giovedì 19 novembre 2015

IL TEMPO NON ARRIVA MAI SOLO




 A quel tempo , avevo tre anni,  mio padre  si era comprato una cinepresa superotto e si dilettava a fare i filmini.  
Aveva srotolato lo schermo e spento le luci.
Quando il motore DEL PROIETTORE  si accese  per la PRIMA VOLTA,  lo schermo si illuminò ed apparve  uno scenario misterioso,  l'immagine  di una cucina  che non  avevo mai visto . 
Per mio padre,  tutto era  motivo di gioia. 
Almeno,  allora . 
Disse pieno di entusiasmo: 
" eccoTi qui ."
E indicò un bimba che gattonava sopra delle piastrelle bianche .  
Pensai subito: " non sono io "
 Io sono nata qualche giorno fa, ricordo 
.Ho la mia esistenza in mente con certezza. 
Non potevo essere in una casa sconosciuta, in un  tempo che non mi apparteneva. 
Protestai a lungo: Non sono io . Non sono io. 
Non appartengono a me quelle gambe grosse e la testa china a guardare cosa? Il pavimento. 
 Il film era scuro, le immagini sbiadite. 
Ero stata in  quella casa senza la mia consapevolezza?  Ero stata maneggiata, sollevata da terra, trasportata in un altra casa , adagiata in un altro letto  senza che  io avessi avvertito il fatto che ciò stava accadendo ?  Dunque la mia vita non era sempre stata la coscienza di essere viva? La vita dunque  era fatta di angoli psicotici , di identità incontrollabili, una specie di  anelito mortale fatto però di respiro, come un germoglio che si apre al sole ancora embrione e muto al richiamo del calore e quindi alla percezione responsabile  delle sensazioni ? 
E non era questo un evento che  l'umanità avrebbe dovuto percorrere a ritroso per recuperare l ' inconsapevolezza primordiale?   
 " Non sono io"  dissi ancora  Quel filmato mi  ispirava una preoccupazione premonitrice. 
Sapeva di morte anche se ero appena nata.  
Ma quando davvero era iniziata la mia esistenza ? Non riuscivo ad andare all'origine. 
Avevo la sensazione  che qualcuno mi avesse rubato il tempo,  m'avesse strappato dalla testa il pensiero di ieri , mi avesse ucciso in parte lasciandomi  appena l'idea di un palpito pieno di incubi oscuri. 
Di presagi maligni.  
Ma c'era mio padre.  E fino a che c'era lui avrei avuto chi poteva proteggermi. 
Di quel tempo,  il tempo delle vulnerabilità  e delle inabilità,   il fruscio della sua figura sottile seppure lunga  e slanciata  come grattacielo,  era l'unico punto di riferimento nel labirinto dei luoghi e delle ore indistinte. 
 Spesso sentivo  tutte le donne della casa   parlare della  bellezza di mio padre : dei  suoi occhi verdi,  grandi e profondi, dei suoi denti candidi e forti e splendenti, delle sue grandi capacità professionali, la sua bonarietà,  il suo essere un pittore straordinario. Scherzoso, passionale , emotivo.  
Invece mio padre era soprattutto  come me: una persona  insicura e fragile. Aveva moti di grande generosità, ma brevi, e spesso trattenuti e  contraddetti dalla necessità di preservare se' stesso  dai pericoli e dagli affanni.