Ho tutti pensieri frammentati.
Tra loro slegati. Non hanno un percorso logico. Si rincorrono e si perdono nella mente come in una nebbia autunnale.
Alessandria è, al solito, buia, gocciolante di umidità, piangente di solitudine. Ancora più deserta di quando il gelo la paralizzava .
Era tanti anni fa.
Allora i compagni si chiudevano in varie stanze distribuite nella città.
A gruppetti ci si infilava in qualche portone nella vecchia storica Alessandria, quella delle case col bagno fuori.
Si attraversavano i ballatoi e si entrava nelle " Stanze" per stare insieme agli altri, anche in silenzio. Avevo una sciarpa colorata ed i capelli riccioli.
Ma questa NUOVA Alessandria nulla sa di questo. E' una città sopravvissuta. Anche agli antichi sfarzi.
Anche alle grosse industrie che davano lavoro. Anche alla superbia che la contraddistingueva.
Anche alle grosse industrie che davano lavoro. Anche alla superbia che la contraddistingueva.
Si arrabatta tra strade sporche, disfatte. Porfidi danneggiati. Negozi chiusi.
L'attraverso odiandola E solamente per andare da mia madre.
Passo davanti all'ingresso dell'ospedale che rimane per me quel posto dove è cominciato tutto
Ossia la fine .
Cesare ed io che attraversavamo il corridoio come fosse un'azione domestica. Invece era L'atto finale.
Quando ci passo davanti , non mi volto mai, ma aumento la velocità istintivamente. Non ho pensieri di sorta. Ma battiti di cuore dolorosi. Il senso di tutto perduto. E la memoria rovista implacabile , mi afferra mani e piedi per rovesciarmi addosso il suo melenso racconto di una storia di illusione e di morte.
Non mi posso fermare a raccogliere i miei struggimenti . Non sono più quella dalla sciarpa colorata.
Ho il tono e il piglio di una infermiera asettica . Sono una specie di prodotto edulcorante.
Le ore sono secoli accanto a mia madre, che non mi conosce e quindi non mi ama.
Non sono più la ragazza con la sciarpa colorata . Non ci sono stanze ad accogliermi.