mercoledì 8 luglio 2009

QUEL FURBETTO DI BRUNETTA

martedì 7 luglio 2009



Il desiderio prende vita da un contatto con l'esterno. Con l'altro. Per quanto l'uomo si crogioli nella solitudine e nella individualità silenziosa il suo sguardo è rivolto al mondo. La sua riflessione è frutto di una elaborazione di esperienze. E l'esperienza non può che svilupparsi nell'incontro con l'esterno. L'acquisizione di quel minimo di equilibrio che ci permette di stare al mondo è questo impegno a far dialogare la nostra profonda intimità con l'esterno.


Tutto ciò che viene a crearsi di nevrotico, di instabile, di crudele è dovuto alla mancanza di questo bilanciamento. Il senso di proprietà, di gelosia, di incomprensione , il senso di solitudine che la relazione ci causa sono legate a questa contaminazione malriuscita.

Non ho bisogno d'avere vicino una persona. Ho bisogno invece della condivisione del sentimento. D'essere complice e sorella. Di riconoscere sconosciute nostalgie racchiuse in se stessi e ritrovarle miracolosamente intatte e trasparenti. Se l'altro non evoca l'abisso profondo materializza una nuova solitudine di parole inutili e di contatti superflui. Diventa una canzone inascoltata.

La relazione deve permettere all'individuo di essere riconosciuto, di sentirsi all'interno di essa ciò che è. Sembra una banalità, ma non avviene quasi mai. Eppure solo attraverso l'incontro affettivo ci possiamo sottrarre alla mancanza di significato che attanaglia la nostra esistenza. La propensione all'individuazione è sempre in conflitto con la necessità intima di spingersi altrove da noi dove incontrare e ri - conoscere l'altro ed amare ed essere amati a costo di sofferenze inevitabili.
Le potenzialità dell'individuo possono rivelarsi solo se c'è un mondo esterno che gli da la possibilità di manifestarle e metterle alla prova.


Questo può essere possibile se abbiamo la forza ed il coraggio sufficiente per affrontare questa occasione di crescita.
Insomma l'amore è tutto.

lunedì 6 luglio 2009

GIORNALISTI ALLA RICERCA DEL MAL DI PANCIA


il motorino dell'autrice del Post con sopra l'autrice. OOOOHHH


Ok, stamattina volo basso.
Sabato, in spiaggia, leggo "la Repubblica".
In prima pagina c'era il titolo: " Stupro a Roma". Leggo l'articolo. Sorvolo sul testo. Questa urgenza di dare un ruolo sociale ad un criminale chiamandolo " stupratore seriale" mi inquieta un po'. Ma la cosa che più mi ha infastidito è stata la pubblicazione al fianco dell'articolo in prima pagina di una immagine di scarpe di modello elegante con la didascalia" le scarpe della vittima" . Ora: mi chiedo l'utilità di quella foto. Poteva servire per spiegare in modo più dettagliato la dinamica del criminoso fatto? No davvero. Tramite la visione di quelle scarpe il lettore avrebbe potuto capire di più o meglio ciò che era avvenuto? Per niente. Forse ai fini dell'informazione può interessare sapere quale indumento ( jeans gonna o altro) quale accessorio poteva indossare la vittima? nO. Questo perchè il giornalista del quotidiano non ha più come fine del suo articolo informare il cittadino ma invece ha come suo principale scopo di " suscitare emozioni" Vuole produrre commozione. Vuole far leva sulle sensazioni di " pancia" della gente.
La notizia diventa poi un optional, anzi la notizia è al servizio della fantasia e della capacità del giornalista di procurare impressione. Ed ecco allora immagini forti, scioccanti che niente aggiungono alla esposizione del fatto, ma solo a far esclamare"OHHHHH" e vendere più giornali. Ben vengano, allora, immagini di peluche, scarpe di vittime, borsette , motorini, soprattutto in prima pagina. C'è da competere con " Il Giornale" ed anche " Libero". Malgrado le sovvenzioni che arrivano dallo Stato, gli incassi non bastano mai. Dunque, avanti così, "Giornalisti "....


domenica 5 luglio 2009