Delle volte dimenticherò persino che tu non ci sei più da tanto. Sarà come se ti avessi lasciato nella tua casa e che io possa tornare a trovarti quando voglio. E quando voglio poter arrivare alla tua casa. Suonare il citofono. aspettando di vederti scendere per  ridere dei tuoi scherzi e dei tuoi rimproveri. 
Poi improvvisamente. In un momento qualsiasi della mia giornata, mentre starò facendo la spesa al supermercato, oppure mentre guiderò in mezzo al traffico tirando dei cristi furiosamente, allora risentirò la tua voce. Rivivrò i tuoi gesti  soliti, il tuo sguardo dolce, le tue parole , allora , ma solo in quel momento avrò la coscienza terribile e disperata che non  ti incontrerò più, mio amatissimo papà.

venerdì 11 febbraio 2011

IL SUCCESSO E' TUTTO MIO


Insomma,  i destini delle Nazioni intorno a noi subiscono trasformazioni irreversibili,  il popolo egiziano esulta di speranza e felicità, ed io con  lui.
Ma mentre tutto questo avviene  ci si chiede perchè tanta fatica, tanta disperazione prima di arrivare ad un risultato sperato ed atteso. Adesso tanti appenderanno, come si suol dire, il capello sull'evento, ma questo è inevitabile.
Succede dappertutto: sia nei grandi avvenimenti sia in quelli piccolissimi ( e qui volerò basso, avviso) . Pensate che c' è chi  è capace di attribuirsi  il merito del successo di una  serata di presentazione di un libro solo per aver stilato la pratica che permetteva la concessione della sala di utilizzo: quindi non lo scrittore, non il presentatore, non l'organizzatore della serata, non il comunicatore dell'evento,  ma il piccolo scribacchino di un semplice  atto dovuto.
Insomma : è come se, dopo uno spettacolo teatrale, fosse arrivato il bigliettaio  sul palco a fare  un  bell'inchino durante l'applauso del pubblico.  
Il grande genio. Clap. Clap.

giovedì 10 febbraio 2011

LA GATTA

Lo so, lo so, la mia mamma umana è sempre preoccupata, arriva a casa e si mette su quella scatoletta a schiacciare quegli stupidi quadretti grigi. In questi mesi l'ho vista sempre assorta in chissà che pensieri ..già ... i pensieri... chissà cosa saranno mai questi fluttuanti fantasmi che ci passano davanti allo sguardo. ma io so come fare: non presto a loro la minima attenzione: il mio tempo è qua: il mio tempo è ora. Mi scaldo al sole di questa splendida giornata  passeggiando sulla  fioriera  del mio grande balcone. L'aria è luminosa e quieta. Cosa altro possiamo desiderare dalla vita? 
Adesso la mia mamma umana mi  ha raggiunto qua e miagola strani dolci suoni  tra le labbra chiare. S'avvinghia a me con le sue lunghe mani sottili per un abbraccio che mi avvolge tutta.
Io l'assecondo volenterosa perchè so che anche lei può comprendere la vera ragione della nostra esistenza, che è quella di approfittare di ogni istante fantastico che la natura ci offre.

martedì 8 febbraio 2011

L'UOMO CHE CAMMINA SUI PEZZI DI VETRO



Mi sto addolcendo. Con l'età. 
Un tempo, quando mi imbattevo in persone incompetenti montavo dalla rabbia, lo ammetto. Cominciavo a sclerare. Stavo lì a guardarli  mentre il  fuoco   si sprigionava da tutti i pori della  pelle e alla fine gli scaricavo addosso tutto ciò che pensavo di loro. Niente di più sbagliato.
Loro si mettevano sulla difensiva e puntavano i piedi, rimanendo ancorati alle loro posizioni. Fine del dialogo. Stop.
Era più forte di me: perchè ho sempre l'idea che chi lavora deve essere competente, efficiente ed intelligente.
Esagero, lo capisco.
Non so se davvero ho smesso di avere questa idiosincrasia verso le incongruenze del mondo. Ma ho capito che posso farcela a comprenderle . E se non a comprenderle, almeno, a provarne tenerezza.
E' successo questo:
Un mio conoscente mi invita a casa sua : " ho arredato la casa con un mobilio interamente progettato e costruito da me, è fantastica: devi vederla"
Sono andata.
Appena apre la porta mi ritrovo davanti agli occhi una serie di pendagli fosforescenti  e appuntiti che pendevano oscillando dal soffitto.
Erano pezzi di metallo intagliati tanto grossolanamente da risultare acuminati e quindi pericolosi.
Lui era entusiasta: " Hai visto che bell'ornamento?"
Alzo lo sguardo ed ancora dal soffitto provenivano fili elettrici colorati che si intersecavano tra loro secondo un percorso impazzito che terminava nei pressi di uno specchio in una parete al centro della stanza.
Lo specchio era composto da tanti piccoli pezzi  assemblati tra loro tramite delle fasce metalliche inquietanti. Ma più di tutto , mi colpirono le dimensioni dei pezzi di vetro uno diverso dall'altro senza che si potesse intuire un disegno logico.
L'arredamento, quindi, fu un susseguirsi di oggetti pendenti dal soffitto di materiale vario, divani colorati ad arlecchino e cornici dorate senza alcun dipinto. 
Io ero sconvolta. Non c'era nulla che mi piacesse di ciò che stavo visitando. Mi voltai verso di lui per fargli delle domande su quel mobile o quel pendaglio, quando incrociai il suo sguardo estasiato alla vista delle sue opere. 
Allora gli accarezzai una guancia affettuosamente e gli dissi: " E' bellissimo! Sei veramente un bravo progettista"  Ero sincera.
E, in quel momento , mi pacificai con quella parte di mondo a cui piacevano quei pezzi di vetro.