
Nascondiamo la nostra debolezza, i nostri dubbi. Abbiamo paura che vengano utilizzati contro di noi. A volte succede.
Allora preferiamo rappresentare un " io" preciso . Deciso. La sua immagine non si può scalfire e sempre cercheremo di esibirla per non dimenticarla: io .. io .. io ... io...
In questo senso dobbiamo vigilare. Perchè questa rappresentazione ci incatena ad un soggetto inautentico. Che ancora di più ci imprigiona e ci comanda perchè non permetterà a ciò che siamo di respirare.
Dobbiamo stare attenti . Ed ascoltare ciò che ci appartiene davvero.
Ci sono parole che sembrano scritte da noi ( sì, sembra che stia saltando da un argomento ad un altro ) Lì ci troviamo ed è lì che dobbiamo scoprirci.
Alberto Moravia, quando lesse Kafka ne" La Metarmorfosi" si chiese" Lo volevo scrivere io! Adesso Cosa scrivo?"
Così è successo a me con questa poesia che condividerò con i lettori: è come l'avessi scritta io. ( si prega notare a chi mi paragono)
Nel mare ritrovo la natura che sono e che mi nutre.
E' di un poeta greco del novecento: Kostantinos Kavafis.
Il mare intona per noi un tenero canto
canto generato da tre grandi poeti:
il sole, l'aria , il cielo
L'intona con la sua voce divina
quando calma dispiega il tempo dell'estate
come un gran manto sopra le sue spalle.